Sommario :
Premessa : cura, insufficienze, inefficienze e aiuto al suicidio – L’impoverimento costante del SSN
Dispositivo della sentenza ------------------------------------- pg.5
Limiti generali ---------------------------------------------------- pg.5
Principi fondamentali------------------------------------------- pg. 5
Presupposti, condizioni e verifiche-------------------------- pg. 13
Note (indicate con asterischi * ) -------------------------------------- pg. 16
Premessa : tra cura, insufficienze, inefficienze e aiuto al suicidio – L’impoverimento costante del servizio sanitario nazionale
Ritengo utile schematizzare in ordine logico e condensare, estraendoli dalla mia relazione 20/1/2024 sull’interpretazione e le distorsioni applicative della sentenza 242/2019 della Corte Costituzionale* (che ha ritagliato, all’interno dell’art. 580 CP, una ristretta ed articolata condizione di non punibilità per chi agevoli l’esecuzione del suicidio altrui) , i principi costituzionali posti dalla Corte a base della sentenza stessa ; così facilitandone l’applicazione nella legislazione vigente attraverso criteri di corretta interpretazione.
La sentenza è ‘autoapplicativa’, cioè deve essere applicata direttamente ed immediatamente, senza attendere successivi provvedimenti ; infatti, per evitare che “un annullamento secco” della norma penale rischiasse “di risolversi… in una menomata protezione di diritti fondamentali” ( nel caso specifico del diritto alla vita ), la Corte ha ricavato “dalle coordinate del sistema vigente i criteri di riempimento costituzionalmente necessari”.** E’ evidente che ogni provvedimento normativo-regolamentare, ogni decreto ministeriale o interministeriale, ogni circolare, ogni direttiva o linea-guida amministrativa emanata ai diversi livelli ( statale o regionale, limitata o meno a singole ULSS oppure a singole strutture sanitarie pubbliche o private) non può legittimamente discostarsi, nell’attuale assetto legislativo, dai principi e dai criteri dettati dalla stessa Corte per la sua puntuale e corretta interpretazione ed applicazione. In questo senso deve parlarsi, in base all’attuale legislazione, di una ‘conformità applicativa necessaria’ rispetto a tutte le disposizioni dettate dalla sentenza, in tutte le sue parti, senza alcuna possibilità di operare legittimamente ( e lecitamente ) - pur nell’ambito della ‘discrezionalità amministrativa’- in contrasto con il testo del dispositivo e della stessa motivazione della sentenza 242/2019.
Non intendo in questa sede entrare nel merito dei futuri possibili interventi legislativi costituzionalmente legittimi, auspicati dalla stessa sentenza . Ma devo ribadire che il cd. ‘principio a conformità costituzionale necessaria’ è espressamente richiamato dalla sentenza della Corte nel formulare l’auspicio “che la materia formi oggetto di sollecita e compiuta disciplina da parte del legislatore”, sottolineando che tale intervento dovrà comunque esser realizzato “conformemente ai principi precedentemente enunciati”. Nello schema di lettura qui proposto mi limiterò a sottolineare con le parole ‘principio a conformità costituzionale necessaria’ quei principi dettati dalla sentenza che vincolano non solo chi interpreta ed applica attualmente la sentenza stessa ( anche in sede amministrativa e regolamentare) ma anche il legislatore nazionale . Questa annotazione significa che il principio enunciato deve essere rispettato anche in futuri interventi legislativi, a pena di illegittimità costituzionale della norma contrastante.***
Sottolineo subito che presupposto necessario della non punibilità dell’agevolatore è che sia stata prima pienamente proposta e percorsa la strada della ‘cura’ e delle ‘cure palliative’ ( corollario del riconoscimento della dignità assoluta di ogni essere umano e del compito di garantirla assegnato alla Repubblica ) come previsto nell’incipit del dispositivo dalla sentenza stessa: “con le modalità previste dagli artt. 1 e 2 della legge 219/2017”; queste “ modalità” sono costituite dal percorso di cura. Il percorso di cura previsto dalla legge, a sua volta, richiama testualmente - in particolare al primo comma dell’articolo 2 – le previsioni della legge 38/2010 sul diritto/ dovere istituzionale dell’offerta e dell’erogazione delle cure palliative e della terapia del dolore ( valorizzando anche il diritto a rifiutare trattamenti sanitari necessari alla sopravvivenza – art. 1 comma 5 l. 219/2017).
Già questo fatto prova di per sé che il sistema costituzionale è orientato alla cura e non alla cessazione definitiva della stessa possibilità di cura attraverso la ‘scelta’ tragica dell’aiuto al suicidio; “compito della Repubblica” è quello della protezione ‘attiva’ dell’insopprimibile dignità dell’essere umano in ogni condizione ( la cura ) e non la sua soppressione.
A proposito della “cura”, compito fondamentale che la Costituzione assegna alla Repubblica (artt. 2,3,32 Cost.), constato che, nonostante tanti discorsi e dichiarazioni di impegno ( e, ormai, anche in mancanza di essi) si è fatto e si fa molto poco ( e sempre con interventi emergenziali o a ‘spot’) per garantire sul serio il miglior funzionamento ‘integrato’ del servizio socio-sanitario pubblico unitariamente inteso, che purtroppo ‘sta andando a rotoli’ e necessita di un’adeguata riorganizzazione nazionale ( e non solo regionale ) nonchè di indispensabili ed effettivi rilevanti finanziamenti in grado di valorizzarlo ed attualizzarlo a fronte degli immanenti ( e ancor di piu’ futuri ) gravissimi problemi strutturali e logistico-organizzativi da cui è afflitto nonché della sempre piu’ drammatica carenza di personale. Questi problemi sono costantemente moltiplicati dal progressivo inesorabile aumento dell’età e della conseguente fragilità-morbilità della popolazione ( che inevitabilmente è sulla strada di una costante riduzione della cd. ‘produttività’); eppure ogni giorno si può verificare la disponibilità al sacrificio della grande maggioranza dei medici e del personale socio-sanitario (cui talora corrispondono mugugni, proteste e lamentele, talora ingiustificate, da parte di numerosi utenti).
E’ davvero difficile, se non viene realizzata senza tentennamenti una totale riorganizzazione, rivalutazione e rivalorizzazione di tutto il servizio sanitario nazionale (al di là di ogni frammentazione territoriale), attraverso il suo effettivo e complessivo rafforzamento ( che ponga sempre al centro la persona-malato e la sua dignità e , parallelamente, il riconoscimento della “competenza, autonomia professionale e responsabilità del medico” e dell’intera équipe socio-sanitaria) anche solo tentare, nell’incalzante succedersi delle emergenze vere e delle necessità burocratiche, un effettivo coinvolgimento del personale in aperti ed autentici “percorsi formativi in materia di cure palliative e di terapia del dolore” , come richiesto ad esempio dall’art. 8 della l.38/2010 e dai commi 9 e 10 dell’art.1 l.219/2017 (principio di “formazione continua”) e dallo stesso comma 10 dell’art.1 l.219/2017 ( principio secondo cui “il tempo della comunicazione tra medico e paziente costituisce tempo di cura”). Si tratta di disposizioni-quadro; ma esse sono costantemente limitate dal legislatore attraverso la tremenda ‘clausola di invarianza finanziaria’- di cui sono esempio il comma 5 dell’art.5 della legge 38/2010 e l’art. 7 della l. 219/2017 (ma parallelamente, seppur con diverse formulazioni, l’intera normativa sull’amministrazione di sostegno : legge 6/2004-)- che spesso rende solo illusorie e declamatorie, quando non farisaiche, anche le piu’ belle disposizioni normative.
