-  Redazione P&D  -  27/09/2010

ANTIECONOMICITA' DELLE RIPARAZIONI RISPETTO AL VALORE ANTE-SINISTRO DEL VEICOLO - Riccardo MAZZON

Salvo isolatissime (e ormai desuete) pronunce facenti leva sul concetto di indispensabilità delle riparazioni,
“....il risarcimento del danno subito da un autoveicolo a seguito di un incidente stradale non trova limite nella cosiddetta antieconomicità delle riparazioni bensì nella indispensabilità delle stesse intese al ripristino delle condizioni del veicolo prima dell'incidente.
Pretura Trieste, 17 novembre 1980 Stebel c. Lloyd internazionale assicurazioni Riv. giur. circol. trasp. 1981, 416 (nota). 
problematica che ha per lungo tempo affaticato gli interpreti è quella relativa alla risarcibilità o meno delle riparazioni rivelatisi antieconomiche rispetto al valore ante-sinistro del veicolo,
“....il proprietario di un veicolo rimasto danneggiato in occasione di un sinistro stradale può ottenere la condanna del responsabile alla rifusione delle spese occorrenti per la sua riparazione, qualora essa risulti conveniente in relazione all’esborso necessario per acquisire altro veicolo avente le medesime caratteristiche......”;
Giudice di pace Bologna, 06 dicembre 2004 B.V. c. G.G. e altro Giudice di pace 2006, 1 54 (NOTA)nota PALMIERI
“.....non possono formare oggetto di risarcimento le riparazioni antieconomiche eseguite su autoveicolo danneggiato a seguito di incidente stradale: esse sono quelle che superano il valore del veicolo all'epoca del sinistro, detratto il deprezzamento derivante dalle riparazioni......”;
Tribunale Forli', 09 marzo 1994 Piccolomini c. Giubilato e altro Arch. giur. circol. e sinistri 1994, 1073
“.....nell'ipotesi in cui il prezzo della riparazione del veicolo sia superiore al valore di mercato dello stesso, l'obbligazione risarcitoria potrà dirsi adempiuta soltanto dalla prestazione di una somma non inferiore al prezzo di mercato di un veicolo effettivamente reperibile di caratteristiche ed efficienza analoghe, integrata dal costo della ricerca e della sostituzione, di conseguenza, il risarcimento potrà oltrepassare il valore antesinistro del veicolo......”;
Pretura Milano, 12 dicembre 1991 Dieci c. Flacchi Fortebracci e altro Resp. civ. e prev. 1992, 832
“....il risarcimento per equivalente, così come la somma che corrisponde alla spesa sostenuta dal danneggiato per la reintegrazione in forma specifica, non possono essere superiori al valore della cosa danneggiata. Pertanto, non è ammissibile l'integrale rimborso delle spese necessarie per la riparazione del veicolo nel caso in cui esse eccedano l'effettivo valore del veicolo....... applicazione del principio di cui all'art. 2058 c.c. - secondo il quale il risarcimento per equivalente, così come la somma corrispondente alle spese sostenute dal danneggiato per la reintegrazione in forma specifica, non possono essere superiori al valore della cosa danneggiata - allorché le spese sostenute dal danneggiato per la riparazione del veicolo sinistrato risultino superiore all'effettivo valore del medesimo, il danneggiato non ha diritto all'integrale rimborso delle stesse......”;
Tribunale Asti, 01 febbraio 1988 Roffinella c. Sposato e altro Resp. civ. e prev. 1989, 145. Arch. giur. circol. e sinistri 1988, 750.
“....va riconosciuta l'antieconomicità della riparazione del veicolo coinvolto in un sinistro stradale, tenendosi conto della vetustà del mezzo, spettando al proprietario il diritto al relativo risarcimento; mentre può non tenersi conto della indicazione relativa al valore ipotetico del relitto, se non è provato che vi sia stato un utile ed altresì ritenendosi che il medesimo ha l'onere economico della rottamazione e relativa cancellazione, nonché della immatricolazione di altra vettura.....”;
Giudice di pace Bari, 04 ottobre 2004 - Giurisprudenza locale - Bari 2004,
“.....nell'ipotesi di veicolo danneggiato in un incidente stradale, qualora la riparazione risulti eccessivamente onerosa, il risarcimento del danno non può essere superiore al valore di mercato che il veicolo stesso aveva al momento del sinistro, al netto del valore della carcassa.....”;
Corte appello L'Aquila, 03 gennaio 1978 Micozzi c. Pignoli Dir. economia assicur. 1979, 564 (nota).
dove, per calcolare il valore ante-sinistro del veicolo, si può far riferimento ai parametri opportunamente evidenziati nella seguente pronuncia:
