Letteratura  -  Redazione P&D  -  21/04/2024

Venezia - qualcosa di quei tempi - P.C.

Non avevo ancora compiuto quindici anni quando mio padre morì; un evento destinato a incidere profondamente sulla mia vita, per l’immediato e in avvenire.

  ’’Se la mamma e il papà da piccolo ti hanno voluto bene, niente di brutto potrà succederti’’, ripeto spesso questa frase ai convegni, parlando ad esempio dei   danni. ‘’Se una fortuna del genere ti è mancata, potrà essere dura nel tempo’’, così proseguo il discorso di solito.

   Per parte mia, benché avessi i capelli rossi, ero stato fortunato   a Venezia; mi era andata bene sia nell’infanzia che nella prima adolescenza.

  Anche a scuola oltre che a casa; studiare, fare i compiti, essere interrogato in classe non   mi entusiasmava, riuscivo comunque sempre a cavarmela.

  Con gli amici in laguna facevamo lunghi giri, fra ponti e calli, giocavo a palla nei campetti; anche a tacco, a palline, a bandiera, scambiavamo figurine, andavamo in barca. Sapevo già vogare alla veneziana, cosa non facile.

 




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