Si tratta di scelte e di priorità, entro ma anche al di là dei parametri del debito pubblico! Per esempio tutti parlano tanto della necessità di ridurre le tasse, e perfino di quella della realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina, ma non altrettanto del dovere costituzionale primario di garantire ( “dovere inderogabile”) davvero il diritto alla vita ed alla salute. Forse l’esigenza ‘politica’ di garantire il miglior funzionamento del servizio socio-sanitario pubblico, la stessa vita e la salute di ogni persona, nell’ambiente in cui è chiamata a vivere, non viene ritenuta abbastanza redditizia in termini di consenso popolare da nessun partito, nonostante l’esperienza recente ma sostanzialmente dimenticata di una angosciante pandemia ? O forse non si sa davvero come fare a passare dalle affermazioni astratte di buona volontà e disponibilità alle ristrutturazioni generali ed organiche, per quanto possibile unitarie, organizzativamente ed economicamente molto impegnative, di un servizio pubblico che per tanti anni ha saputo contribuire in modo decisivo allo sviluppo sociale ed anche economico dell’Italia, portandola a raggiungere una delle aspettative di vita alla nascita piu’ alte al mondo? ****
Ma tutto rischia di crollare e sta già crollando, come risulta dal recente appello di 14 grandi scienziati italiani per la salvaguardia della nostra piu’ importante ‘opera pubblica’, il Servizio Sanitario Nazionale, che ha di fatto contribuito in modo essenziale allo sviluppo sociale ed economico dell’ Italia.
Basta riflettere su alcuni numeri : il finanziamento del SSN equivale a meno di 3.000 euro l’anno per persona, mentre la Germania finanzia il servizio corrispondente con circa 7.300 euro e la Francia con piu’ di 6100 . I posti-letto negli ospedali pubblici si sono ridotti in vent’anni -per ogni 1000 abitanti- dai quasi 6 del 1998 ai poco piu’ di 3 nel 2022 ( la Germania ne ha 8 e la Francia 5 ) a fronte di una popolazione in rapido invecchiamento e conseguentemente sempre piu’ malata. Mancano circa 40.000 medici, tra ospedalieri (gravissima è la crisi dei pronto-soccorso) e medici di medicina generale ( che, di fatto, spesso ormai non ci sono piu’ neppure fisicamente ) e 65.000 infermieri. In Italia abbiamo 97,4 operatori sanitari per 10.000 abitanti, mentre negli altri paesi europei le proporzioni sono molto piu’ alte, fino ai 135 dell’ Austria. I medici (ma anche il personale infermieristico) del servizio pubblico in buona parte migrano dal pubblico al privato e vanno soprattutto all’estero, sono sempre piu’ anziani, svalorizzati, mal pagati e spesso gravati da turni di lavoro troppo pesanti e frenetici. In percentuale I finanziamenti del SSN, previsti per il 2025 nel limite del 6,2% del Pil, sono sensibilmente inferiori a quelli di venti anni fa. Risulta che, a causa di liste d’attesa lunghissime e dell’impossibilità economica di ricorrere al privato, circa 4.000.000 di persone rinunciano ogni anno a ‘curarsi’ e ancor di piu’ a ricorrere agli accertamenti preventivi necessari o consigliati.
In questo quadro rischia di essere davvero difficile realizzare ovunque, per esempio, condizioni che garantiscano a tutti la possibilità di un’effettiva “relazione di cura e di fiducia” paziente-medico-équipe sanitaria, adeguate “azioni di sostegno” che coinvolgano anche i “servizi di assistenza psicologica”; assicurare anche organizzativamente il magnifico principio per il quale “il tempo della comunicazione tra medico e paziente costituisce tempo di cura” ( quando, in certi contesti, rischia di mancare perfino il tempo di ‘pensare’); e garantire a tutti – anche al di là dei limiti della fase terminale della vita o delle ‘malattie inguaribili’( che però non sono e non possono mai essere ‘incurabili’!)- una “appropriata terapia del dolore”, fino alla “sedazione palliativa profonda continua” ( artt. 1-2 l. 219/2017). Rischia di restare un sogno, anche, “garantire la continuità assistenziale del malato dalla struttura ospedaliera al suo domicilio”, “assicurare adeguato sostegno sanitario e socio-assistenziale della persona malata e della famiglia”, realizzare “day hospice” dotati di una “articolazione organizzativa… che eroga prestazioni diagnostico-terapeutiche e assistenziali a ciclo diurno non eseguibili a domicilio”; così come assicurare ovunque l’indispensabile “insieme degli interventi sanitari, socio-sanitari e assistenziali che garantiscono l’erogazione di cure palliative e di terapia del dolore al domicilio della persona malata…coordinati dal medico di medicina generale”; e, nei fatti, assicurare davvero la “tutela della dignità e dell’autonomia del malato, senza alcuna discriminazione” assieme alla “tutela e promozione della qualità della vita fino al suo termine” ( artt. 1 e 2 l. 38/2010).
Eppure la sentenza della Corte Costituzionale, riprendendo il parere espresso il 18/7/2019 dal Comitato Nazionale per la Bioetica, ha constatato come oggi “la necessaria offerta effettiva di cure palliative e di terapia del dolore…sconta molti ostacoli e difficoltà, specie nella disomogeneità territoriale dell’offerta del SSN, e nella mancanza di formazione specifica nell’ambito delle professioni sanitarie, …che dovrebbe rappresentare, invece, una priorità assoluta per le politiche della sanità”.
In questo contesto, in mancanza degli interventi necessari ad assicurare nella realtà, come “priorità assoluta per le politiche della sanità”, l’effettività della ‘cura’, delle ‘cure palliative’ e della ‘terapia del dolore’, “si cadrebbe…- (anzi, purtroppo, si cade: nota dell’autore)- nel paradosso di non punire l’aiuto al suicidio senza aver prima assicurato l’effettività del diritto alle cure palliative”.
Desidero sottolineare anche in questa sede, affrontando nuovamente le problematiche connesse ai presupposti ed alla condizioni cui la Corte subordina la non punibilità di una pur ristretta ipotesi di agevolazione all’esecuzione dell’altrui suicidio che, mentre i presupposti, i limiti, gli accertamenti ed i controlli richiesti possono sembrare ‘intralci burocratici’ o esser vissuti come tali dalla persona sofferente e da coloro che la circondano, tuttavia essi sono funzionali alla necessità di proteggere la vita umana- valore primo dell’intero ordinamento democratico e fondamento della nostra Costituzione- anche e soprattutto nelle situazioni di maggior sofferenza personale, quando le persone sono “piu’ deboli e vulnerabili” e maggiormente assoggettabili, perciò, a pressioni e condizionamenti, diretti ed indiretti.
Ma ogni precisazione interpretativa ed ogni chiarimento del senso della sentenza della Corte non mettono assolutamente in discussione il riconoscimento delle diversificate realtà di grande e concreta sofferenza delle persone che, in condizioni di disperazione a fronte di una patologia irreversibile, si determinano ad una scelta suicida e che, non riuscendo ad eseguire da soli il suicidio, chiedono aiuto ad altri per la sua esecuzione. Non può essere espresso alcun giudizio su questa tragica ‘scelta’, che merita comunque rispetto, comprensione e ‘con-passione’, anche quando sia sostanzialmente frutto dell’incapacità della società, dei servizi socio-sanitari, di tutti coloro che hanno l’onere della ‘cura’- e, in fondo, di tutti noi - di offrire concrete risposte al grido di sofferenza del malato e, magari, al suo stesso ‘sentirsi un peso’ per la famiglia e per la società.
Ritengo opportuno, per facilitare la lettura di questa sintesi schematica, riportare di seguito testualmente il dispositivo della sentenza 242/2019, evitando di trascrivere solo la parte relativa alla regolamentazione dei fatti anteriori alla pubblicazione della sentenza stessa, inserita dalla Corte tra due interpunzioni ( - - ).
IL DISPOSITIVO DELLA SENTENZA
“La Corte Costituzionale
Dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 580 CP, nella parte in cui non esclude la punibilità di chi, con le modalità previste dagli artt. 1 e 2 della l. 219/2017 - ……. ******-, agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che ella reputa intollerabili, ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli, sempre che tali condizioni e le modalità di esecuzione siano state verificate da una struttura pubblica del servizio sanitario nazionale, previo parere del comitato etico territorialmente competente.”
