-  Mastronardi Viola  -  12/04/2016

Tenuità del fatto e guida in stato di ebbrezza – Cass.pen. S.U. 13681/2016 – Viola Mastronardi

La esclusione della punibilità, prevista e punita ex art.131-bis cod. pen., è compatibile con la fattispecie di reato di cui all"art.186 del Codice della Strada, a nulla ostando la circostanza secondo la quale la previsione normativa prevede, già ex se, la determinazione, in nuce, di valori-soglia da osservare ai fini della configurazione della fattispecie.

 

La sentenza di primo grado, con la quale i giudici di merito avevano riconosciuto la penale responsabilità dell"imputato, in ordine al reato di cui all"art.186, comma 2 lett b) e comma 2-bis, è stata parzialmente riformata dai Giudici della Corte d"Appello milanese, con esclusione dell"aggravante contestata e conseguente rideterminazione della pena. Tuttavia, la Difesa presentava ricorso per Cassazione, deducendo tre motivi di legittimità, due dei quali sono stati ritenuti di nessun pregio.

La Quarta Sezione della Suprema Corte di Cassazione ha, invero, ritenuto all"uopo doveroso soffermarsi giuridicamente sul secondo motivo, oggetto del ricorso, rimettendo alle Sezioni Unite la questio iuris, di non semplice trattazione, in ordine all"opportunità di formulare un giudizio valutativo di segno favorevole, o meno, rispetto alla convivenza, in sede processuale, del reato di guida in stato di ebbrezza con l"ipotesi di esclusione della punibilità, recentemente introdotta con l"art.1, comma 2, d.lgs. 16.3.2015, n.28 ed ispirata ai principi di deflazione, proporzione ed extrema ratio. Sul punto, è appena il caso di ribadire il costante indirizzo ermeneutico della giurisprudenza di legittimità che, senza alcun dubbio di sorta, ha, già in occasioni precedenti a questa, riconosciuto la facoltà di proporre il tema inerente al nuovo istituto di diritto penale, che reca una disciplina più favorevole per il reo, direttamente dinnanzi alla Suprema Corte di Cassazione qualora non sia stato possibile rilevare la questione nel corso del giudizio di secondo grado, perché conclusosi in epoca antecedente all"introduzione dell"istituto di cui all"art.131-bis. cod. pen.

L"ordinanza della Quarta Sezione, sulla scorta di precedenti orientamenti, ha sollevato più d"un rilievo critico circa la presunta compatibilità del reato in questione con l"istituto della particolare tenuità del fatto.

Il punctum dolens della questione trova, chiaramente, la sua origine concettuale nella formulazione normativa dell"art.186 il quale, al comma 2 lett b) sanziona con l"ammenda, l"arresto e la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, chiunque guidi in stato di ebbrezza "qualora  sia  stato  accertato  un valore corrispondente ad un tasso  alcolemico  superiore  a  0,8 e non superiore a 1,5 grammi per litro"; al comma 2-bis, invece, le sanzioni sono raddoppiate ed è disposto il fermo amministrativo del veicolo (salvo appartenga a persona estranea all"illecito) se il conducente provochi anche un incidente stradale ovvero è disposta la revoca della patente laddove sia stato accertato  un valore corrispondente ad un tasso alcolemico superiore a  1,5  grammi per litro.

Orbene, in una siffatta ottica, non potevano che sorgere paradossali dubbi ai quali le Sezioni Unite hanno dovuto dare una risposta che, in termini sia sostanziali che processuali, andasse a colmare una lacuna normativa piuttosto significativa: se il Legislatore ha già compiuto, a monte, una valutazione circa la maggiore o minore pericolosità della condotta, raffrontandola, a sua volta, ad un dato tecnico inequivoco rappresentato dal tasso alcolemico, allora, il Giudicante, maturando il suo convincimento in guisa ad un giudizio di particolare tenuità del fatto, tale da escluderne in toto la punibilità, andrebbe a sostituirsi (ingiustificatamente) al Legislatore?

La valutazione del fatto di particolare tenuità, come chiarito dalla stessa norma che disciplina l"istituto, deve essere operata su tre livelli ovverosia in base alla modalità della condotta, all"esiguità del danno o del pericolo e, in ultimo, al grado della colpevolezza: trattasi di considerazioni appartenenti ai gradi di merito del giudizio, in virtù delle quali i Giudici di legittimità potranno verificare che vi sia perfetta corrispondenza e sovrapponibilità tra la fattispecie di reato considerata e il modello legale disegnato dall"istituto di nuovo conio.