“....con riguardo ad un veicolo usato, e rottamato per l'antieconomicità delle riparazioni e delle sostituzioni, il valore ante sinistro dello stesso veicolo è dato dalla media dei prezzi alla vendita e all'acquisto (secondo le stime commerciali pubblicate nelle apposite riviste specializzate), detratto l'importo ricavato dalla medesima rottamazione. L'anzidetto valore medio va maggiorato degli esborsi pecuniari documentati quali le spese di rottamazione, di acquisto di altro veicolo di pari cilindrata, di mancato uso veicolo. Ove si richieda un risarcimento maggiore di danni sostenendo le ottime condizioni dell'usato, è necessario darne concreta prova e a tal uopo non è sufficiente la produzione di fotografie che ne attestino soltanto tale stato (apparente) della corrozzeria......”.
Giudice di pace Casamassima, 06 febbraio 1998 Girardi c. Fanelli e altro Arch. giur. circol. e sinistri 1998, 362
Con l'eccezione di particolarissimi casi, che vanno accuratamente dimostrati (cfr., amplius, il manuale "Il danno da circolazione stradale, diritto assicurativo e processuale", Utet, Torino 2010).,
“....il proprietario di un'autovettura danneggiata nel corso di un incidente stradale, il quale abbia un interesse effettivo e giustificabile di continuare ad utilizzare tale veicolo ha diritto alla rifusione, da parte del danneggiato, delle somme necessarie alla riparazione di esso ancorché queste ultime superino il valore commerciale posseduto dall'autovettura prima del sinistro......”,
Pretura Forli', 19 dicembre 1990 Lippi c. Cavallucci e altro Riv. giur. circol. trasp. 1991, 863.
nonché di isolate pronunce,
“.....in caso di rottamazione di autoveicolo oltre al valore commerciale del veicolo può essere risarcita la spesa occorrente per l'immatricolazione di un nuovo autoveicolo purché sia provato che tale acquisto sia avvenuto. In caso di riparazioni "antieconomiche" di un autoveicolo, in quanto eccedenti il valore commerciale dello stesso, il danneggiato ha diritto ad ottenere il rimborso delle spese sostenute per tali riparazioni, anche se eccedenti il valore commerciale dell'autoveicolo.....”;
Giudice di pace Roma, 30 maggio 1998 Economo c. Soc. Bnc assicur. e altro Riv. giur. circol. trasp. 1998, 557
la regola è, oggi, quella della non risarcibilità di quanto speso in eccesso e rivelatosi antieconomico (nel senso sopra descritto) e il merito di aver sussunto la dibattuta fattispecie in ambito normativo va alla sentenza di legittimità che segue, la quale conclude affermando che
“....la domanda di risarcimento del danno subito da un veicolo a seguito di incidente stradale, quando abbia ad oggetto la somma necessaria per effettuare la riparazione dei danni, deve considerarsi come richiesta di risarcimento in forma specifica, con conseguente potere del giudice, ai sensi dell'art. 2058, comma 2, c.c., di non darvi ingresso e di condannare il danneggiante al risarcimento per equivalente, ossia alla corresponsione di un somma pari alla differenza di valore del bene prima e dopo la lesione, allorquando il costo delle riparazioni superi notevolmente il valore di mercato del veicolo.......”.
Cassazione civile , sez. III, 04 marzo 1998, n. 2402 Montalto c. Soc. Unipol assicur. e altro Giust. civ. Mass. 1998, 508 Danno e resp. 1998, 815 Foro it. 1998, I,1438
La pronuncia in oggetto decideva un caso concreto proposto, originariamente, all'attenzione del Pretore di Cosenza
“....con sentenza del 12.2.1991, il Pretore di Cosenza, sezione distaccata di Acri, rigettava la domanda proposta da Montalto Francesco nei confronti di Scaglione Carlo e della società Assicuratrice Unipol S.P.A., volta ad ottenere il pagamento della somma di 2.066.000, con interessi legali e rivalutazione, a titolo di risarcimento dei danni causati dallo Scaglione all'autovettura Fiat 500 tg. CS 51663, di proprietà del Montalto, nonché alla casa di abitazione di quest'ultimo a seguito di sinistro stradale......”;
Cassazione civile , sez. III, 04 marzo 1998, n. 2402 Montalto c. Soc. Unipol assicur. e altro Giust. civ. Mass. 1998, 508 Danno e resp. 1998, 815 Foro it. 1998, I,1438
e, successivamente, deciso, in sede di gravame, dal Tribunale dello stesso capoluogo:
