-  Rossi Stefano  -  23/10/2014

SCACCO AL RE: LA GERMANIA E IL RISARCIMENTO DEI CRIMINI DI GUERRA - Corte cost., 22.10.2014, n. 238 - Stefano ROSSI

Con tre distinte ordinanze di identico tenore, adottate il 21 gennaio 2014 (reg. ord. n. 84, n. 85 e n. 113 del 2014), il Tribunale di Firenze ha sollevato questione di legittimità costituzionale: 1) della «norma prodotta nel nostro ordinamento mediante il recepimento, ai sensi dell"art. 10, primo comma, Cost.», della consuetudine internazionale accertata dalla Corte internazionale di giustizia (CIG) nella sentenza del 3 febbraio 2012, nella parte in cui nega la giurisdizione, nelle azioni risarcitorie per danni da crimini di guerra commessi, almeno in parte nello Stato del giudice adito, iure imperii dal Terzo Reich; 2) dell"art. 1 della legge 17 agosto 1957, n. 848 (Esecuzione dello Statuto delle Nazioni Unite, firmato a San Francisco il 26 giugno 1945), nella parte in cui, recependo l"art. 94 dello Statuto dell"ONU, obbliga il giudice nazionale ad adeguarsi alla pronuncia della CIG quando essa ha stabilito l"obbligo del giudice italiano di negare la propria giurisdizione nella cognizione della causa civile di risarcimento del danno per crimini contro l"umanità, commessi iure imperii dal Terzo Reich, almeno in parte nel territorio italiano; 3) dell"art. 1 (recte: art. 3) della legge 14 gennaio 2013 n. 5 (Adesione della Repubblica italiana alla Convenzione delle Nazioni Unite sulle immunità giurisdizionali degli Stati e dei loro beni, firmata a New York il 2 dicembre 2004, nonché norme di adeguamento dell"ordinamento interno), nella parte in cui obbliga il giudice nazionale ad adeguarsi alla pronuncia della CIG anche quando essa ha stabilito l"obbligo del giudice italiano di negare la propria giurisdizione nella cognizione della causa civile di risarcimento del danno per crimini contro l"umanità, commessi iure imperii dal Terzo Reich nel territorio italiano, in riferimento agli artt. 2 e 24 della Costituzione.

Le richiamate norme vengono censurate in riferimento agli artt. 2 e 24 Cost., in quanto, impedendo l"accertamento giurisdizionale e l"eventuale condanna delle gravi violazioni dei diritti fondamentali subìte dalle vittime dei crimini di guerra e contro l"umanità, perpetrati sul territorio dello Stato italiano, investito dall"obbligo di tutela giurisdizionale, ma commessi da altro Stato, anche se nell"esercizio dei poteri sovrani (iure imperii), contrasterebbero con il principio di insopprimibile garanzia della tutela giurisdizionale dei diritti, consacrato nell"art. 24 Cost., il quale è principio supremo dell"ordinamento costituzionale italiano ed in quanto tale costituisce limite all"ingresso sia delle norme internazionali generalmente riconosciute, ex art. 10, primo comma, Cost., che delle norme contenute in Trattati istitutivi di organizzazioni internazionali aventi gli scopi indicati dall"art. 11 Cost. o derivanti da tali organizzazioni.

La vicenda che è alla base del processo vedeva gli eredi italiani di un cittadino italiano catturato dalle forze militari tedesche dopo l"8.9.43, deportato in Germania, adibito al lavoro forzato ed infine ucciso in un lager e sepolto in una fosse comune, agire in giudizio contro la Repubblica federale di Germania.

Il processo si incardinava presso il Tribunale di Firenze.

La Repubbica federale di Germania si costituiva in giudizio ribadendo la verità dei crimini di guerra commessi dalle truppe naziste in danno della popolazione civile dei territori occupati ma eccependo il difetto di giurisdizione dell"autorità giudiziaria italiana, sulla base del principio di diritto consuetudinario internazionale dell'immunità giurisdizionale dello Stato estero per i fatti commessi nell'esercizio della sua sovranità e richiamando la sentenza della Corte Internazionale di Giustizia del 03/02/2012.