Limiti e principi fondamentali della sentenza 242/2019 sull’art. 580 CP (“istigazione o aiuto al suicidio”)
A ) Limiti generali
La sentenza 242/2019 ( paragrafo 6 della motivazione “in diritto”) “si limita ad escludere la punibilità dell’aiuto al suicidio nei casi considerati, senza creare alcun obbligo di procedere a tale aiuto in capo ai medici. Resta affidato, pertanto, alla coscienza del singolo medico scegliere se prestarsi, o no, a esaudire la richiesta del malato”. Pertanto, non essendo né stabilito né previsto dalla sentenza alcun dovere od obbligo del medico (e, correlativamente, del personale sanitario) o di qualsiasi persona o ente ( sia che faccia parte di “strutture pubbliche del servizio sanitario nazionale” sia che non ne faccia parte) di agevolare l’esecuzione dell’altrui suicidio, è evidente che non può porsi alcun problema di obiezione di coscienza. Infatti, come dispone la sentenza, il terzo ( identificato nel “medico”) può “scegliere se prestarsi” (rimanendo non punibile) o meno ad agevolare l’esecuzione del suicidio, mentre l’obiezione di coscienza è possibile ed ha ha un senso solo di fronte ad una legge che stabilisca un dovere-obbligo, generale o specifico, di partecipare attivamente ad una procedura ritenuta contrastante con la propria coscienza.******
B ) Principi fondamentali
1. Principio di tutela necessaria del diritto alla vita - Il “diritto alla vita” è riconosciuto e garantito “come primo dei diritti inviolabili dell’uomo… in quanto presupposto per l’esercizio di tutti gli altri…dall’art. 2 della Costituzione, nonché, in modo esplicito, dall’art. 2 CEDU” (par. 2.2) . La vita umana è un bene di per sé indisponibile. Ad ogni persona deve esser riconosciuta un’inviolabile, oggettiva ed assoluta dignità, quali che siano le sue condizioni ; è compito della Repubblica garantirla anche attraverso la cura delle persone sofferenti - principio a conformità costituzionale necessaria - ;
2. Principio di esclusione del diritto alla morte - E’ escluso dalla Costituzione il “diritto alla morte”, cioè il diritto di ottenere dallo Stato o da terzi un aiuto a morire . “Dall’art. 2 Cost.- non diversamente che dall’art.2 CEDU - discende il dovere dello Stato di tutelare la vita di ogni individuo : non quello - diametralmente opposto – di riconoscere all’individuo la possibilità di ottenere dallo Stato o da terzi un aiuto a morire”( par. 2.2 ) - principio a conformità costituzionale necessaria -;
3. Principio di autodeterminazione ed esclusione del diritto alla morte - E’ escluso che il “diritto alla morte” possa esser desunto “da un generico diritto all’autodeterminazione individuale, riferibile anche al bene della vita” collegato al principio costituzionale di inviolabilità della libertà personale ( art.13, primo comma Costituzione; par.2.2 ). Quest’ultimo può ‘giustificare’ il diritto del paziente a rifiutare il trattamento sanitario indicato dal medico, anche quando si tratti di “trattamenti sanitari necessari alla propria sopravvivenza” ( art. 32, sec. comma Cost; art. 1 comma 5 della legge 219/2017 ); ma non può legittimare il coinvolgimento attivo/intromissione di terzi nell’aiutare la persona sofferente a suicidarsi ( e, tantomeno la previsione di qualsiasi “obbligo di procedere a tale aiuto in capo ai medici” o a qualsiasi persona o ente-cfr. sopra n.1) - principio a conformità costituzionale necessaria- ;
4. Principio del rispetto della vita privata ed esclusione del diritto alla morte - “Le medesime considerazioni valgono altresì ad escludere” che tale “diritto alla morte” possa derivare dall’ art. 8 CEDU, che sancisce il diritto di ciascun individuo al rispetto della propria vita privata”, ma non la possibilità di terzi di intervenire attivamente nella realizzazione dell’altrui suicidio ( par.2.2) . Infatti la circostanza che sia costituzionalmente corretto che “l’ordinamento non sanzioni chi abbia tentato di porre fine alla propria vita” non rende “affatto incoerente la scelta di punire chi cooperi materialmente alla dissoluzione della vita altrui, coadiuvando il suicida nell’attuazione del suo proposito. Condotta, questa, che -diversamente dalla prima- fuoriesce dalla sfera personale di chi la compie, innescando una relatio ad alteros di fronte alla quale viene in rilievo, nella sua pienezza, l’esigenza di rispetto del bene della vita” - principio a conformità costituzionale necessaria- ;
5. Principio di pari dignità-eguaglianza sostanziale - necessità di prevenzione generale e protezione penale del diritto alla vita come compito della Repubblica - “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge” ( art.3, primo comma Costituzione - principio di pari dignità o di eguaglianza sostanziale ). Essendo la vita umana ed il corrispondente diritto alla vita di ogni persona beni primari ed indisponibili , è necessario garantirli anche attraverso la protezione dissuasiva massima prevista dall’ordinamento . La sanzione penale corrisponde alla protezione generale massima ( necessità di prevenzione generale) contro chi per qualsiasi causa li aggredisca. Da ciò deriva la necessità costituzionale della previsione di una pena anche per tutti coloro che istighino o comunque aiutino il suicidio altrui ( art. 580 CP. ; si veda l’intera motivazione della sentenza n. 50/2022 della stessa Corte Costituzionale sull’inammissibilità di referendum popolare ‘abrogativo’ sull’omicidio della persona consenziente -art.579 CP-*******). La sentenza 242/2019 sottolinea che la correttezza costituzionale della previsione di una sanzione penale per chi aiuti o agevoli l’altrui suicidio (art. 580 CP) “può essere agevolmente scorta, alla luce del vigente quadro costituzionale, nella tutela del diritto alla vita, soprattutto delle persone piu’ deboli e vulnerabili, che l’ordinamento penale intende proteggere da una scelta estrema ed irreparabile, come quella del suicidio. Essa assolve allo scopo, di perdurante attualità, di tutelare le persone che attraversano difficoltà e sofferenze, anche per scongiurare il pericolo che coloro che decidono di porre in atto il gesto estremo e irreversibile del suicidio subiscano interferenze di ogni genere” . Dal dovere costituzionale di proteggere il bene primario della vita da ogni attacco di terzi deriva dunque, come compito di garanzia e rimozione degli ostacoli proprio della Repubblica, la necessità di sanzionare anche penalmente l’istigazione o l’aiuto al suicidio (in qualsiasi forma venga realizzato ) : artt. 2 e 3 della Costituzione: “la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo….E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli….che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana”. “La ratio della tutela di una norma quale l’art. 580 CP…. guarda alla persona umana come valore in sé, e non come semplice mezzo per il soddisfacimento di interessi collettivi” - principio a conformità costituzionale necessaria- ;
6. Principio del diritto - dovere di cura - La cura - cioè lo ‘stare accanto ad ogni persona che soffre’ prendendone a cuore la sofferenza, condividendola ognuno nel proprio ruolo e con le proprie responsabilità ed offrendole gli strumenti ed i trattamenti sanitari, psicologici e sociali “appropriati allo stato del paziente” per “alleviarne le sofferenze, anche in caso di rifiuto o di revoca del consenso al trattamento sanitario indicato dal medico”( art. 2, primo comma l. 219/2017) - costituisce compito primario della Repubblica ( artt. 2, 3 e 32 Cost.) e non solo del medico o dell’équipe sanitaria. La cura riguarda la sofferenza nella sua totalità esistenziale, sia nel suo aspetto ‘fisico’ (dolore) che psicologico, come sottolineato dallo stesso dispositivo della sentenza della Corte (“….fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che ella reputa intollerabili…”). La cura impone di ‘non lasciar solo’ il paziente nella sua sofferenza e, a differenza dei singoli trattamenti sanitari proposti (che fanno parte della ‘cura’ ma non la esauriscono), non è mai rinunciabile. Non esiste pertanto la possibilità costituzionale di ‘abbandono della cura’: anche a fronte della richiesta di aiuto al suicidio, la ‘cura’ deve proseguire autonomamente fino alla morte della persona-paziente. A fronte della richiesta di aiuto all’esecuzione del suicidio, la cura dovrà pertanto proseguire fino alla morte della persona-paziente, pur se su di una ‘linea operativa’ autonoma, parallela e sostanzialmente contrapposta al percorso di assistenza al suicidio. Con essa si prospetteranno sempre “possibili alternative”, fino alla “sedazione palliativa profonda continua in associazione con la terapia del dolore” ( art. 2, comma 2 della l. 219/2017); e si promoverà - anche con il coinvolgimento dei “familiari”- “ogni azione di sostegno al paziente medesimo, anche avvalendosi dei servizi di assistenza psicologica”, garantendo sempre al paziente “la possibilità… di modificare la propria volontà” ( art. 1, comma 5 della l. 219/2017). Nell’ambito del dovere di cura rientra il diritto alle ‘cure palliative’ di cui all’art. 2 della stessa legge, che sottolinea che “il medico, avvalendosi di mezzi appropriati allo stato del paziente, deve adoperarsi per alleviarne le sofferenze, anche in caso di rifiuto o di revoca del consenso al trattamento sanitario indicato dal medico”. La sentenza intreccia il dovere di cura ed il “diritto alle cure palliative” con i principi stessi del consenso informato ‘normativizzati’ dall’art 1 della legge 219/2017, sottolineando da un lato “ l’esigenza di coinvolgimento dell’interessato in un percorso di cure palliative” e dall’altro come “debba esser sempre garantita al paziente un’appropriata terapia del dolore con l’erogazione delle cure palliative previste dalla legge n.38/2010” ( che rientrano nei livelli essenziali di assistenza) - principio a conformità costituzionale necessaria - ;
