L'art. 62 bis del c.p. disciplina la concessione delle circostanze attenuati generiche.
Afferma l'articolo:
Circostanze attenuanti generiche.
[I]. Il giudice, indipendentemente dalle circostanze previste nell'articolo 62, può prendere in considerazione altre circostanze diverse, qualora le ritenga tali da giustificare una diminuzione della pena. Esse sono considerate in ogni caso, ai fini dell'applicazione di questo capo, come una sola circostanza, la quale può anche concorrere con una o più delle circostanze indicate nel predetto articolo 62.
[II]. Ai fini dell'applicazione del primo comma non si tiene conto dei criteri di cui all'articolo 133, primo comma, numero 3), e secondo comma, nei casi previsti dall'articolo 99, quarto comma, in relazione ai delitti previsti dall'articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale, nel caso in cui siano puniti con la pena della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni.
[III]. In ogni caso, l'assenza di precedenti condanne per altri reati a carico del condannato non può essere, per ciò solo, posta a fondamento della concessione delle circostanze di cui al primo comma.
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Le circostanze attenuanti generiche hanno lo scopo di estendere le possibilità di adeguamento della pena in senso favorevole all'imputato in considerazione di situazioni e circostanze che effettivamente incidano sull'apprezzamento dell'entità del reato e della capacità a delinquere dello stesso, sicché il riconoscimento di esse richiede la dimostrazione di elementi di segno positivo, considerata , in ogni caso la pari rilevanza di tutte le circostanze di cui all'art. 133 c.p. (vedi Corte Costituzionale, 10 giugno 2011 n. 183).
Il giudice , quindi, dovrà trovare, sia nella vicenda processuale che sostanziale, elementi di fatto che indicano a ritenere meno grave la condotta o l'aspetto psicologico del reo, si da risultare equa una riduzione di pena, sino ad un terzo.
La stessa applicazione dell'istituto porta ad una necessaria ampia valutazione di merito del giudice: la valutazione è certo guidata dal metro di cui all'art. 133 c.p., ma i fatti concreti che denotino una diversa gravità del fatto o una minore intensità del dolo, tanto per dire, sono semplicemente non catalogabili.
Come precisa la S.C., il problema della sussistenza o meno di circostanze rilevanti ex art. 62-bis cod. pen. è oggetto di un giudizio di fatto, e può essere esclusa dal giudice con motivazione fondata sulle sole ragioni preponderanti della propria decisione, non sindacabile in sede di legittimità, purchè non contraddittoria e congruamente motivata, neppure quando difetti di uno specifico apprezzamento per ciascuno dei pretesi fattori attenuanti indicati nell'interesse dell'imputato (Cass., Sez. 6, n. 42688 del 24/09/2008, Caridi). Peraltro, ai fini della concessione o del diniego delle circostanze in parola è oramai consolidata l'interpretazione giurisprudenziale secondo cui il giudice può limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall'art. 133 cod. pen., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio: ergo, anche un solo elemento attinente alla personalità del colpevole, all'entità del reato od alle modalità di esecuzione della condotta criminosa può ritenersi sufficiente (v., ex plurimis, Cass., Sez. 2, n. 3609 del 18/01/2011, Sermone; Cass. 3 luglio 2012, n. 42705).
Ai fini della concessione o del diniego delle circostanze attenuanti generiche, è sufficiente , quindi, che il giudice di merito prenda in esame, tra gli elementi indicati dall'articolo 133 c.p., quello (o quelli) che ritiene prevalente e atto a consigliare o meno la concessione del beneficio; il relativo apprezzamento discrezionale, laddove supportato da una motivazione idonea a far emergere in misura sufficiente il pensiero dello stesso giudice circa l'adeguamento della pena concreta alla gravità effettiva dal reato ed alla personalità del reo, non è censurabile in sede di legittimità se congruamente motivato. Ciò vale anche per il giudice d'appello, il quale, pur non dovendo trascurare le argomentazioni difensive dell'appellante, non è tenuto ad un'analitica valutazione di tutti gli elementi, favorevoli o sfavorevoli, dedotti dalle parti, ma, in una visione globale di ogni particolarità del caso, è sufficiente che dia l'indicazione di quelli ritenuti rilevanti e decisivi ai fini della concessione o del diniego, rimanendo implicitamente disattesi e superati tutti gli altri, pur in carenza di stretta contestazione (Cass. 40048/2012). Pur tuttavia, ai giudici di appello non è consentito un generico rinvio alla motivazione della sentenza di primo grado, senza argomentare in ordine alle specifiche censure contenute nei motivi di appello. Sicché è da ritenere viziata la motivazione della sentenza di appello che, nel confermare il giudizio di insussistenza delle circostanze attenuanti generiche, si limiti a condividere il presupposto dell'adeguatezza della pena in concreto inflitta, omettendo ogni apprezzamento sulla sussistenza e rilevanza dei fattori attenuanti specificamente indicati nei motivi di impugnazione (Cass. 15491/2012).
Così, di volta in volta, la giurisprudenza valuta, come elementi negativi, la mancanza di professionalità nella conduzione del reato, il rilascio di dichiarazioni modeste, imparziali, incoerenti e gravemente reticenti , i precedenti specifici, lo sfruttamento della vittima, la gravità del fatto, l'intento utilitaristico della ammissione di colpevolezza (Cass. 11732/2012).
Da ultimo, sempre restando in tema di comportamento processuale, la S.C. a sez. un., ha stabilito che ai fini del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, il pieno esercizio del diritto di difesa, se faculta l'imputato al silenzio e persino alla menzogna, non lo autorizza, per ciò solo, a tenere comportamenti processualmente obliqui e fuorvianti, in violazione del fondamentale principio di lealtà processuale che deve comunque improntare la condotta di tutti i soggetti del procedimento, e la cui violazione è indubbiamente valutabile da parte del giudice di merito (Cass. s.u., 36258/2012 ; già Cass. pen., n. 36258 del 24/05/2012, dep. 20/09/2012, Rv. 253152, P.G. e Biondi), aveva già affermato ai fini del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, il pieno esercizio del diritto di difesa, se faculta l'imputato al silenzio e persino alla menzogna, non lo autorizza, per ciò solo, a tenere comportamenti processualmente obliqui e fuorvianti, in violazione del fondamentale principio di lealtà processuale che deve comunque improntare la condotta di tutti i soggetti del procedimento, la cui violazione è indubbiamente valutabile da parte del giudice di merito.
Nella specie, il diniego delle predette circostanze attenuanti era stato motivato evidenziando il censurabile comportamento processuale dell'imputato, improntato a reticenza ed ambiguità, e la Cassazione ha ritenuto inammissibile la censura alla sentenza di appello, in ciò richiamando Sez. 5, Sentenza n. 15547 del 19/03/2008, dep. 15/04/2008, Rv. 239489, Aceto, che aveva dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione avverso la decisione pronunciata in sede di concordato in appello, ex art. 599, comma quarto, cod. proc. pen., al fine di ottenere la declaratoria di estinzione del reato per prescrizione, considerato che la concessione in tale sede delle attenuanti generiche non avesse alcun rilievo ai fini della prescrizione.