Secondo il principio affermato dalla sentenza della Cassazione n. 5044 del 2004 (caso Ferrini), l"immunità dalla giurisdizione (civile) degli Stati (esteri) riconosciuta dal diritto internazionale consuetudinario non ha carattere assoluto ma trova un limite ove le condotte, pure esercizio della sovranità statale, integrino crimini contro l'umanità, tali quindi da configurare un crimine internazionale.

Tuttavia, dopo l"affermazione di tale principio, la Corte Internazionale di Giustizia, adita dal Governo tedesco, con sentenza del 3 febbraio 2012, ha affermato che "il diritto consuetudinario internazionale continu(a) a prevedere che ad uno Stato sia riconosciuta l"immunità in procedimenti per illeciti presumibilmente commessi sul territorio di un altro Stato dalle proprie forze armate ed altri organismi statali nel corso di un conflitto armato" e che lo Stato "non può essere privato dell"immunità in virtù del fatto che lo si accusa di gravi violazioni delle leggi internazionali sui diritti umani".

La sentenza della C.I.G. giungeva a dirimere una controversia di anni tra il nostro paese e la Germania, originata dall'orientamento giurisprudenziale - inaugurato con la sentenza della Corte di Cassazione a S.U. nel caso Ferrini (n. 5044/2004) - che affermava il principio per cui l'immunità dalla giurisdizione (civile) degli Stati (esteri) riconosciuta dal diritto internazionale consuetudinario non ha carattere assoluto ma può trovare un limite ove le condotte siano tali da configurare crimini internazionali (quali i crimini di guerra o crimini contro l'umanità), anche quando lo Stato operi nell'esercizio della sua sovranità.

Successivamente alla pronuncia della CIG, anche la Corte di Cassazione a S.U. affermava che la tesi inaugurata dalla Cassazione nella sentenza Ferrini del 2004 "non è stata convalidata dalla comunità internazionale di cui la Corte internazionale di giustizia è massima espressione, sicché il principio non può essere portato ad ulteriori applicazioni" (Cass. S.U. civ 4284/2013).

Il legislatore italiano si è adeguato alla sentenza della CIG ed ha adottato la legge 14 gennaio 2013, n. 5, che espressamente esclude la giurisdizione italiana per i crimini di guerra commessi dal Terzo Reich anche per i procedimenti in corso.

Il Tribunale di Firenze, pur avendo piena contezza della pronuncia della C.I.G., ritiene di "dovere mettere seriamente in dubbio che l"immunità tra stati, tanto più verrebbe da sostenere tra Stati dell"Unione Europea, possa ancora consentire, ancorché solo per effetto di consuetudini internazionali anteriori alla entrata in vigore della Costituzione e della Carta dei diritti dell'Unione Europea, l'esclusione incondizionata della tutela giurisdizionale dei diritti fondamentali violati da atti iure imperii".

Nel sollevare la questione davanti alla Corte costituzionale, il giudice fiorentino esprime con chiarezza il dilemma che si pone davanti al giudice italiano tenuto, da un lato, a conformarsi alla "valenza imperativa e inderogabile delle norme di jus cogens di diritto internazionale, ambito nel quale la Corte internazionale di giustizia ha una competenza assoluta ed esclusiva" e, dall'altro, "a verificare se sia manifestamente infondato il dubbio che l"adozione indifferenziata di tale reciproca protezione a favore dei singoli stati ed in danno [...] dei singoli individui gravemente lesi, non sia conforme all'ordinamento radicato nella Repubblica Italiana sulla base delle norme della Costituzione e delle se fonti integrative anche sovranazionali".