7. Principio di sofferenza intollerabile e di irragionevolezza della sanzione penale - La non punibilità - Secondo la Corte però esistono limitatissimi casi di gravissime sofferenze artificialmente protratte, corrispondenti a “situazioni inimmaginabili all’epoca in cui la norma incriminatrice fu introdotta, ma portate sotto la sua sfera applicativa dagli sviluppi della scienza medica e della tecnologia, spesso capaci di strappare alla morte pazienti in condizioni estremamente compromesse, ma non di restituire loro una sufficienza di funzioni vitali” ( par.2.3 sentenza); in questi casi la previsione di una sanzione penale per chi si limiti ad agevolare esecutivamente (senza aver posto in essere alcuna attività di rafforzamento del proposito suicida) il suicidio di un paziente che non sia in grado di eseguirlo da solo, può tradursi in una misura irragionevole e sproporzionata ( art.3 Costituzione). Per questi casi e solo per questi casi ( si tratta delle sole “situazioni in rapporto alle quali l’indiscriminata repressione dell’aiuto al suicidio… entra in frizione con i precetti costituzionali”, che la Corte ha “già puntualmente individuato” nella ordinanza di rinvio 207/2018 ) nella concorrenza dei presupposti, dei limiti e dei controlli indicati nel paragrafo successivo, la Corte Costituzionale ha dichiarato la parziale illegittimità costituzionale della disposizione che, all’interno dell’art. 580 CP, sanziona penalmente il comportamento di chi “agevola in qualsiasi modo l’esecuzione” del suicidio altrui, senza averne in alcun modo determinato o rafforzato il proposito e la decisione ( fatti questi ultimi che restano e debbono restare sempre punibili come istigazione ed aiuto al suicidio in base allo stesso art. 580 CP ). Solo per questi casi la Corte ha ‘costruito’ una corrispondente e conseguente causa / condizione di non punibilità - principio a conformità costituzionale necessaria -;
8. Principio di esclusione del diritto soggettivo all’aiuto al suicidio - La Corte ha espressamente escluso che questa ‘non punibilità’ possa tradursi in un diritto soggettivo del paziente ad ottenere dalle strutture pubbliche del servizio sanitario nazionale o da qualsiasi diversa struttura, ente o persona l’aiuto al suicidio richiesto - principio a conformità costituzionale necessaria - La sentenza ha pertanto ritagliato soltanto, all’interno della disposizione penale, una condizione di non punibilità per chi, in presenza dei presupposti e dei limiti posti dalla stessa Corte, “agevola in qualsiasi modo l’esecuzione” del suicidio della persona-paziente che versi in condizioni di intollerabile sofferenza ( art. 580 CP ) ; ha creato così una norma penale eccezionale e come tale insuscettibile di qualsiasi interpretazione analogica o estensiva ( art. 13 Preleggi). La sentenza stabilisce che lo Stato deve accettare – per una sorta di ‘inesigibilità’ di una scelta diversa da parte del malato ‘trasferita’ alla persona che materialmente concorre, come da richiesta della persona sofferente, nell’esecuzione del suicidio – che vada esente da pena la condotta di chi agevoli il suicidio in presenza dei presupposti, limiti, condizioni e verifiche rigidamente indicati dal dispositivo ( si veda il principio di condizionalità di cui al numero 10 di questo paragrafo in relazione ai requisiti di non punibilità elencati nel paragrafo successivo ). La Corte in sostanza ritiene che, nel caso di sofferenze intollerabili del malato “tenuto in vita da trattamenti medici artificiali necessari per la propria sopravvivenza”, la sua valutazione soggettiva sul carattere non dignitoso della prosecuzione delle cure possa ‘prevalere’ sull’ontologica permanente dignità della sua stessa vita-persona; tanto da legittimare la non punibilità di chi, di fronte alla richiesta della persona malata ( nei soli casi espressamente indicati ) agevoli materialmente l’esecuzione del suicidio che il paziente non sia in grado di porre in essere da solo. Ma la sentenza stessa non incoraggia affatto né fa sua questa ‘scelta’, ritenendo anzi compito della Repubblica ( dovere di solidarietà ) tentare – pur nel rispetto delle scelte del paziente - ogni mezzo di dissuasione della persona sofferente, innanzitutto mettendo a sua concreta disposizione tutte le alternative di cura possibili, un’appropriata terapia del dolore e, “in presenza di sofferenze refrattarie ai trattamenti sanitari”, il ricorso “alla sedazione palliativa profonda continua in associazione alla terapia del dolore” ( anche a fronte del rifiuto di ulteriori trattamenti sanitari indicati dal medico ): art. 2 l. 219/2017 . Si tratta del ‘diritto alle cure palliative’ ( con corrispondente dovere dello Stato ) già commentato sub 6 – principio a conformità costituzionale necessaria - ;
9. Principio di estraneità del SSN alla partecipazione attiva all’aiuto al suicidio - Costituisce un’ inevitabile conseguenza della lettura dei diritti e dei doveri costituzionali da parte della Corte che le strutture pubbliche del servizio sanitario nazionale abbiano, come testualmente richiesto dalla sentenza, solo funzioni di controllo e verifica sulla sussistenza dei presupposti , dei limiti e delle condizioni per i quali chi agevoli l’esecuzione dell’altrui suicidio possa esser dichiarato non punibile. Esse pertanto, in base alla sentenza della Corte, non hanno né possono avere alcun compito di intervento attivo nel percorso suicida e di agevolazione del suicidio del paziente che versi in condizioni di intollerabile sofferenza. La Corte si è limitata a creare una norma penale eccezionale, ‘restringendo’ la punibilità dell’agevolazione del suicidio altrui con l’aggiunta di nuovi limiti e condizioni. Essa è perciò insuscettibile di qualsiasi interpretazione analogica o estensiva ( art. 13 prel.). La sentenza stabilisce che lo Stato deve accettare - per una sorta di ‘inesigibilità’ di una scelta diversa da parte del malato ‘trasferita’ alla persona che agevoli l’esecuzione del suicidio - che vada esente da pena la condotta dell’agevolatore materiale del suicidio altrui in presenza dei presupposti, limiti, condizioni e verifiche rigidamente indicati dal dispositivo (riportati nel paragrafo successivo) . La Corte in sostanza ritiene che la valutazione soggettiva del malato sul carattere non dignitoso del prolungamento artificiale della sua vita, condizionata da una patologia irreversibile che gli provoca sofferenze intollerabili, possa in casi estremi, collegati al carattere artificiale dei trattamenti di sostegno vitale che lo tengono in vita, ‘prevalere’ sull’ontologica permanente dignità della sua stessa vita-persona; e ‘legittimare’ in conseguenza la non punibilità di chi, di fronte alla richiesta del malato, agevoli materialmente, nei soli casi delineati dalla Corte, l’esecuzione del suicidio. Ma è opportuno ripetere che la stessa sentenza non incoraggia affatto né fa sua questa ‘scelta’, ritenendo compito della Repubblica ( dovere di solidarietà ) tentare ogni mezzo di dissuasione della persona sofferente dal proposito suicida, innanzitutto mettendo a sua concreta disposizione tutte le alternative di cura possibili, fino alla sedazione profonda continua assieme alle piu’ avanzate forme di terapia del dolore ( art. 2 l. 219/2017 ) : si tratta del ‘diritto alle cure palliative’ (con corrispondente dovere dello Stato) già commentato sub 6 e sub 8 - principio a conformità costituzionale necessaria-. Compito del SSN e delle sue strutture pubbliche è la cura e, nell’ambito del percorso di cura, la proposta-somministrazione dei trattamenti e degli strumenti sanitari adeguati allo stato del paziente, alleviandone le sofferenze con “un’ appropriata terapia del dolore”, di cui fanno parte le cd. “cure palliative” ( artt. 2 l. 219/2017 e 1-2 l. 38/2010 ); non certo l’ aiuto (seppur con un ‘percorso medicalizzato’) nella realizzazione del proposito suicida del paziente sofferente, destinato a far cessare definitivamente ed irrevocabilmente ogni percorso di cura. D’altra parte non può certo esser qualificato ‘trattamento sanitario o strumento di trattamento sanitario’ ( la cui proposta-prospettazione deve sempre esser avanzata