“....avverso tale decisione lo stesso Montalto proponeva appello al Tribunale di Cosenza, chiedendo la riforma della sentenza. Resisteva al gravame la Unipol. Il Tribunale, con sentenza depositata il 24.1.1995, rigettava l'appello. Riteneva il Tribunale che correttamente il Pretore aveva rigettato la domanda, perché il quantum del danno ulteriore (rispetto alla somma corrisposta dall'Unipol di 800000 e dall'attore accettata a titolo di acconto) non era stato provato, avendo l'attore esibito esclusivamente due preventivi, a fronte di altro preventivo per un costo inferiore prodotto dalla Unipol, a parte il rilievo che gli stessi erano eccessivi e superavano il valore commerciale dell'auto, per cui correttamente il Pretore aveva effettuato una valutazione equitativa del danno, dalla quale aveva desunto che non era dovuto il maggior danno richiesto rispetto alle E 800.000, già incassate, per quanto a titolo di acconto. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per Cassazione il Montalto Francesco. Resiste con controricorso la Unipol S.P.A........”.
Cassazione civile , sez. III, 04 marzo 1998, n. 2402 Montalto c. Soc. Unipol assicur. e altro Giust. civ. Mass. 1998, 508 Danno e resp. 1998, 815 Foro it. 1998, I,1438
Sulla scorta dei motivi proposti,
“......con il primo motivo il ricorrente lamenta il vizio di motivazione dell'impugnata sentenza, per non avere la stessa motivato in merito al rigetto dei motivi di appello fondati sulla validità dei preventivi, quanto alla prova dei danni, e alla non necessarietà di aver effettivamente esborsato del denaro per riparare i danni al fine di ottenere il risarcimento ed all'obbligo per il debitore di provvedere all'integrale ripristino, anche se tale ripristino comporti un costo di riparazione più oneroso del valore di mercato dell'auto. Detta doglianza viene riproposta anche con il secondo motivo di ricorso sotto il profilo della violazione degli artt. 2043 e 2054 c.c., in quanto secondo il ricorrente, erroneamente la sentenza impugnata ha ritenuto che il costo della riparazione dell'autovettura non potesse superare il valore commerciale della stessa, in quanto con il sinistro deve essere riportata la situazione allo stato anteriore al sinistro. Con il terzo motivo di ricorso il ricorrente lamenta la violazione dell'art. 3 Costituzione in quanto a suo dire, la sentenza impugnata avrebbe ritenuto che per avere diritto al risarcimento del danno bisogna dimostrare di aver esborsato le somme necessarie per le riparazioni, creando, quindi, una discriminazione tra i soggetti con diverse possibilità economiche. Ritiene questa Corte che i tre suddetti motivi, attenendo tutti alla stessa problematica, vadano esaminati in un unico contesto, prima sotto il profilo dell'assunta violazione di legge e, quindi, sotto quello del lamentato vizio motivazionale....”;
Cassazione civile , sez. III, 04 marzo 1998, n. 2402 Montalto c. Soc. Unipol assicur. e altro Giust. civ. Mass. 1998, 508 Danno e resp. 1998, 815 Foro it. 1998, I,1438
la Suprema Corte applicava alla fattispecie in oggetto l'articolo 2058 del codice civile:
“....come è noto il risarcimento del danno da responsabilità aquiliana può avvenire per equivalente in denaro (art. 2056 c.c.) o in forma specifica (art. 2058 c.c.) ed ha la funzione di porre il patrimonio del danneggiato nello stesso stato in cui si sarebbe trovato in assenza del fatto dannoso e quindi trova presupposto e limite nell'effettiva perdita subita da quel patrimonio (Cass. 3.10.1987,n. 7389). Il primo punto da porre in rilievo è che il danneggiato non può realizzare una locupletazione per effetto del danno subito. Qualora, quindi, si provveda al risarcimento per equivalente l'elemento principale per computare la somma da liquidare è costituito dalla differenza di valore tra bene integro e bene leso, pur senza escludere eventuali altri pregiudizi subiti. Qualora, invece, si richieda il risarcimento in forma specifica, la domanda può consistere sia nella pretesa che il debitore stesso provveda al ripristino della situazione materiale da restaurare come nella domanda di una somma di denaro corrispondente alle spese necessarie per tale ripristino, cui il creditore stesso intenda provvedere personalmente. Come è evidente la differenza tra questo modo di riparazione in forma specifica ed il risarcimento per equivalente in denaro consiste nel fatto che