-  Gambuli Giulia  -  19/12/2014

ISTANZA DI RIABILITAZIONE ex L.327/88 E CONTINUITÀ DEL LEGAME MAFIOSO - Cass. Pen. 52539/2014 - Giulia GAMBULI

Diritto processuale penale – penitenziario

Istanza di riabilitazione ex art. 15 l. 327/1988

La Corte di Cassazione sancisce che il solo legame affettivo con la "figlia del boss" non dimostra ex sé l'inserimento nel contesto mafioso.

Si prende in esame una recentissima sentenza della Corte di Cassazione (Sez. I Penale, sentenza 20 giugno – 18 dicembre 2014, n. 52539) relativa al tema della riabilitazione ex art. 15 l. 327/1988 e i suoi requisiti.

Il fatto, in breve: con ordinanza resa in data 24 maggio 2013 la Corte d'Appello di Catanzaro rigettava l'istanza di riabilitazione proposta ai sensi dell'art. 15 legge n.327 del 1988 da O.A.. richiamando l'applicazione del mero presupposto di legge "prova costante ed effettiva di buona condotta, limite minimo di tre anni successivi alla cessazione della misura".

Infatti, la Corte territoriale ne escludeva la sussistenza in rapporto ad alcune circostanze di fatto: la prima delle quali, che ci interessa, era così descritta: «il prevenuto risulta ancora inserito nel sodalizio mafioso di Muto Francesco, del quale ha sposato la figlia» come da comunicazione della Questura di Cosenza.

Contro tale ordinanza proponeva ricorso per cassazione - a mezzo dei difensore - O.A., articolando distinti motivi. Con il primo si deduce vizio di motivazione per illogicità e contraddittorietà. Il ricorrente contesta la valenza degli indicatori in punto di condotta successiva alla cessazione della misura e rappresenta una omissione valutativa di dati posti a disposizione del giudicante.

In particolare si rappresenta che - il legame coniugale non può avere influenza alcuna sulla ricorrenza del presupposto di legge.

La Corte Suprema considera il primo motivo di ricorso fondato (con assorbimento delle ulteriori doglianze) per le ragioni che seguono.

Va premesso che In tema di misure di prevenzione, la prova costante ed effettiva di buona condotta, necessaria per la concessione della riabilitazione, implica una valutazione della personalità sulla base "non già della mera astensione dal compimento di fatti criminosi, ma di fatti e comportamenti sintomatici di un effettivo e costante rispetto delle regole della convivenza sociale, quale espressione del recupero dell'interessato ad un corretto modello di vita" ( tra le molte, Sez. VI n. 5164 del 16.1.2014, rv 258572). La prima verifica da compiersi, pertanto, è quella dell'assenza di condotte tali da far presumere - in modo ragionevole - che il soggetto abbia invece proseguito uno stile di vita 'deviante', posto che ciò esclude l'adesione a modelli positivi.

Ma - ed è questo il punto - le ragioni ostative non possono essere meramente presunte sulla base di semplici sospetti.

In effetti, la motivazione espressa è affetta da irragionevolezza e incompletezza della valutazione.
Non corrisponde, infatti, ad una generalmente condivisa osservazione dei comportamenti (e non è dunque paragonabile ad una massima di esperienza) la pretesa derivazione dal rapporto coniugale (il matrimonio con la figlia di un 'capo') della 'contiguità' con una organizzazione mafiosa, in assenza di segni esteriori significativi.

Detti segni esteriori vengono dalla Corte evidenziati in un investimento 'sospetto' e nella perdurante frequentazione con soggetti pregiudicati. Il mero sospetto, pur se fondato da un legame affettivo come il matrimonio non può essere presupposto tale da far rigettare l'istanza.

Va pertanto disposto, per quanto sinora detto, l'annullamento del provvedimento impugnato con rinvio per nuovo esame.

P.Q.M.

Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame alla Corte d'Appello di Catanzaro.






Autore

immagine A3M

Visite, contatti P&D

Nel mese di Marzo 2022, Persona&Danno ha servito oltre 214.000 pagine.

Libri

Convegni

Video & Film