“Sono nata con un ritardo mentale, nemmeno terribile, ero un po’ storta di corpo; mi mancava anche il naso - in senso anatomico, di protuberanza - avevo soltanto i due buchi per respirare: dall’età di dieci anni la mia famiglia mi ha chiuso in casa, non mi ha più fatto uscire. Vivevo di sopra nella mia stanzetta, si vergognavano di me, con quelli del paese; a un certo punto hanno raccontato in giro che ero partita, di notte, per raggiungere dei parenti in Australia. È una casa isolata, a mezza costa, una vera strada non c’è dal basso, nessuno passa per caso; avevano sigillato le finestre, internamente, con delle assi, quando scendevano all’emporio mi legavano con una catena, tipo barche da pesca. Avevo capito che sarebbe continuato per sempre così, ho deciso di togliere il disturbo; sapevo dove tenevano il veleno per topi, un giorno che mi avevano portato giù ero riuscita a prenderne una dose, abbondante, di nascosto”.