nel primo la somma di denaro è calcolata sui costi di riparazione o il ripristino in genere della situazione materiale, mentre nel secondo è computata sulla base della diminuzione patrimoniale subita (differenza di valore del bene prima e dopo della lesione, oltre ad altro eventuale pregiudizio subito). Va,inoltre, rilevato che la liquidazione del danno non deve essere necessariamente contenuta nei limiti di valore del bene danneggiato, ma deve avere per oggetto l'intero pregiudizio subito dal soggetto danneggiato e derivato al creditore, in quanto il risarcimento è diretto alla completa restitutio in integrum, (in forma specifica o per equivalente) del patrimonio del danneggiato (Cass. 8.3.1974, n. 619; Cass. 16.12.1988 n. 6856). Premesso ciò va, altresì, ricordato che, a norma dell'art. 2058,2° c. C.C., il giudice, allorché sia richiesto il risarcimento in forma specifica può disporre che il risarcimento avvenga solo per equivalente, se la reintegrazione in forma specifica risulta eccessivamente onerosa per il debitore. Si ha appunto eccessiva onerosità, ai sensi della citata norma, quando il sacrificio economico necessario per il risarcimento in forma specifica, in qualsiasi dei due modi sopra indicati (riparazioni effettuate direttamente dal danneggiante o corresponsione delle somme al danneggiato per effettuare dette riparazioni), superi in misura appunto eccessiva, date le circostanze del caso, il valore da corrispondere in base al risarcimento per equivalente. Ne consegue che, in caso di domanda di risarcimento del danno subito da un veicolo a seguito di incidente stradale, costituita dalla somma di denaro necessaria per effettuare la riparazione dei danni, in effetti si è proposta una domanda di risarcimento in forma specifica. Se detta somma supera notevolmente il valore di mercato dell'auto, da una parte essa risulta eccessivamente onerosa per il debitore danneggiante e dall'altra finisce per costituire una locupletazione per il danneggiato.Infatti è principio pacifico che il danneggiato, che ha ottenuto il risarcimento del danno, costituito dalle spese necessarie per la riparazione, invece di utilizzare il tandundem assegnatogli dal giudice e di provvedere alle riparazioni in questione, ben può disporre del corrispondente importo nel modo che riterrà più opportuno, restando in ogni caso liberato l'obbligato (Cass. 26.2.1979,n. 1264; Cass. 8.3.1974, n. 619). Ne consegue che in caso di notevole differenza tra il valore commerciale del veicolo incidentato ed il costo richiesto delle riparazioni necessarie, il giudice potrà, in luogo di quest'ultimo, condannare il danneggiante (ed in caso di azione diretta ex art. 18 l. n.990-69, l'assicuratore), al risarcimento del danno per equivalente. Il costo delle riparazioni va determinato con riferimento ai correnti prezzi di mercato, a meno che il maggior esborso (effettuato o da effettuarsi da parte del creditore danneggiato) sia giustificato da particolari circostanze oggettive (ad esempio esistenza nella zona di una sola autofficina qualificata) e queste siano state provate dall'interessato, che non può di conseguenza, a fondamento della sua pretesa risarcitoria, limitarsi a produrre la documentazione di spese, da lui sostenute, o preventivi di spese da effettuare, non corrispondenti ai prezzi di mercato, secondo una valutazione del giudice di merito, fondata su nozioni di comune esperienza o su dati acquisiti con consulenza tecnica d'ufficio (Cass. 7.2.1996,n. 970;Cass. 3. 6. 1977, n. 2268). Sennonché nella fattispecie la sentenza del giudice di appello non ha contraddetto detti principi, contrariamente a quanto ritenuto dal ricorrente, ma si è limitata a ritenere che il quantum del danno, di cui si richiedeva il risarcimento in forma specifica (costo delle riparazioni necessarie), non fosse provato sulla base dei soli preventivi prodotti dall'attore, atteso che a questi la convenuta aveva opposto altro preventivo con cifra decisamente inferiore, per cui ha proceduto ad una liquidazione equitativa del danno fondata sui dati di comune esperienza. È ben vero che, proprio perché la parte danneggiata non ha l'obbligo di impiegare la somma avuta per risarcimento per effettuare le riparazioni necessarie, e, quindi, a maggior ragione di anticipare dette somme, per poi poter esibire le relative