-  Foligno Emanuela  -  04/11/2015

VIOLENZA SESSUALE: SUSSISTE ANCHE SE LINTIMIDAZIONE È PSICOLOGICA- Emanuela FOLIGNO

"VIOLENZA SESSUALE: SUSSISTE ANCHE SE L"INTIMIDAZIONE È PSICOLOGICA"- Emanuela FOLIGNO

Cass. Pen. N. 42993 del 26 ottobre 2015

 

Il caso riguarda  maltrattementi e violenza sessuale perpetrati da un uomo in danno della moglie.

Per tali reati l"uomo è stato condannato in primo grado alla pena di quattro anni e otto mesi di reclusione, pena che la Corte d"Appello ha ridotto a quattro anni.

 

L"imputato ricorre in Cassazione dolendosi dell" errata decisione e del vizio della motivazione in relazione al reato di violenza sessuale. In particolare l"uomo biasima i Giudici d"Appello per avere ritenuto sussistente la violenza sessuale  sulla circostanza che  " la costrizione  della vittima può essere ottenuta anche con comportamenti dell"autore idonei ad indurre nella vittima un senso di vergogna e di disagio."

 

Osserva al riguardo il ricorrente-imputato che ritenendo sussistente il reato di violenza sessuale sulla circostanza che la costrizione della vittima possa essere ottenuta con comportamenti tali da indurre senso di vergogna e disagio, si arriverebbe  a valorizzare una mera elaborazione interiore che è differente da quanto percepito dall"interlocutore che può senz"altro ritenere di agire con il consenso della donna.

 

La Corte respinge in toto il ricorso dell"imputato poiché inamissibile e infondato.

 

Preliminarmente gli Ermellini affrontano il problema della attendibilità della vittima ed affermano che i Giudici d"Appello hanno preso attentamente in considerazione sia i rilievi difensivi riguardanti la presunta contradditorietà delle denunce della donna, sia  l"affidabilità delle dichiarazioni rese dalla stessa, nella specie confermate dai figli.

Concludono, dunque, sul punto che le accuse di maltrattamenti e prevaricazioni rivolte dalla moglie all"imputato siano da considerarsi un dato di fatto indiscutibile.

 

Per quanto concerne il merito del delitto di violenza sessuale il Collegio ha ritenuto che la Corte territoriale ha ben esplicato il motivo per cui ha ritenuto credibile che la vittima ha soggiaciuto alle richieste di rapporti sessuali da parte del marito poiché " sfinita e stanca ".

 

Tali affermazioni  sono state giustamente valutate dai Giudici di secondo grado  nel contesto di continue vessazioni e torture psicologiche cui l"imputato sottoponeva la moglie .

 

E" corretto, secondo gli Ermellini, quanto è stato valutato poiché la violenza idonea a integrare il delitto di violenza sessuale è anche quella violenza che trascina la vittima in uno stato di soggezione di vergogna, di disagio, fino al punto di assecondare le richieste sessuali per evitare danni maggiori.

Sottolinea, inoltre, la Corte che l"interpretazione svolta  dai Giudici di seconde cure è anche conforme all"orientamento giurisprudenziale costante in materia il quale ritiene che la violenza o la minaccia siano idonei a costringere la vittima di abusi sessuali ad esaudire agli atti stessi.

 

Ed ancora viene rimarcato che  l"idoneità della violenza non deve essere esaminata astrattamente ma valorizzando le circostanze concrete caso per caso poiché la stessa può certamente sussistere anche in relazione ad una intimidazione psicologica attuata in situazioni particolari che influenzano il processo di libera determinazione della vittima.

 

Conclude, dunque, la Corte che l"imputato non puà invocare il consenso putativo della donna e che non è stato valorizzato "un punto di vista soggettivo" della vittima, ma è stata considerata e valutata oggettivamente l"intera vicenda.

 

Con l"interessante  pronunzia esaminata  la Corte di Cassazione ha dunque  ribadito che il delitto di violenza sessuale può essere integrato anche attraverso una violenza capace di porre la vittima in uno stato di soggezione, disagio e vergogna, tanto da indurla ad esaudire le richieste sessuali e che devono essere valutate tutte le circostanze concrete della vicenda.

 

In definitiva, non rileva, e non ha nessun valore scriminante, che la vittima  non si sia opposta palesemente alle richieste di rapporti sessuali se risulta provato che l'autore aveva consapevolezza del rifiuto implicito, consapevolezza derivante dalle violenze e dalle minacce poste in essere precedentemente.




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