La Corte di Cassazione, con la sentenza in esame, ha voluto ribadire che "non esiste un"offesa tenue o grave in chiave archetipa; è la concreta manifestazione del reato che ne segna il disvalore". L"istituto della tenuità del fatto, non a caso, non fa perno sulla condotta tipica del reato, di volta in volta esaminato, bensì sulle modalità di estrinsecazione della condotta con lo scopo di valutarne l"entità della contrarietà alla legge ed il consequenziale, ma pur sempre proporzionale, bisogno di pena.

Pertanto, il giudicante che qualifica una condotta come tenue anche rispetto all"entità minima del fatto di reato conforme allo schema legale tipico, non si sostituisce al Legislatore, anzi ne recepisce, a pieno, la ratio; resta fermo che, ovviamente, più ci si allontana dalla soglia legislativamente indicata, più è probabile che ci si trovi in presenza di un fatto non propriamente esiguo.

D"altronde, da un lato, il Legislatore ha previsto che la nuova disciplina trovasse applicazione anche con riferimento alle occasioni in cui lo stesso codice penale statuisce la particolare lievità del danno provocato e, dall"altro, alla medesima conclusione è possibile addivenire, a contrario, se si considera che, quando si è voluta evitare la graduazione del reato, lo si è fatto esplicitamente: lo stesso art.131-bis cod. pen. recita, al secondo comma, che "l"offesa non può ritenersi lieve quando la condotta ha cagionato, quale conseguenza non voluta, lesioni gravissime".

Le Sezioni Unite hanno concluso, sostenendo il seguente principio di diritto e cioè chr "non vi sono ostacoli ad applicare l"istituto anche ai reati di pericolo astratto o presunto ed, in particolare, la previsione di un valore-soglia per la configurazione del reato svolge la sua funzione sul piano della selezione categoriale, mentre la particolare tenuità del fatto richiede un vaglio tra le epifanie nella dimensione effettuale".

Alla luce di tale assunto, permane in primo piano, ai fini dell"applicabilità dell"art.131-bis cod. pen., l"opportunità di contestualizzare la vicenda illecita, per la quale si procede: a differenti valutazioni dovranno giungere i giudicanti, a seconda che chi abbia commesso il reato abbia guidato per pochi metri all"interno di un parcheggio cittadino ovvero abbia percorso una strada affollata procedendo ad elevata velocità.

Da ultimo, le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno trattato la questione afferente agli effetti della pronuncia ex art.131-bis cod. pen., in relazione alla applicazione delle sanzioni amministrative accessorie; nel silenzio della normativa, il Supremo Collegio ha enucleato giuridicamente la virtuale autonomia delle sanzioni amministrative, ritenendole idonee a sopravvivere anche all"estinzione delle sanzioni penali: il fatto non è punibile e non vi è sentenza di condanna ma le sanzioni amministrative, previste dal Codice della Strada, restano assorbite nella sfera di competenza dell"amministrazione pubblica.

Nel caso di specie, tuttavia, nonostante il suddetto principio di diritto derivante dalla sentenza in epigrafe, le Sezioni Unite hanno dovuto concludere in senso opposto rigettando il ricorso e condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Gli ermellini sono giunti, con riferimento al caso sottoposto all"attenzione della Suprema Corte, ad una soluzione interpretativa diametralmente opposta, valutando un altro profilo del nuovo istituto, stavolta di carattere soggettivo, da identificarsi nella "non abitualità del comportamento" (i cosiddetti "seriali"). Dato che, incontrovertibilmente, rimette all"accertamento di una pluralità di reati commessi, da valutarsi non necessariamente in presenza di più sentenze irrevocabili di condanna, ma anche in relazione ad un medesimo procedimento che, però, riguardi reati della stessa indole, anche se tenui.

Nel caso de quo, ordunque, l"abitualità del comportamento illecito dell"imputato ricorrente esclude la facoltà di concedere la "particolare tenuità del fatto" atteso che, al di là della condanna, già intervenuta a suo carico, per guida senza patente, il predetto riporta, comunque, due condanne per illeciti previsti dal Codice della strada che vanno, senza alcun dubbio di sorta, ritenuti della stessa indole di quello oggetto del giudizio sottoposto alle Sezioni Unite della Suprema Corte.

Conclusivamente, pur rimarcando la concreta compatibilità tra il reato, previsto e punito ex art.186 Codice della Strada e il novum introdotto dall"art.131-bis cod. pen., le Sezioni Unite hanno ritenuto che, nel caso di specie, non vi fossero le condizioni, richieste dalla legge, per l"applicazione dell"istituto della lieve tenuità del fatto – esclusione della punibilità "essendo in presenza di un comportamento abituale, desunto dalla serialità dei reati".

 




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