La Corte costituzionale, nella sentenza qui commentata, dichiara espressamente che, anche se la questione le fosse stata sottoposta dal giudice a quo, non avrebbe potuto procedere allo scrutinio dell"interpretazione da parte della CIG della norma internazionale consuetudinaria relativa all"immunità degli Stati dalla giurisdizione civile degli altri Stati. Si tratta, infatti, di una norma di diritto internazionale, dunque esterna all"ordinamento giuridico italiano, la cui applicazione da parte dell"amministrazione e/o del giudice, in virtù del rinvio operato nella specie dall"art. 10, primo comma, Cost., deve essere effettuata in base al principio di conformità, e cioè nell"osservanza dell"interpretazione che ne è data nell"ordinamento di origine, che è l"ordinamento internazionale. In questa occasione, la norma che interessa è stata interpretata dalla CIG, precisamente in vista della definizione della controversia tra Germania ed Italia, avente ad oggetto la giurisdizione del giudice italiano su atti imputabili alla RFG.

Permane tuttavia da verificare e risolvere il prospettato conflitto tra la norma internazionale da immettere ed applicare nell"ordinamento interno, così come interpretata nell"ordinamento internazionale, norma che ha rango equivalente a quello costituzionale, in virtù del rinvio di cui all"art. 10, primo comma, Cost., e norme e principi della Costituzione che con essa presentino elementi di contrasto tali da non essere superabili con gli strumenti ermeneutici. In particolare spetta al giudice nazionale, ed in particolare esclusivamente alla Corte costituzionale, una verifica di compatibilità costituzionale, nel caso concreto, che garantisca l"intangibilità di principi fondamentali dell"ordinamento interno ovvero ne riduca al minimo il sacrificio.

I contro-limiti

È bene rammentare che i principi fondamentali dell"ordinamento costituzionale e i diritti inalienabili della persona costituiscano un «limite all"ingresso […] delle norme internazionali generalmente riconosciute alle quali l"ordinamento giuridico italiano si conforma secondo l"art. 10, primo comma della Costituzione» (sentenze n. 48 del 1979 e n. 73 del 2001) ed operino quali "controlimiti" all"ingresso delle norme dell"Unione europea (ex plurimis: sentenze n. 183 del 1973, n.170 del 1984, n. 232 del 1989, n. 168 del 1991, n. 284 del 2007), oltre che come limiti all"ingresso delle norme di esecuzione dei Patti Lateranensi e del Concordato (sentenze n. 18 del 1982, n. 32, n. 31 e n. 30 del 1971). Essi rappresentano, in altri termini, gli elementi identificativi ed irrinunciabili dell"ordinamento costituzionale, per ciò stesso sottratti anche alla revisione costituzionale (artt. 138 e 139 Cost.: così nella sentenza n. 1146 del 1988). La Corte ha così inteso ribadire la propria esclusiva competenza riguardo la verifica di compatibilità della disposizione contestata con i principi fondamentali dell"assetto costituzionale e di tutela dei diritti umani (sentenza n. 284 del 2007), in un certo senso bacchettando quelle recenti sentenze che hanno dato applicazione diretta alle norme di diritto internazionale nel nostro ordinamento (si vedano i casi sulla PMA).

Evoluzione del diritto e dei suoi limiti

La norma internazionale consuetudinaria sull"immunità degli Stati dalla giurisdizione civile degli altri Stati, in origine assoluta in quanto comprensiva di tutti i comportamenti degli Stati, in tempi meno remoti, ossia nella prima parte del secolo scorso, è stata oggetto di un"evoluzione progressiva dovuta alla giurisprudenza nazionale della maggior parte degli Stati, fino alla individuazione di un limite negli acta iure gestionis. Si è quindi ridotta, ad opera delle giurisdizioni nazionali, la portata della norma del diritto consuetudinario internazionale, nel senso che essa attribuisce l"immunità dalla giurisdizione civile degli altri Stati solo per gli atti ritenuti iure imperii. E ciò principalmente allo scopo di escludere la concessione del beneficio dell"immunità almeno quando lo Stato agisce come privato, ipotesi che appariva una iniqua limitazione dei diritti dei contraenti privati.

Per cui, in un contesto di rigidità costituzionale, alla Corte costituzionale spetta in via esclusiva il compito di assicurare il rispetto della Costituzione ed a maggior ragione dei suoi principi fondamentali e quindi la necessaria valutazione della compatibilità della norma internazionale sull"immunità degli Stati dalla giurisdizione civile degli altri Stati con i predetti principi, con l"effetto di produrre un ulteriore ridimensionamento della portata della norma internazionale, limitato al diritto interno ma tale da concorrere, altresì, ad un"auspicabile e da più parti auspicata evoluzione dello stesso diritto internazionale.

