(grassettatura redazionale)
[…]
la protezione della salute assiste l’uomo non (solo) in quanto considerato in una sua astratta quanto improbabile separatezza, ma in quanto partecipe delle varie comunità – familiare, abitativa, di lavoro, di studio ed altre – nelle quali si svolge la sua personalità. Accentuandosi il carattere di inerenza alla persona e di socialità del bene protetto, si rende manifesto che la protezione non si limita all’incolumità dell’uomo, supposto immobile nell’isolamento della sua abitazione o solitario nei suoi occasionali spostamenti e così fatto specifico bersaglio di azioni aggressive, ma è diretta ad assicurare all’uomo la sua effettiva partecipazione mediante presenza e frequentazione fisica, alle dette comunità, senza che ciò costituisca pericolo per la sua salute. La protezione si estende cioè alla vita associata dell’uomo nei luoghi delle varie aggregazioni nelle quali questa si articola, e, in ragione della sua effettività, alla preservazione, in quei luoghi, delle condizioni indispensabili o anche soltanto propizie alla sua salute: essa assume in tal modo un contenuto di socialità e di sicurezza, per cui il diritto alla salute, piuttosto (o oltre) che come mero diritto alla vita e all’incolumità fisica, si configura come diritto all’ambiente salubre.
Quanto al tipo di protezione, è evidente che si tratta di tecnica giuridica di tipo garantistico, che è poi quella propria dei <<diritti fondamentali>> o <<inviolabili>> della persona umana. Si tratta cioè, di tutela piena che si concreta nella attribuzione di poteri di libera fruizione di utilità e di libero svolgimento di attività, di esclusione degli ostacoli che all’una o all’altro si frappongano da parte di chicchessia. Ed è in questa difesa a tutta oltranza contro ogni iniziativa ostile, da chiunque provenga – altri singoli o persino l’autorità pubblica – non già in una considerazione atomistica, asociale, separata dall’uomo che risiede il significato del richiamo al <<diritto fondamentale dell’individuo>>. In una parola: la strumentazione giuridica è quella del diritto soggettivo, anzi del diritto assoluto.
Occorre a questo punto farsi carico di due obiezioni.
La prima è che in tal modo si vengono a configurare posizioni soggettive tutelabili in riferimento a un bene che sembrerebbe protetto solo oggettivamente (valore costituzionale), vale a dire a un bene rispetto al quale non sarebbe configurabile una posizione propria, differenziata ed esclusiva di un soggetto, ma un mero interesse diffuso, cioè riferibile allo stesso modo e indifferentemente a numero indefinito di soggetti.
A tale obiezione è da rispondere in primo luogo che non può essere negata tutela a chiunque sia interessato in relazione a un bene giuridicamente protetto per la sola ragione che questo non appare attribuito né attribuibile a lui in modo esclusivo. La prospettiva secondo la quale vi è protezione giuridica soltanto in caso di collegamento esclusivo fra un bene (o una frazione di esso) ed un solo determinato individuo, o un gruppo personificato – e quindi assimilato all’individuo – è condizionata da un’impostazione di tipo patrimoniale della giuridicità e rischia di mortificare in ragione del condizionamento l’irresistibile tendenza all’azionabilità delle pretese che è cardine della nostra Costituzione (art. 24). Il che è tanto più grave in quanto il diniego di tale azionabilità … si traduce in mancanza di tutela di soggetti reali (cioè dei veri destinatari della protezione costituzionale anche se considerati partecipi di collettività) in ordine a beni che sono di particolare rilevanza perché attengono alla persona umana. Tale sarebbe la conseguenza cui si perverrebbe se si ritennesse che un’esigenza non è protetta in riferimento a un solo uomo perché è o non può essere protetta allo stesso tempo e allo stesso modo in riferimento ad una pluralità di altri uomini (anche indefinita nel numero o indeterminata nella composizione) con omogeneità di contenuto e reciproca implicanza, come appunto avviene per i modi con i quali la persona umana si realizza nelle formazioni sociali di cui è partecipe. Quel che può richiedersi invece è soltanto che la tutela sia postulata in ragione di tale partecipazione e dell’effettiva configurabilità della formazione sociale di appartenenza.
