Cultura, società  -  Maria Rita Mottola  -  25/05/2023

la Luna nella pozzanghera

La mia cara mamma andava dicendo: mai fare promesse ai Santi e ai fanti. A creature nu prumettere e a Santi nun fa voto. Non promettere ai bambini e non far voto ai Santi nella bella lingua napoletana.

Promettere ai Santi piccoli sacrifici quotidiani senza importanza può essere un modo per invocare il loro aiuto: non mangerò dolci per un mese, risponderò alla cliente petulante con pazienza e la saluterò sorridendo, non userò  mai più espressioni scurrili … 

Chi non resisterebbe? Sembra facile. Ma non è così le abitudini quotidiane, le insofferenze, i momenti di sfogo sono piccola cosa ma è difficile se non difficilissimo rinunciarvi. La forza di volontà spesso cede il passo al tradimento di quella promessa, di quell’impegno.

E facciamo lo stesso con le persone care o con i nemici. Quante volte abbiamo detto: non lo farò più. Non sarò più insofferente, mi ricorderò di fare una telefonata di cortesia, spazzerò via la mia arroganza e la mia intemperanza.

E poi ricadiamo nell’errore. Perché?

Eppure, sarebbe così semplice, sufficiente un po’ di autocontrollo, saper uscire da noi stessi e andare incontro all’altro con sincerità ma anche con gentilezza.

Non fare promesse ai santi che sai di non poter mantenere.

Ma non puoi promettere ai bambini perché loro credono in te adulto, figura di riferimento, oggetto della loro ammirazione e del loro amore. Li feriresti forse irrimediabilmente.

Tanti anni fa tornando dal Lago aiutai a scendere dall’automobile mia figlia piccina, ero serena in quella fresca serata estiva, aveva appena smesso di piovere ed ebbi l’ardire di fare una promessa: dimmi quello che desideri e la mamma te lo darà. Incauta fu la mia proposta. Ella rispose con una sola parola: quella! E indicò con il piccolo ditino la pozzanghera, ma in quella pozzanghera si rispecchiava una magnifica luna tonda, tonda, luminosa come non mai.

Mi sentii morire: piccola mia non potrò mai darti la luna. Ma era quello che lei mi chiedeva.

Dopo tanti anni e infinite sofferenze ora so quello che lei mi chiedeva, e so anche che avrei potuto darglielo ma non l’ho fatto. Non era la Luna ma la gioia della luce che riscalda e illumina la notte, la notte del dolore e della vita, la notte che tutti noi attraversiamo e se riusciamo a vedere l’alba è solo se accanto abbiamo una persona capace di comprendere, ascoltare ed aspettare.

L’ho imparato ora, tardi per molte cose che avrebbero potuto essere e non sono state, spero ancora in tempo per le cose veramente importanti.

P.S. mio marito, forse per compensare quella mia mancanza e quel sottile e sordo dolore che da allora mai più mi ha lasciato, il giorno del nostro matrimonio ci portò a pranzo, mia figlia fanciulla ed io, in un delizioso ristorante di Neive. La Luna nel pozzo si chiamava.

 




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