Il limite dell"art. 10 Cost.

Appare indispensabile – rammenta la Corte – alla luce dell"art. 10, primo comma, Cost., accertare se la norma del diritto internazionale generalmente riconosciuta sull"immunità dalla giurisdizione degli Stati stranieri, come interpretata nell"ordinamento internazionale, possa entrare nell"ordinamento costituzionale, in quanto non contrastante con principi fondamentali e diritti inviolabili. Il verificarsi di tale ultima ipotesi, infatti, «esclude l"operatività del rinvio alla norma internazionale» (sentenza n. 311 del 2009), con la conseguenza inevitabile che la norma internazionale, per la parte confliggente con i principi ed i diritti inviolabili, non entra nell"ordinamento italiano e non può essere quindi applicata.

Il legame tra l"azione in giudizio e l"effettività dei diritti

La Corte costituzionale osserva che fra i principi fondamentali dell"ordinamento costituzionale vi è il diritto di agire e di resistere in giudizio a difesa dei propri diritti riconosciuto dall"art. 24 Cost., in breve il diritto al giudice, che non casualmente è indicato, nell"ordinanza di remissione, congiuntamente all"art. 2 Cost., in quanto inestricabilmente connessi nella valutazione di legittimità costituzionale. Il primo è la norma sostanziale posta, tra i principi fondamentali della Carta costituzionale, a presidio dell"inviolabilità dei diritti fondamentali della persona, tra i quali, nella specie conferente a titolo primario, la dignità. Il secondo è anch"esso a presidio della dignità della persona, tutelando il suo diritto ad accedere alla giustizia per far valere il proprio diritto inviolabile.

La diversità di piano, sostanziale e processuale, non consente di scinderne la comune rilevanza rispetto alla compatibilità costituzionale della regola dell"immunità degli Stati dalla giurisdizione civile degli altri Stati. Sarebbe invero arduo individuare quanto resterebbe di un diritto se non potesse essere fatto valere dinanzi ad un giudice per avere effettiva tutela.

Sulla prima questione

La Corte costituzionale chiude – riguardo la prima questione – la partita a scacchi in tre mosse, rilevando come l"eccezione di contrasto alla Costituzione della norma di recepimento della consuetudine internazionale non è fondata, dato che la norma internazionale alla quale il nostro ordinamento si è conformato in virtù dell"art. 10, primo comma, Cost. non comprende l"immunità degli Stati dalla giurisdizione civile in relazione ad azioni di danni derivanti da crimini di guerra e contro l"umanità, lesivi di diritti inviolabili della persona, i quali risultano per ciò stesso non privi della necessaria tutela giurisdizionale effettiva.

Così la Corte, pur dichiarando la questione infondata, l'ha nella sostanza accolta, dichiarando che quel principio consuetudinario non può essere integrato o avere efficacia nel nostro ordinamento, in quanto confliggente con i principi fondamentali. 

L"alfiere

Il diritto alla tutela giurisdizionale «è tra quelli inviolabili dell"uomo, che la Costituzione garantisce all"art. 2, come si arguisce anche dalla considerazione che se ne è fatta nell'art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo» (punto 2. del Considerato in diritto). In una meno remota occasione, questa Corte non ha esitato ad ascrivere il diritto alla tutela giurisdizionale «tra i principi supremi del nostro ordinamento costituzionale, in cui è intimamente connesso con lo stesso principio di democrazia l"assicurare a tutti e sempre, per qualsiasi controversia, un giudice e un giudizio» (sentenze n. 18 del 1982, nonché n. 82 del 1996). In una prospettiva di effettività della tutela dei diritti inviolabili, si è osservato che «al riconoscimento della titolarità di diritti non può non accompagnarsi il riconoscimento del potere di farli valere innanzi ad un giudice in un procedimento di natura giurisdizionale» (sentenza n. 26 del 1999, nonché n. 120 del 2014, n. 386 del 2004 e n. 29 del 2003).