Del resto la giurisprudenza di queste Sezioni unite non ha mancato di ammettere la protezione di interessi di serie, o di categoria, sia pure con la tecnica dell’interesse legittimo … E la circostanza che ciò sia avvenuto finora (almeno prevalentemente) per categorie individuate dall’esercizio di attività economiche, non esclude naturalmente né che ciò possa avvenire sulla base di altri criteri di collegamento, né che, quando la natura del bene lo esiga – come nel caso, che qui ricorre, di un modo essenziale di essere della persona -, la protezione sia strutturata in forma di difesa ad oltranza contro ogni forma di ostilità o di compressione. In tale ultimo caso infatti la difesa può e deve avvenire anche indipendentemente da ogni intervento dell’Autorità amministrativa e persino contro di essa. Si tratta ovviamente di stabilire quali beni, secondo la gerarchia di valori posta dalla nostra Costituzione, meritino siffatta tutela. Ma non vi è dubbio che la meriti il bene di cui si tratta.
La seconda obiezione è che sarebbe eccessivo concepire una protezione di contenuto così ampio come protezione di tipo garantistico anche nei confronti della Pubblica Amministrazione, cioè con esclusione dei poteri, non solo ablatori, ma anche soltanto compressivi in capo alla medesima.
Ora che il bene della salute, inteso nei sensi sopra indicati, sia assicurato all’uomo in forma garantistica, ed (almeno esso) incondizionatamente – come uno ed anzi il primo dei diritti fondamentali – anche nei confronti dell’Autorità pubblica, cui è negato in tal modo il potere di disporre di esso, è cosa che non può sorprendere, ove si consideri: a) che i diritti fondamentali sono per tradizione del diritto costituzionale garantiti in primo luogo contro l’Autorità pubblica; b) che in ogni ordinamento taluni valori sono preminenti; c) che di tutto ciò non si è mai dubitato per il diritto alla vita. Nessun organo di collettività neppure di quella generale e del resto neppure l’intera collettività generale con unanimità di voti potrebbe validamente disporre per qualsiasi motivo di pubblico interesse della vita o della salute di un uomo o di un gruppo minore. Il sacrificio o la compressione di tali beni può costituire fatto giustificato dallo stato di necessità o dalla legittima difesa – ma in tal caso anche se posto in essere da qualsiasi privato – non già espressione di un potere preminente di disposizione. È chiaro che l’Amministrazione non ha il potere di rendere l’ambiente insalubre neppure in vista di motivi di interesse pubblico di particolare rilevanza … Certo essa ha il potere, ove ricorrano motivi di interesse pubblico, di espropriare, per destinarle esclusivamente a luogo di attività pericolose la cui incidenza non possa altrimenti circoscriversi, parti di un dato territorio, così sottraendole all’ambiente delle collettività in esso stanziate; ma, a parte ogni questione circa i limiti entro i quali ciò possa avvenire, è ovvio che si tratta di un modo di preservare e non di compromettere la salute dell’ambiente nel suo insieme.
Le cose dette circa la tutela garantistica della salute anche contro la pubblica autorità trovano conferma, ove si consideri che dai precetti costituzionali dinanzi richiamati (artt. 32 e 2) e da altri (artt. 3 e 38) emerge una linea di tendenza dell’ordinamento, costituente poi sviluppo della detta tutela garantistica, nel senso di configurare addirittura un diritto alla salute come un <<diritto sociale>>, inteso come diritto del privato ad un’attività positiva della Pubblica Amministrazione a favore della salute sia in via preventiva che in via recuperatoria. Tale configurazione, espressamente data del resto al diritto alla salute da alcune costituzioni straniere, sembra trovare attenzione in leggi ordinarie ed in particolare modo della recente legge n. 833 del 1978 sul servizio sanitario nazionale.
[…]