-  Redazione P&D  -  16/02/2006

PREVISTA ESPRESSAMENTE LA TRASCRIZIONE DEI TRUST A FAVORE DELLE PERSONE DISABILI - Angelo VENCHIARUTTI

Lo scorso 9 febbraio il Parlamento nell’approvare il decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 273 recante definizione e proroga di termini (il c.d. “decreto mille proroghe”) ha inserito nel codice civile il nuovo art. 2645-ter (già contenuto peraltro, seppure con un testo sensibilmente diverso, nel disegno di legge sullo sviluppo presentato nel corso di questa legislatura). Il nuovo articolo (nella cui rubrica si legge: Trascrizione di atti di destinazione per la realizzazione di interessi meritevoli di tutela riferibili a persone con disabilità, a pubbliche amministrazioni, o ad altri enti o persone fisiche) prevede in particolare che “Gli atti risultanti da atto pubblico, con cui beni immobili o beni mobili iscritti in pubblici registri sono destinati, per un periodo non superiore a novanta anni o per la durata della vita della persona fisica beneficiaria, alla realizzazione di interessi meritevoli di tutela riferibili a persone con disabilità, a pubbliche amministrazioni, o ad altri enti o persone fisiche ai sensi dell’articolo 1322, secondo comma, possono essere trascritti al fine di rendere opponibile ai terzi il vincolo di destinazione; per la realizzazione di tali interessi può agire, oltre al conferente, qualsiasi interessato anche durante la vita del conferente stesso. I beni conferiti e i loro frutti possono essere impiegati solo per la realizzazione del fine di destinazione e possono costituire oggetto di esecuzione, salvo quanto previsto dall’articolo 2915, primo comma, solo per debiti contratti per tale scopo”.  

Il nuovo testo (senza mai nominarlo definitivamente) introduce dunque espressamente la regola della trascrivibilità del trust nel nostro ordinamento. La comparsa sulla scena italiana del trust (che, com’è noto, è l’istituto di origine anglossassane, in base al quale, in via generale, un soggetto - disponente o settlor - attribuisce ad un altro - trustee - la proprietà di un bene affinché la gestisca secondo le istruzioni impartite dal settlor a favore del beneficiario o dei beneficiari) è stata legittimata dalla ratifica della Convezione dell’Aja del 1 luglio 1985 effettuata con la legge 16 ottobre 1989, n. 364. Dubbi però sulla sua trascrivibilità erano stati sollevati (come sanno gli specialisti dell’istituto) da una parte della nostra dottrina (autorevole seppur minoritaria) – che riteneva non sufficienti a tal fin le previsioni contenute nella legge di ratifica della Convenzione dell’Aja. 

La norma appena introdotta nel Codice civile sgombra definitivamente le riserve appena ricordate, consentendo (non appena entrerà in vigore) di rendere opponibile ai terzi il particolare scopo cui un dato bene (immobile o mobile registrato) è stato assoggetto con atto pubblico. In questo modo potrà essere pubblicizzato - allorché sia destinato alla realizzazione di interessi meritevoli di tutela “ai sensi dell’articolo 1322, secondo comm”a - (anche) il fine che il settlor si propone mediante l’intestazione al trustee e che ques’ultimo è obbligato a perseguire. 

Particolarmente significativo figura l’esplicito riferimento che il testo del nuovo articolo formula, quali beneficiari dell’atto di destinazione, alle persone con disabilità. Pure dal nostro ambiente del resto più di un segnale indica come l’istituto del trust venga (già) adoperato nell’ambito del diritto delle persone. La pratica conferma anzi come il trust sia utilizzabile per raggiungere scopi protettivi, consentendo (anche) di tenere riservata la situazione di disagio dell’interessato. Più nello specifico, in ragione delle sue peculiarità, il ricorso al trust a scopo protettivo si prospetta sopratutto allorché (in ragione delle circostanze del caso concreto) il/i disponente/i intenda/no costituire un patrimonio “segregato” da affidare all’amministrazione del trustee nell’interesse esclusivo del disabile. 

Il trust pare deputato pertanto a candidarsi quale strumento destinato ad assicurare un’assistenza necessaria a soggetti che versano in condizioni di disagio o di debolezza per una pluralità di ragioni, anche dopo la scomparsa di genitori o congiunti. 
Si pensi, in proposito, al caso di un figlio diversamente abile, che presenti o meno minorazioni psichiche, ed al quale i genitori intendono assicurare, dopo la loro morte, i mezzi necessari al sostentamento, nonché all’assistenza e alle cure indispensabili. Attraverso il ricorso al trust, i genitori potranno (ad esempio) attribuire - già con atto tra vivi - al trustee parte del proprio patrimonio (comprendete anche la nuda proprietà di un immobile - in modo da conservare, vita natural durante, l'amministrazione ed il godimento del cespite destinato a soddisfare post mortem i bisogni abitativi del disabile superstite). In ossequio alla volontà espressa dai disponenti, il trustee avrà il bene (o i beni) così trasferitigli soltanto per il mantenimento, l’assistenza, la cura del figlio disabile. Il trustee, in base sempre alle istruzioni contenute nell'atto istituivo, potrà essere tenuto anche ad occuparsi personalmente dell'assistenza materiale del disabile, ovvero a farsi coadiuvare per tale scopo da personale specialistico. In altri termini, in ragione della necessità di provvedere alla cura sia degli aspetti economici che di quelli personali, l’atto istitutivo del trust potrà contenere specifiche indicazioni, oltre che sulla gestione economica del trust fund, sulla cura personale dell’interessato - per garantire allo stesso condizioni di vita decorose, un’assistenza qualificata, il soddisfacimento dei propri bisogni e delle proprie inclinazioni.




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