La regina

Con riguardo ad ipotesi di immunità dalla giurisdizione degli Stati introdotte dalla normativa internazionale, la Corte ha riconosciuto che nei rapporti con gli Stati stranieri il diritto fondamentale alla tutela giurisdizionale possa subire un limite ulteriore rispetto a quelli imposti dall"art. 10 Cost., giustificabile solo in presenza di un interesse pubblico riconoscibile come potenzialmente preminente su un principio, quale quello dell"art. 24 Cost., annoverato tra i "principi supremi" dell'ordinamento costituzionale (sentenza n. 18 del 1982).

Nella specie, la norma consuetudinaria internazionale sull"immunità dalla giurisdizione degli Stati stranieri, con la portata definita dalla CIG, nella parte in cui esclude la giurisdizione del giudice a conoscere delle richieste di risarcimento dei danni delle vittime di crimini contro l"umanità e di gravi violazioni dei diritti fondamentali della persona, determina il sacrificio totale del diritto alla tutela giurisdizionale dei diritti delle suddette vittime. (…) Né si ravvisa, nell"ambito dell"ordinamento costituzionale, un interesse pubblico tale da risultare preminente al punto da giustificare il sacrificio del diritto alla tutela giurisdizionale di diritti fondamentali (artt. 2 e 24 Cost.), lesi da condotte riconosciute quali crimini gravi.

Lo scacco al Re

L"immunità dalla giurisdizione degli altri Stati, se ha un senso, logico prima ancora che giuridico, comunque tale da giustificare, sul piano costituzionale, il sacrificio del principio della tutela giurisdizionale dei diritti inviolabili garantito dalla Costituzione, deve collegarsi – nella sostanza e non solo nella forma – con la funzione sovrana dello Stato straniero, con l"esercizio tipico della sua potestà di governo.

L"immunità dello Stato straniero dalla giurisdizione del giudice italiano consentita dagli artt. 2 e 24 Cost. protegge la funzione, non anche comportamenti che non attengono all"esercizio tipico della potestà di governo, ma sono espressamente ritenuti e qualificati illegittimi, in quanto lesivi di diritti inviolabili. (…) Pertanto, in un contesto istituzionale contraddistinto dalla centralità dei diritti dell"uomo, esaltati dall"apertura dell"ordinamento costituzionale alle fonti esterne (sentenza n. 349 del 2007), la circostanza che per la tutela dei diritti fondamentali delle vittime dei crimini di cui si tratta, ormai risalenti, sia preclusa la verifica giurisdizionale rende del tutto sproporzionato il sacrificio di due principi supremi consegnati nella Costituzione rispetto all"obiettivo di non incidere sull"esercizio della potestà di governo dello Stato, allorquando quest"ultima si sia espressa, come nella specie, con comportamenti qualificabili e qualificati come crimini di guerra e contro l"umanità, lesivi di diritti inviolabili della persona, in quanto tali estranei all"esercizio legittimo della potestà di governo.

L"insussistenza della possibilità di una tutela effettiva dei diritti fondamentali mediante un giudice, rende manifesto il denunciato contrasto della norma internazionale con gli artt. 2 e 24 Cost. Tale contrasto, laddove la norma internazionale sull"immunità degli Stati dalla giurisdizione civile degli altri Stati comprende anche atti ritenuti iure imperii in violazione del diritto internazionale e dei diritti fondamentali della persona, impone alla Corte costituzionale di dichiarare che rispetto a quella norma, limitatamente alla parte in cui estende l"immunità alle azioni di danni provocati da atti corrispondenti a violazioni così gravi, non opera il rinvio di cui al primo comma dell"art. 10 Cost. Ne consegue che la parte della norma sull"immunità dalla giurisdizione degli Stati che confligge con i predetti principi fondamentali non è entrata nell"ordinamento italiano e non vi spiega, quindi, alcun effetto.