dal medico ) l’utilizzazione di qualsiasi strumento, metodologia, sostanza o modalità ( pur conosciuta in medicina), il cui impiego sia nel caso specifico esclusivamente diretto a provocare la morte della persona ; né tale utilizzazione può esser considerata mezzo per un’appropriata terapia del dolore o comunque rientrare nel concetto di “erogazione di cure palliative”. Nessuna normativa vigente assegna questo compito, radicalmente contrastante con il compito di cura, a strutture pubbliche del servizio sociosanitario, come emerge univocamente dalla sentenza 242/2019 della Corte Costituzionale che lo esclude. Perciò appare illegittimo, da parte di strutture pubbliche del servizio sanitario nazionale, predisporre, realizzare e/o organizzare direttamente, oppure mettere a disposizione, come servizio sanitario pubblico, strumenti-apparecchiature idonei ad eseguire il suicidio assistito e/o offrire o indicare o suggerire sostanze venefiche o metodi con cui esso potrebbe esser realizzato escludendo la punibilità dell’agevolatore. Parallelamente va escluso che possa esser assicurata, in base alla normativa vigente, la gratuità o comunque la non onerosità della condotta di chi intervenga per agevolare l’esecuzione del suicidio, restando invece ovviamente ‘non onerosi’ ed a carico del servizio sanitario nazionale i compiti di controllo e verifica, da parte della struttura pubblica del servizio sanitario, di limiti, presupposti e condizioni per la sua non punibilità - principio a conformità costituzionale necessaria - ;
10. Principio di condizionalità - Come dispone dettagliatamente il dispositivo, la non punibilità dell’agevolazione all’esecuzione del suicidio è condizionata (e dovrà restare condizionata anche in un futuro intervento del legislatore) dalla presenza di numerose condizioni ‘legittimanti’, che la Corte ritiene indispensabili per evitare che la non punibilità possa creare “intollerabili vuoti di tutela per i valori protetti, generando il pericolo di abusi per la vita di persone in situazioni di vulnerabilità”; pericolo che la Corte vuole comunque “scongiurare” . Questi presupposti/condizioni/verifiche preventive ( “controllo preventivo sull’effettività delle condizioni che rendono lecita la condotta” sotto il profilo penale ) sono riportati analiticamente anche nel paragrafo successivo , e sono sintetizzati dalla stessa motivazione nel paragrafo 7 dedicato alla applicabilità della sentenza alle vicende pregresse ( per le quali, all’evidenza, le condizioni procedimentali dettate espressamente dal dispositivo “non risulterebbero, in pratica, mai puntualmente soddisfatte” ). Per la Corte la non punibilità dell’aiuto al suicidio deve in ogni caso rimanere “subordinata….al fatto che l’agevolazione sia stata prestata con modalità anche diverse da quelle indicate, ma idonee comunque sia ad offrire garanzie sostanzialmente equivalenti”. Esse sono precisate subito dopo con le frasi che si riportano di seguito, che sintetizzano e vincolano - per “scongiurare … intollerabili vuoti di tutela” del diritto alla vita- anche la discrezionalità del legislatore in futuri interventi normativi : “occorrerà …che le condizioni del richiedente – patologia irreversibile, grave sofferenza fisica o psicologica, dipendenza da trattamenti di sostegno vitale e capacità di prendere decisioni libere e consapevoli - abbiano formato oggetto di verifica in ambito medico; che la volontà dell’interessato sia manifestata in modo chiaro e univoco, compatibilmente con quanto è consentito dalle sue condizioni; che il paziente sia stato adeguatamente informato sia in ordine a queste ultime sia in ordine alle possibili soluzioni alternative, segnatamente con riguardo all’accesso alle cure palliative ed, eventualmente, alla sedazione profonda continua…”. In questi limiti anche il principio di condizionalità costituisce principio a conformità costituzionale necessaria ;
11. Principio di autonomia valutativa e decisionale - Il carattere fondamentale di questo principio è espressamente sintetizzato dal dispositivo stesso della sentenza con le parole “…ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli…” ( vedasi il successivo paragrafo C sub f ). La Corte Costituzionale ha voluto sottolinearne il carattere di principio assoluto ponendolo in contrasto ( “ma” equivale a ‘nonostante’) con le condizioni di “intollerabili sofferenze” da cui la persona è affetta dal momento della richiesta di aiuto all’esecuzione del proprio suicidio. Con questa indicazione espressa la Corte ‘costituzionalizza’, richiamandoli come primo requisito per la non punibilità dell’agevolatore, i principi base dell’ art. 1 della legge sul “consenso informato”: esso richiede “ l’autonomia decisionale” del paziente informato, necessaria per la stessa piena efficacia della “relazione di cura e di fiducia tra paziente e medico” ( comma 2 dell’art. 1 legge 219/2017). Questo principio si articola nel ‘principio di capacità’ ( a sua volta costituito dall’assenza di ostacoli giuridici – es. minore età, misure riduttive della capacità -) ed in quello di attuale adeguata idoneità ( nonostante le condizioni di intollerabile sofferenza ) nel valutare – senza condizionamenti o pressioni dirette ed indirette - causa, caratteristiche e possibilità di percorsi di sostegno e alternativi a quello suicida ( ad esempio le cd, ‘cure palliative’ e la terapia del dolore, fino alla palliazione profonda continua) - principio a conformità costituzionale necessaria - ;
12. Principi di non autosufficienza e di non superfluità - La necessaria mancanza di autosufficienza del paziente riguarda un duplice ordine di considerazioni, evidenziate dalla stessa sentenza : A ) da un lato il paziente deve poter conservare la possibilità di dare impulso al percorso suicida, seppur esecutivamente agevolato, dovendo lui stesso ‘agire’ materialmente per realizzare la fase finale del percorso suicida, anche se solo con un gesto della bocca, della lingua o perfino degli occhi ; altrimenti non si tratterebbe piu’ della violazione del divieto di cui all’art. 580 CP - aiuto al suicidio- ma del piu’ grave reato di cui all’art. 579 CP - omicidio del consenziente/’eutanasia’- di cui la sentenza ha riaffermato l’integrale sanzionabilità penale. Tale considerazione-constatazione è testualmente confermata nella motivazione della stessa sentenza, che sottolinea che deve restare “ferma… la possibilità per il paziente di modificare la propria volontà”; e aggiunge che questo “peraltro, nel caso dell’aiuto al suicidio, è insito nel fatto stesso che l’interessato conserva, per definizione, il dominio dell’atto finale che innesca il processo letale”. B ) Dall’altro lato il paziente, ai fini della non punibilità dell’agevolazione al suicidio, non deve essere in grado di eseguire da solo, autonomamente, il suicidio, senza bisogno di alcun aiuto da parte di terzi ( se l’intervento di terzi fosse ‘superfluo’, esso resterebbe sempre punibile)********. Anche questi principi debbono ritenersi a conformità costituzionale necessaria ;
13. Principio di esclusione del ‘concorso morale’ - La sentenza di parziale illegittimità costituzionale dell’art. 580 CP, con corrispondente creazione di una ristretta condizione di non punibilità per chi agevoli l’esecuzione dell’altrui suicidio, è strettamente limitata dal dispositivo ( “… nella parte in cui non esclude la punibilità di chi….agevola l’esecuzione del proposito di suicidio autonomamente e liberamente formatosi…”) alla condotta di agevolazione materiale all’esecuzione dello stesso, mentre viene escluso che possano andare esenti da pena le condotte di chi abbia in qualsiasi modo concorso alla formazione o al rafforzamento del proposito suicida ( determinandolo, rafforzandolo o istigando alla sua esecuzione ). La Corte sottolinea con le parole del dispositivo sopra riportate ( reiterate e precisate in motivazione) che la condizione di non punibilità creata non può mai riguardare il momento ideativo ( che deve essersi formato e sviluppato “autonomamente e liberamente”). Ogni ‘concorso morale’ nel proposito suicida deve restare sempre penalmente sanzionato perché si tratta di una condotta piu’ grave che incide direttamente sulla fragilità decisionale della persona sofferente : la perseguibilità di questo comportamento ha particolare rilievo nella “ tutela del diritto alla vita” perché i pazienti sofferenti sono sempre le “persone piu’ deboli e vulnerabili che l’ordinamento intende proteggere da una scelta estrema e irreparabile, come quella del suicidio.” La Corte aggiunge che è costituzionalmente necessario “tutelare le persone che attraversano difficoltà e sofferenze, anche per scongiurare il pericolo che coloro che decidono di porre in atto il gesto estremo e irreversibile del suicidio subiscano interferenze di ogni genere” – principio a conformità costituzionale necessaria - ;
