-  Gasparre Annalisa  -  04/04/2016

STALKING: SE LA VITTIMA ASSECONDA IL MOLESTATORE… – Cass. pen. 9221/16 – A.G.

La vittima di stalking che non si opponga al comportamento del persecutore e anzi assecondi il comportamento molesto, inducendolo a persistere negli atteggiamenti minacciosi, impedisce che si configuri il reato, perché viene meno il requisito del pregiudizio soggettivo psicologico del turbamento.

La Suprema Corte ha affermato che "laddove il comportamento del soggetto passivo in qualche modo assecondi il comportamento del soggetto agente, viene meno il requisito indispensabile del mutamento radicale delle proprie abitudini e la situazione di ansia che segna in modo irreversibile la vita della vittima".

Nel caso in esame, il Tribunale, nel valutare il racconto della persona offesa "non ha potuto far a meno di verificare comportamenti per lo meno incongrui posti in essere dalla destinataria di tali minacce, consistiti nel proseguire i rapporti telefonici rispondendo al proprio interlocutore anziché prenderne le distanze; ovvero ancora nell"accettare quell"incontro "chiarificatore" nei propositi del P. , poi degenerato nella denunciata violenza sessuale. La valutazione operata dal Tribunale sul piano della consistenza indiziaria necessaria per la integrazione della fattispecie non appare dunque né manifestamente illogica, né contraddittoria ed è anche coerente con i rigidi parametri normativi per il corretto inquadramento della fattispecie".


Approfondimenti sul tema, Gasparre, Il reato di stalking tra profili teorici e applicazioni pratiche. Un viaggio tra procedure e diritto (Key Editore, 2015).

 






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