fatture di spese, ai fine della valutazione e liquidazione dei danni, i preventivi di spesa, con l'indicazione specifica dei prezzi dei lavori e delle merci, possono essere utilizzati dal giudice del merito come elementi di prova per la formazione del suo convincimento (Cass. 28.11.1975,n. 3982). Sennonché il giudice potrà discostarsi dagli stessi se ritiene che essi attengano a lavori non necessari o espongano prezzi superiori a quelli di mercato o per altro motivo. A tal fine va osservato che è devoluta al giudice del merito l'individuazione delle fonti del proprio convincimento, e pertanto anche la valutazione delle prove, il controllo della loro attendibilità e concludenza, la scelta, fra le risultanze istruttorie, di quelle ritenute idonee ad acclarare i fatti oggetto della controversia, privilegiando in via logica taluni mezzi di prova e disattendendone altri, in ragione del loro diverso spessore probatorio, con l'unico limite della adeguata e congrua motivazione del criterio adottato; conseguentemente, ai fini di una corretta decisione, il giudice non è tenuto a valutare analiticamente tutte le risultanze processuali, nè a confutare singolarmente le argomentazioni prospettate dalle parti, essendo invece sufficiente che egli, dopo averle vagliate nel loro complesso, indichi gli elementi sui quali intende fondare il suo convincimento e l'iter seguito nella valutazione degli stessi e per. le proprie conclusioni, implicitamente disattendendo quelli logicamente incompatibili con la decisione adottata(Cass. 6 settembre 1995, n. 9384). Quindi è immune da censure in questa sede di legittimità la sentenza impugnata che, nel contrasto tra i preventivi esibiti dalle parti, ha ritenuto di non poter accogliere la domanda, che, avendo ad oggetto il danno ulteriore rispetto alla somma già pagata dalla convenuta, si fondava esclusivamente sui preventivi prodotti dall'attore, non avendo motivo di privilegiate questi nei confronti di quello prodotto dalla convenuta. Ne consegue che i primi tre motivi di ricorso vanno disattesi. Egualmente infondato è il quarto motivo con cui il ricorrente lamenta che la sentenza impugnata l'ha condannato al pagamento delle spese processuali, sulla base del principio della soccombenza, mentre anche la convenuta era soccombente, essendo stato rigettato il suo appello incidentale relativo alla compensazione delle spese del I grado. In tema di regolamento delle spese processuali, il sindacato della corte di cassazione è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte vittoriosa. Pertanto esula da tale sindacato e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito la valutazione dell'opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite, e ciò sia nell'ipotesi di soccombenza reciproca. sia nell'ipotesi di concorso con altri giusti motivi (Cass. 29.1.1990,n. 531; Cass. 6.9.1994, n. 7663).Inoltre la parte soccombente va identificata alla stregua del principio di causalità sul quale si fonda la responsabilità del processo, in quella che, lasciando insoddisfatta una pretesa riconosciuta fondata o azionando una pretesa riconosciuta infondata, abbia dato causa alla lite, ovvero nel caso di lite necessaria - quando cioè, il bene richiesto non possa essere ottenuto se non con lo strumento necessario ed insostituibile del processo - con quella che ha tenuto nel processo un comportamento rivelatosi ingiustificato; tale accertamento, ai fini della condanna al pagamento delle spese processuali, è rimesso al potere discrezionale del giudice di merito, e la conseguente pronuncia è sindacabile nella sola ipotesi in cui dette spese siano state poste, anche parzialmente, a carico della parte totalmente vittoriosa (Cass. 29.3.1979,n. 1808).Nella fattispecie è, quindi, immune da censure la sentenza impugnata che, proprio alla stregua del principio di causalità, ha ravvisato nell'attore, che ha dato causa alla lite e la cui domanda è stata interamente rigettata, la parte soccombente......”.
Cassazione civile , sez. III, 04 marzo 1998, n. 2402 Montalto c. Soc. Unipol assicur. e altro Giust. civ. Mass. 1998, 508 Danno e resp. 1998, 815 Foro it. 1998, I,1438




Autore

immagine A3M

Visite, contatti P&D

Nel mese di Marzo 2022, Persona&Danno ha servito oltre 214.000 pagine.

Libri

Convegni

immagine articolo

Video & Film