Capita talvolta che la P.A. nella notifica delle sanzioni amministrative richieda anche il pagamento delle spese di procedura. Occorre quindi chiedersi se la rifusione di tali spese, relative normalmente alla notifica dell'atto ed all'accertamento presso i pubblici registri sia effettivamente dovuta oppure no.
L'art. 16, l. 689/1981 prevede espressamente che "E' ammesso il pagamento di una somma in misura ridotta pari alla terza parte del massimo della sanzione prevista per la violazione commessa o, se piu' favorevole, al doppio del minimo della sanzione edittale, oltre alle spese del procedimento, entro il termine di sessanta giorni dalla contestazione immediata o, se questa non vi e' stata, dalla notificazione degli estremi della violazione. (...)". Sembrerebbe quindi che a tenore di questa disposizione, la rifusione delle spese debba essere disposta. Per quanto concerne le violazioni al codice della strada, anche l'art. 201 co. 4° c.d.s. prevede che "le spese di accertamento e di notificazione sono poste a carico di chi è tenuto al pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria".
La questione merita tuttavia di essere affrontata in termini più generali. Secondo un principio generale del diritto, ricavabile anche dall'art. 91 co. 2° c.p.c., le spese vive connesse alla notifica dei provvedimenti giudiziali (nonché amministrativi, essendo il principio di soccombenza applicabile anche in tale ambito) le spese vive devono senz'altro essere rimborsate a prescindere da qualsiasi espressa previsione normativa. Ciò nonostante, costituisce allo stesso modo un principio generale che il diritto al rimborso sussista unicamente in ordine alle mere spese vive effettive, certe e documentate, poiché il diritto alla rifusione delle spese non si applica in modo generico ed indiscriminato. L'atto di cui si chiede il pagamento (il verbale di accertamento della sanzione amministrativa, nel nostro caso) deve quindi riportare nel dettaglio le spese vive relative alla notifica e le altre spese vive accessorie necessarie alla contestazione dell'infrazione, le quali devono essere effettive e non "vistuali".
Tali spese non possono quindi essere determinate "a forfait" od essere genericamente indicate, senza essere specificamente giustificate e documentate e/o documentabili.
Come ben sappiamo, peraltro, a contrario dei privati, che sopportano effettivamente delle spese di notifica e le eventuali spese di accesso ai pubblici registri (visure PRA, visure immobiliari etcc...), le Pubbliche amministrazioni non sopportano tali spese sicché neppure hanno diritto a richiederne la ripetizione.
Ne consegue che nella contestazione di eventuali sanzioni amministrative, siano esse relative alle violazioni del codice della strada che di altra natura, la Pubblica amministrazione non ha diritto a richiedere la rifusione di spese che non possa chiaramente e distintamente essere quantificate e documentate.
Ove così fosse, peraltro, sussisterebbero gli estremi di un'abusiva percezione di somme.
Nel caso di specie, che non è giunto agli onori del giudizio, la città metropolitana di Bologna, nel verbale di violazione al codice della strada ha richiesto il pagamento della sanzione amministrativa (anche in misura ridotta) oltre alle spese (quantificate ma non dettagliatamente giustificate). A seguito del pagamento della sola sanzione in misura ridotta, la P.A. ha sollecitato il pagamento anche delle spese, evidenziando che le stesse erano state "deliberate" dalla giunta provinciale. Ciò nonostante, l'ammontare delle spese vive connesse ai provvedimenti giudiziali od amministrativi non può essere deliberato "a forfait" poiché diversamente si tradurrebbero in una forma di imposta indiretta. Le spese vive (notifica, accertamento) o ci sono o non ci sono. Se ci sono, devono essere documentate e documentabili e non sommariamente quantificabili. Non è così nei rapporti tra privati e non è così neppure nei confronti della Pubblica amministrazione.
Diversamente peraltro, potrebbero non esservi limitio alla quantificazione "forfettaria" delle spese da parte della pubblica amministrazione che si vedrebbe così incamerare somme a titolo di spese che in realtà integrerebbero veri e propri tributi.
Il privato trasgressore ha quindi pieno diritto a non rifondere spese no documentate e/o documentabili da parte della Pubblica Amministrazione.