14. Principi di verifica e di parere necessario - “…la verifica delle condizioni che rendono legittimo l’aiuto al suicidio deve restare peraltro affidata – in attesa della declinazione che potrà darne il legislatore – a strutture pubbliche del servizio sanitario nazionale….”. La formulazione di questo principio vincola necessariamente, nell’attuale contesto normativo, interpretazione ed applicazione della sentenza; ma lascia ‘libero’ il legislatore di prevedere, nella sua discrezionalità, una diversa attribuzione-formulazione dei compiti di accertamento e verifica. Le verifiche sul cd. ‘percorso medicalizzato di aiuto al suicidio’ ( o , piu’ correttamente, sulla presenza dei requisiti di non punibilità dell’agevolazione all’esecuzione del suicidio ) dovranno comunque, anche in una futura normativa, essere effettive ed approfondite, ‘estranee ed esterne’ rispetto al percorso suicida ed alla sua agevolazione . Esse sono ‘vincolate’ alle oggettiva constatazione dei presupposti e dei requisiti (elencati al paragrafo successivo) che la Corte esige siano presenti per la non punibilità di chi agevoli l’esecuzione del suicidio – principio a conformità costituzionale necessaria -. Non è ravvisabile alcuna necessità di ‘estraneità’-terzieta’ dei componenti l’équipe di cura rispetto all’eventuale incarico di verifica del percorso medicalizzato di aiuto al suicidio. Al contrario proprio il compito di verifica (che riguarda anche il loro operato) rende incompatibili i sanitari che partecipino al percorso di assistenza all’esecuzione del suicidio rispetto alla partecipazione ai compiti di verifica; ma anche alla contemporanea prosecuzione della partecipazione al percorso di cura. Analoghe considerazioni valgono per il “ previo parere” richiesto dal dispositivo al “ comitato etico territorialmente competente” . Nell’attuale contesto normativo ( “nelle more dell’intervento del legislatore”, specifica la Corte nella motivazione ) è necessario che il parere venga espresso dai comitati etici territorialmente competenti; ma il vincolo costituzionale per il legislatore è costituito solo dalla necessità di previsione dell’intervento consultivo, richiesto dalla “delicatezza del valore in gioco” ( il diritto alla vita) “di un organo collegiale terzo, munito di adeguate competenze, il quale possa garantire la tutela delle situazioni di particolare vulnerabilità”. In questi limiti anche la previsione di un parere ‘etico-tecnico’ a garanzia della “tutela di situazioni di particolare vulnerabilità” ( in particolare rispetto ad autonomia , libertà e consapevolezza della decisione, eventuali pressioni, condizionamenti diretti e/o indiretti, rispetto della dignità del paziente anche nelle modalità di realizzazione dell’agevolazione materiale all’esecuzione del suicidio ) deve ritenersi principio a conformità costituzionale necessaria. Sottolineo subito che il parere del comitato etico è meramente consultivo e, pur dovendo essere espresso necessariamente ( obbligatorio ) in via preventiva ( “previo parere”) , esso non è vincolante, né ai fini della relazione della “struttura pubblica del SSN” incaricata delle verifiche né ai fini del giudizio che , dopo l’esecuzione del suicidio, dovrà “essere espresso dal giudice nel caso concreto” ai fini dell’applicazione della condizione di non punibilità. Sia le verifiche del SSN sulla sussistenza dei requisiti richiesti sia il parere del comitato etico non sono né possono costituire o esser rappresentati come ‘provvedimenti di autorizzazione’ all’esecuzione del suicidio assistito ;
15. Principio di attualità - Anche se non espressamente indicato nella sentenza 242/2019, ne costituisce presupposto logico necessario il fatto che tra il tempo in cui vengono eseguite le verifiche e quello della materiale esecuzione del suicidio ‘assistito’ sussista una ‘ragionevole attualità’ e una ‘sostanziale conseguenzialità’, che permettano di affermare la sostanziale continuità temporale tra verifica delle condizioni di non punibilità ed esecuzione del suicidio (principio di attualità) . Qualora invece si verificasse per qualsiasi causa ( seppur positivamente valorizzabile - quali ad esempio l’efficacia dell’azione dissuasiva e di sostegno e/o la partecipazione a ‘percorsi di cure palliative’) - una tale distanza temporale tra accertamenti-parere-verifiche ed esecuzione del suicidio da far escludere una sostanziale continuità temporale tra di essi, gli accertamenti ed il parere dovrebbero esser necessariamente rinnovati ed ‘attualizzati’ per permettere la non punibilità dell’agevolatore. Non può infatti ritenersi ammissibile che verifiche e parere siano utilizzabili dalla persona richiedente ‘quando vorrà’, in un momento futuro ed imprecisato in cui la persona-paziente decidesse di por fine con il suicidio assistito alle proprie sofferenze. Accertamenti, verifiche e parere possono infatti essere ‘efficaci’ solo in presenza di un sostanziale hic et nunc rispetto al tempo della loro espressione e non in un periodo significativamente successivo, temporalmente scollegato e non direttamente consequenziale. La richiesta di aiuto al suicidio non è né può esser considerata una DAT ( art. 4 l. 219/2017). Le stesse DAT del resto debbono addirittura esser disattese se “palesemente incongrue o non corrispondenti alla condizione clinica attuale ovvero sussistano terapie non prevedibili all’atto della sottoscrizione ( comma 5 dello stesso articolo). Nel senso sopra evidenziato anche il principio di attualità costituisce principio a conformità costituzionale necessaria ;
16. Principio di conformità - a ) Si tratta del principio per il quale ogni provvedimento normativo secondario, quali regolamenti, direttive, circolari e provvedimenti amministrativi deve costituire diretta applicazione delle disposizioni e dei principi tutti dettati dalla sentenza ; ogni provvedimento - intervento contrastante dello Stato, delle Regioni, del SSN e delle sue articolazioni territoriali è illegittimo e deve essere disapplicato. I principi affermati dalla sentenza della Corte Costituzionale hanno valenza costituzionale ( vedasi lettera b ) e pertanto maggiore di quelli previsti da una semplice legge ordinaria; ma devono essere ‘ubbiditi’, osservati ed applicati direttamente, come se fossero disposizioni contenute in una legge ordinaria dello Stato. Queste considerazioni naturalmente valgono non solo per i principi fondamentali che ispirano la sentenza della Corte Costituzionale e che sono commentati in questo paragrafo, ma anche per i limiti espressamente indicati dal dispositivo della sentenza, elencati nel paragrafo successivo. Ho già precisato che le disposizioni della sentenza che creano la condizione di non punibilità di chi agevoli l’esecuzione del suicidio ( art. 580 CP ) costituiscono norme penali eccezionali , di cui è vietata ogni interpretazione-applicazione analogica o estensiva. b ) Parallelamente la stessa sentenza , sottolineando nella frase finale della motivazione l’auspicio che il legislatore intervenga con una “sollecita e compiuta disciplina”, ribadisce che l’intervento del legislatore deve avvenire “conformemente ai principi precedentemente enunciati”. Ciò significa che anche il legislatore-Parlamento nazionale deve uniformarsi ai principi sopra indicati ( qui evidenziati con le parole ‘principio a conformità costituzionale necessaria’), pena l’illegittimità costituzionale di eventuali disposizioni contrastanti. Anche quest’ultimo principio deve considerarsi a conformità costituzionale necessaria ;
17. Principio di competenza - Solo il Parlamento nazionale è legittimato ad intervenire con norme di legge che siano attuative o integrative della sentenza 242/2019 . Questo principio è reiteratamente enunciato espressamente nella motivazione ( da ultimo nella frase finale della stessa : “…auspicio che la materia formi oggetto di sollecita e compiuta disciplina da parte del legislatore, conformemente ai principi precedentemente enunciati” ), ma deriva anche necessariamente dal fatto che la Corte è intervenuta in materia penale ( art. 580 CP ) - materia riservata al legislatore nazionale ( art. 117, sec. comma lett.l Costituzione ) – ed ha creato una condizione di non punibilità di cui la Corte stessa sottolinea il carattere eccezionale; e dal fatto che la Corte ha ribadito e sottolineato il carattere fondamentale e fondativo del diritto alla vita, con la conseguente necessità di garanzia uniforme in tutto il territorio nazionale, sollecitata dalla stessa Corte. Le Regioni, pertanto, non hanno alcuna competenza nel dettare leggi interpretative o applicative della sentenza stessa. Anche questo è naturalmente un principio a conformità costituzionale necessaria. – Le Regioni sono invece sicuramente competenti per “l’attuazione dei principi della legge n.38/2010 sull’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore , in conformità alle linee guida definite ai sensi del comma 2” dell’art. 3 ; tale attuazione “costituisce adempimento regionale ai fini dell’accesso al finanziamento integrativo del Servizio sanitario nazionale a carico dello Stato” ( comma 3 dello stesso articolo 2 ).
