-  Lara Princisvalle  -  12/06/2016

Bambini, non mezzi – Lara Princisvalle

"Agisci in modo da trattare l'umanità, tanto nella tua persona quanto nella persona di ogni altro, sempre nello stesso tempo come un fine, e mai unicamente come un mezzo."

 

Molto spesso, studiando in università, mi accorgo dell"attualità dei pensieri di alcuni autori classici del panorama filosofico. Questo semestre ho avuto la fortuna di elaborare in modo nuovo la riflessione morale kantiana, grazie a un corso tenuto dal prof. Lorenzo Magnani e in particolare a un suo libro (Conoscenza come dovere. Moralità distribuita in un mondo tecnologico) che ho avuto piacere di leggere.

Oggi, 12 giugno, è la giornata mondiale contro lo sfruttamento del lavoro minorile: vorrei applicare la teoria morale kantiana proprio a questo tema, fornendo prima alcuni dati per inquadrare il fenomeno.

 

Risulta difficile fare una stima accurata dell"estensione del lavoro minorile: l"Organizzazione Internazionale del Lavoro ipotizza un coinvolgimento di 218 milioni di bambini dai 5 ai 17 anni, (dei quali 126 milioni lavorano in condizioni critiche sia per la loro salute sia per la loro crescita fisica e psicologica) in forme che vanno dal lavoro forzato a quello in famiglia, nelle industrie, nelle piantagioni, ma anche all"abuso sessuale a fini commerciali. Il dossier "I bambini che lavorano" redatto da Unicef evidenzia come cause microeconomiche alla base di questo fatto l"estrema povertà delle famiglie (che in molti casi hanno dei componenti malati o defunti, oppure hanno molti figli) e l"indebitamento delle stesse, in particolare modo verso usurai, a livello macroeconomico invece il passaggio da economia pianificata a economia di mercato che ha polverizzato in molti Paesi il reddito medio delle fasce sociali più a rischio.

Il lavoro minorile è concentrato nei Paesi più poveri: le miniere della Cambogia, le piantagioni di the dello Zimbabwe, o le fabbriche di palloni a Sialkot (distretto del Pakistan) sono solo alcuni esempi di un fenomeno vastissimo che vede come attori anche delle aziende del Nord del mondo.

 

Kant, in una delle formulazioni dell"imperativo categorico (che ho citato ad inizio articolo), sostiene che non bisogna trattare gli esseri umani come mezzi, ma sempre come fini, parola che per il filosofo è sinonimo di "dignità". Quando si sfrutta il lavoro di bambini con meno di quindici anni, sottoponendoli ad attività massacranti in condizioni pericolose non si attribuisce loro dignità. Quando vengono privati della loro individualità, dell"infanzia e dell"educazione, per poter produrre merci che verranno vendute anche nei paesi occidentali, i bambini vengono semplicemente trattati come mezzi, come strumenti, al pari di una macchina particolarmente efficiente.

Nella "Fondazione della metafisica dei costumi" Kant afferma:

"Nel regno dei fini ogni cosa o ha un prezzo o ha una dignità. Ciò che ha un prezzo può essere rimpiazzato da qualcosa di equivalente; ciò che dall"altro lato si innalza su ogni prezzo e dunque non ammette alcun equivalente ha dignità."

Il lavoro minorile è sicuramente legato a delle logiche di mercato. Si può quantificare il guadagno dato dallo sfruttamento della loro manodopera in termini economici e di profitto. Tuttavia c"è qualcosa in più che rischia di non essere considerato, ovvero il rispetto e il diritto all"autorealizzazione che questi bambini hanno in quanto appartenenti al genere umano, che è ben al di sopra di tutti gli aspetti economici e che dovrebbe essere inalienabile.

 

Kant quindi ci insegna come è necessario non solo rispettare la dignità altrui, ma anche fare rispettare la nostra dignità. Il concetto di dignità umana, che ha avuto una sua formulazione di base proprio con Kant, è stato più volte riproposto nel secondo dopoguerra. Possiamo trovare riferimenti alla dignità umana nella Carta delle Nazioni Unite del 1945, nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell"uomo del 1948 ma anche nella Carta di Nizza, entrata in vigore nel 2009. Nella giornata di oggi vorrei proprio porre l"attenzione sulla dignità di essere umano che non è ancora stata attribuita a 218 milioni di bambini nel mondo.

 

Dovremmo quindi imparare dalla lezione di Kant. Agire in modo da considerare l"umanità, nella propria persona e in quella degli altri, sempre come fine e mai solamente come mezzo.




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