Sulla seconda questione

Diversamente è stata valutata la questione di legittimità costituzionale sollevata nei confronti dell"art. 1 della legge di adattamento alla Carta delle Nazioni Unite (legge 17 agosto 1957, n. 848), disposizione censurata per violazione degli artt. 2 e 24 Cost., nella parte in cui, dando esecuzione alla Carta delle Nazioni Unite, ed in specie all"art. 94 della medesima, impone espressamente all"ordinamento interno di adeguarsi alla pronuncia della CIG anche quando essa, come nella specie, ha stabilito l"obbligo del giudice italiano di negare la propria giurisdizione in riferimento ad atti di quello Stato che consistano in violazioni gravi del diritto internazionale umanitario e dei diritti fondamentali quali i crimini di guerra e contro l"umanità.

La Corte rileva come l"accoglimento della questione conservi inalterato l"impegno dello Stato italiano al rispetto di tutti gli obblighi internazionali derivanti dall"adesione alla Carta delle Nazioni Unite, ivi compreso il vincolo ad uniformarsi alle decisioni della CIG.

Tuttavia, con esclusivo e specifico riguardo al contenuto della sentenza della CIG del 2012, che ha interpretato la norma internazionale generale sull"immunità dalla giurisdizione degli Stati stranieri come comprensiva dell"ipotesi di atti ritenuti iure imperii qualificati come crimini di guerra e contro l"umanità, si delinea il contrasto della legge di adattamento alla Carta delle Nazioni Unite con gli artt. 2 e 24 Cost.

Pertanto, considerato che la tutela giurisdizionale dei diritti fondamentali costituisce uno dei "principi supremi dell"ordinamento costituzionale", ad esso non può opporre resistenza la norma criticata, limitatamente alla parte in cui vincola lo Stato italiano, e per esso il giudice, a conformarsi alla sentenza del 3 febbraio 2012 della CIG, in palese violazione del diritto alla tutela giurisdizionale dei diritti fondamentali.

L"impedimento all"ingresso nel nostro ordinamento della norma convenzionale, sia pure esclusivamente in parte qua, si traduce – non potendosi incidere sulla legittimità di una norma esterna – nella dichiarazione di illegittimità della legge di adattamento speciale limitatamente a quanto contrasta con i conferenti principi costituzionali fondamentali (sentenza n. 311 del 2009).

La terza questione

L"obbligo del giudice italiano, stabilito dal censurato art. 3 della legge n. 5 del 2013, di adeguarsi alla pronuncia della CIG del 3 febbraio 2012, che gli impone di negare la propria giurisdizione nella causa civile di risarcimento del danno per crimini contro l"umanità, commessi iure imperii da uno Stato straniero nel territorio italiano, senza che sia prevista alcuna altra forma di riparazione giudiziaria dei diritti fondamentali violati, si pone, pertanto, come si è già ampiamente dimostrato in relazione alle precedenti questioni, in contrasto con il principio fondamentale della tutela giurisdizionale dei diritti fondamentali assicurata dalla Costituzione italiana agli artt. 2 e 24 Cost.

In conclusione 

Questa analisi non fa giustizia di una sentenza molto ricca che andrebbe vagliata da diversi punti di vista (quello del costituzionalista, dell"internazionalista e del civilista), mi si consenta tuttavia una chiusura anomala, rammentando come secondo Vitoria, il ruolo giuridico del sovrano non si esauriva nella giustificazione della guerra. Piuttosto, intraprendendo una guerra, il sovrano estendeva il suo potere giudiziale alla condotta e alla conclusione delle ostilità, il che comprendeva la facoltà di determinare il risarcimento necessario per le offese subite prima del conflitto e nel corso di esso. Tuttavia, saggiamente, in merito alla punizione della parte perdente, il vincitore, che ""siede come un giudice tra due stati"", è legittimato a infliggere la punizione nella sua qualità di giudice e non di parte offesa (Franciscus de Victoria, De Indis et de Iure Belli Relectiones, trad. J. Pawley Bate (Oxford, 1933), 187), dovendo quindi ponderare il richiesto nei termini di un risarcimento e non di una vendetta.




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