I principi evidenziati in questo paragrafo si intersecano strettamente con quelli direttamente espressi dal testo del dispositivo, elencati nel paragrafo successivo come ‘presupposti, condizioni e verifiche’. Anche in relazione ad essi proseguo, come per i principi sottolineati in questo paragrafo, ad indicare in grassetto-corsivo quelli che integrano principi a conformità costituzionale necessaria.
C ) Presupposti, condizioni e verifiche – L’obbligo di referto
Riporto in questo paragrafo i requisiti specifici per la non punibilità dell’agevolazione ( soltanto materiale senza alcun ‘concorso morale’ ) all’esecuzione del suicidio espressamente indicati nel dispositivo della sentenza, senza commentarli analiticamente ; rinvio per questo alla relazione pubblicata su P. & D. il 20/1/2020 *. Sottolineo nuovamente che l’applicazione della sentenza non può in alcun modo discostarsi dagli stessi e che ogni contrasto con le relative indicazioni costituisce atto e/o comportamento illegittimo.
a. “… le modalità previste dagli artt. 1 e 2 della legge 22/12/2017 n. 219” : il richiamo come presupposto dei primi due articoli della l. 219/2017 indica che che costituisce presupposto necessario perché possa esser ritenuto non punibile chi ha agevolato l’esecuzione del suicidio altrui il fatto che il paziente abbia partecipato ad un autentico e informato percorso di cura e di offerta - messa a disposizione delle cure palliative piu’ adeguate alle sue condizioni ( si veda il principio numero 6 del paragrafo precedente ). In particolare, che siano verificati i criteri dettati dal comma 5 dell’art. 1 perché, nel ‘rispetto’ dell’ eventuale volontà del paziente di rifiutare i trattamenti sanitari necessari alla propria sopravvivenza, gli siano state prospettate “le alternative possibili” ( tra le quali tutti i “mezzi utili ad alleviarne le sofferenze” fino alla “sedazione palliativa profonda continua in associazione con la terapia del dolore” - commi 1 e 2 dell’art.2- ) ; coinvolgendo se possibile anche i familiari e promuovendo comunque “ogni azione di sostegno…anche avvalendosi dei servizi di assistenza psicologica” - principio a conformità costituzionale necessaria - ;
b. il “proposito di suicidio” deve essersi formato ( proseguito, perseguito e ‘maturato’ fino alla decisione-esecuzione finale ) “autonomamente e liberamente”. Anche la richiesta di aiuto al suicidio deve provenire solo dal paziente (“autonomamente”), nei cui confronti è vietata ogni induzione-suggerimento-rafforzamento del proposito suicida ; è indispensabile che il paziente resti sempre libero ( “liberamente”) e non condizionato - direttamente o indirettamente- da pressioni o suggestioni altrui ( restando sempre salve le proposte o indicazioni ‘alternative’ e ‘dissuasive’ indicate sub a ) – principio a conformità costituzionale necessaria-;.
c. la persona-paziente deve essere “ tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale”: si tratta del requisito, contestato da alcuni giuristi, ma fondamentale, costituito dalla totale ‘dipendenza’ del paziente da dispositivi medici artificiali, essenziali per la sua sopravvivenza ; senza il loro ‘funzionamento’ il paziente non potrebbe sopravvivere per un tempo significativo. Si tratta, sottolinea la Corte, di “situazioni inimmaginabili all’epoca in cui la norma incriminatrice fu introdotta, ma portate alla sua sfera applicativa dagli sviluppi della scienza medica e della tecnologia, spesso capaci di strappare alla morte pazienti in condizioni estremamente compromesse, ma non di restituire loro una sufficienza di funzioni vitali”. Solo per questo l’agevolazione al suicidio puo’ essere ritenuta, secondo la Corte, alternativa non punibile ( seppur scoraggiata) alla rinuncia a “trattamenti sanitari essenziali alla propria sopravvivenza” ( tra i quali rientrano, ex art. 1, comma 5 l. 219/2017, idratazione e nutrizione artificiale prescritte dal medico); ed anche “presentarsi al malato come l’unico modo per sottrarsi, secondo le proprie scelte individuali, a un mantenimento artificiale in vita non piu’ voluto e che egli ha il diritto di rifiutare in base all’art. 32, secondo comma della Costituzione”. Anche questa condizione deve considerarsi pertanto principio a conformità costituzionale necessaria ;
d. la persona deve essere “affetta da patologia irreversibile” : non devono esservi per il paziente, allo stato della scienza medica al momento della esecuzione della decisione suicida, speranze di guarigione, né di sostanziali miglioramenti ( vedasi, in parallelo, per la stessa efficacia delle DAT - art 4 comma 5 l. 219/2017 - la necessità che non “sussistano terapie, non prevedibili all’atto della sottoscrizione, capaci di offrire concrete possibilità di miglioramento delle condizioni di vita”) - principio a conformità costituzionale necessaria- ;
e. la patologia da cui è affetta la persona-paziente deve essere “fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che ella reputa intollerabili” : la disposizione ‘soggettivizza’ ( “sofferenze che ella reputa…”) ma non ‘relativizza’ ( “ intollerabili”) l’entità della sofferenza. Sottolineo che tale soggettivizzazione è inevitabile, anche perché la “sofferenza” non si esaurisce nel ‘dolore fisico’ (cui essenzialmente si riferisce “l’appropriata terapia del dolore” di cui al primo comma dell’art. 2 legge 219/2017 ), ma coinvolge necessariamente anche le condizioni psichiche e psicologiche. Per questo la Corte specifica che le sofferenze possono essere “fisiche o psicologiche” (oltre che fisiche e psicologiche ) senza che ne possano conseguire differenze sostanziali nella percezione (…”che ella reputa”…) di intollerabilità della stessa -principio a conformità costituzionale necessaria - ;
f. la persona deve restare, nonostante le sofferenze intollerabili conseguenti alla patologia- ( “ma”)- “pienamente capace di prendere decisioni la libere e consapevoli” ( vd. principio di autonomia valutativa e decisionale di cui al numero 11 del paragrafo precedente). Va parallelamente dato atto che il secondo comma dell’art. 580 CP aggrava la pena per ogni forma di aiuto al suicidio se “la persona è minore degli anni 18” o ”inferma di mente” o comunque “si trova in condizione di deficienza psichica o è priva della capacità di intendere o di volere”. La persona sofferente pertanto, perché l’agevolazione del suicidio sia non punibile, deve mantenere una lucidità adeguata ad ideare e realizzare il proprio suicidio nonostante la grave ‘fragilità decisionale’ indotta dalle sue stesse condizioni esistenziali di sofferenza . Anche questo requisito deve ritenersi configurare principio a conformità costituzionale necessaria ;
g. la sentenza della Corte Costituzionale inserisce nel dispositivo, ai fini della non punibilità dell’agevolazione, la necessità della “verifica” delle condizioni indicate ( commentate ai punti precedenti) da parte di strutture pubbliche del servizio sanitario nazionale ; ma aggiunge, tra i compiti di verifica necessari, la verifica sulle “modalità di esecuzione” dell’agevolazione e del suicidio stesso. E’ evidente che, poichè il controllo-verifica (di cui al successivo punto h) deve riguardare anche la fase strettamente esecutiva del suicidio assistito, per la non punibilità dell’agevolazione devono esser realizzate anche le modalità-condizioni ‘esecutive’ richieste in motivazione : “le relative modalità di esecuzione … dovranno essere evidentemente tali da evitare abusi in danno di persone vulnerabili, da garantire la dignità del paziente e da evitare al medesimo sofferenze”. Per l’analisi di queste tre caratteristiche ( no abusi, sì dignità, no sofferenze ) pur fondamentali, rinvio agli scritti precedenti*, riservandomi di approfondirli in un successivo contributo . Anch’essi comunque configurano principi a conformità costituzionale necessaria ;
h. tutte queste condizioni, elencate nelle lettere precedenti, devono esser “verificate da una struttura pubblica del servizio sanitario nazionale” … “previo parere del comitato etico territorialmente competente” ( vedasi il principio commentato al punto 14 – principi di verifica e di parere necessario - del paragrafo precedente, cui rinvio ). Si tratta di un altro principio a conformità costituzionale necessaria , nei limiti di quanto prima sottolineato. Senza ripetere le considerazioni svolte sul punto al numero 14 del paragrafo precedente e nelle precedenti pubblicazioni*, ritengo opportuno ( anche in relazione a orientamento parzialmente diverso espresso in precedenti scritti ) sottolineare che sia la relazione/verifica della struttura pubblica del SSN incaricata della verifica sia il parere del comitato etico territorialmente competente sono espressi in itinere, prima del suicidio assistito, poiché hanno (anche) funzione di prevenzione specifica del suicidio stesso. Però essi non sono né possono essere provvedimenti o pareri autorizzativi, ma devono limitarsi a prendere atto (nel caso del comitato etico con il “parere”) della sussistenza o meno delle diversificate condizioni richieste in relazione al percorso suicida, senza alcun ‘suggerimento’ di percorsi o metodologie alternativi. Essi sono ragionevolmente espressi attraverso relazioni ( verifiche della struttura pubblica del SSN incaricata ) e pareri preventivi (consulenza obbligatoria e necessaria, ma non vincolante del comitato etico), e sono istituzionalmente rivolti alla Direzione della struttura pubblica (anche quando conseguano ad interlocuzioni con i partecipanti al percorso suicida e/o al diverso ed opposto percorso di cura).
Avvenuto il suicidio ‘assistito’, però, sia la relazione della struttura pubblica del SSN sia il parere del Comitato etico debbono comunque confluire anche in una relazione diretta al PM, essendo il referto obbligatorio - art. 365 CP – per tutti i casi che “possono presentare i caratteri di un delitto”; nel caso di specie si tratta di una ipotesi di reato (l’agevolazione al suicidio . art. 580 CP) che solo l’Autorità Giudiziaria può, accertata la concorrenza delle condizioni richieste dalla Corte Costituzionale, dichiarare non punibile .
Padova, 30/5/2024
Sergio Trentanovi
*Persona e Danno 20/1/2024 : “Cura, cure palliative e trattamenti sanitari-La causa di non punibilità dell’aiuto al suicidio nella sentenza della Corte Costituzionale 242/2019 sull’art. 580 CP : interpretazioni e distorsioni applicative”. Per una piu’ ampia trattazione della tematica si veda il “Commento alla sentenza 242/2019 della Corte Costituzionale sull’ art. 580 CP”( Trentanovi-Gottardi ) inserito nella raccolta su “Aiuto al suicidio e problemi giuridici del fine vita dopo la sentenza n. 242/2019” pubblicata dal servizio studi della Corte Costituzionale in “Aiuto al suicidio e profili giuridici del fine vita dopo la sentenza della Corte Costituzionale n. 242 del 2019”. Sul tema della “Sofferenza e cura, dolore e terapie ( art. 2 l. 219/2017 )” si veda anche la parte quinta del commento alla legge 219/2017 (Trentanovi-Gottardi) già pubblicata da ‘Persona e Danno’ del 25/6/2021.
** Le frasi inserite tra virgolette ( “….. “ ) riportano il testo di disposizioni della Costituzione o della sentenza 242/2019 ; e , anche, di singole disposizioni o articoli di legge.
*** Solo esemplificativamente cito la cd. ‘proposta Capezzone’, presentata a tutti i livelli, in particolare regionali e statali e in tutte le forme - anche di inziativa popolare- la cui semplice lettura evidenzia il contrasto radicale con i principi cogenti dettati dalla sentenza della Corte Costituzionale.
**** Editoriale di Avvenire 8/4/2024 ( Walter Ricciardi ).
***** Si riporta in questa nota la frase inserita tra due interpunzioni, relativa ai fatti antecedenti la sentenza della Corte : “ …-ovvero, quanto ai fatti anteriori alla pubblicazione della presente sentenza nella GU, con modalità equivalenti nei sensi di cui in motivazione-…” .
****** Va dato atto che la Corte Costituzionale , nell’ordinanza 207/2018 con cui aveva rinviato di un anno la decisione della questione di legittimità costituzionale dell’art. 580 CP, in attesa di auspicati interventi normativi del Parlamento, aveva ipotizzato anche la possibilità che il legislatore, nella sua discrezionalità normativa, prevedesse, nella concorrenza dei limiti e delle le condizioni indicate (sostanzialmente coincidenti con quelli della sentenza 242/2019) la creazione di una sorta di diritto soggettivo all’agevolazione all’esecuzione del suicidio ( con conseguente previsione dell’obiezione di coscienza). Tale possibilità è stata espressamente esclusa dalla successiva sentenza della stessa Corte, che, nel ‘riesaminare e rivalutare’ la questione, ha ritenuto costituzionalmente corretto creare soltanto una causa/condizione di non punibilità di chi, nella sussistenza dei presupposti e delle condizioni nonché delle verifiche previste, abbia agevolato l’esecuzione del suicidio altrui, negando così la creazione di un qualsiasi diritto soggettivo del paziente e di un corrispondente dovere dello Stato-SSN.
******* La Corte Costituzionale ha rafforzato tale concetto nella successiva sentenza 50/2022 che ha dichiarato inammissibile il referendum costituzionale sull’art.579 CP ( omicidio del consenziente ) aggiungendo espressamente, nel citare questo passo della sentenza 242/2019, dopo le parole “delle persone piu deboli e vulnerabili”, la frase “ma non soltanto delle persone piu’ deboli e vulnerabili”.
******** Questo è proprio il ‘caso del dj Fabo’, che ha provocato l’intervento della Corte Costituzionale: “…rimasto tetraplegico e affetto da cecità bilaterale corticale ( dunque permanente). Non era autonomo nella respirazione (….), nell’alimentazione (….) e nell’evacuazione. Era percorso, altresì, da ricorrenti spasmi e contrazioni causa di acute sofferenze, che non potevano essere completamente lenite farmacologicamente, se non mediante sedazione profonda. Conservava, però, intatte le facoltà intellettive…”