Diritto, procedura, esecuzione penale  -  Redazione P&D  -  02/11/2022

Rivolta contro il governo per la stretta sui raduni: "reato da stato di polizia"

Da Letta a Conte, da Erri De Luca a Amnesty: "Sanzioni contro la gioventù". Il Viminale precisa: "Non si lede il diritto di espressione". FI prova a evitare le intercettazioni: "Pene ridotte a 4 anni"

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Gli organizzatori dei rave party, e nei fatti anche i partecipanti, potranno essere intercettati. Meglio: potranno esserlo tutti coloro che invadono "terreni o edifici per raduni pericolosi per l'ordine pubblico o l'incolumità pubblica" in "un numero di persone superiore a cinquanta". Dunque, la norma non vale solo per chi balla da abusivo ma anche, potenzialmente, per chi occupa un edificio nel corso di una protesta. Purché ci siano almeno 50 persone e qualcuno stabilisca il "pericolo" della loro azione. E ancora: non solo potranno essere registrate le conversazioni, lette e utilizzate tutte le chat, ma basterà essere indagato (non condannato, non imputato) per subire confische e misure patrimoniali che il nostro ordinamento prevede a oggi soltanto per i reati di mafia.

 

La pubblicazione in Gazzetta ufficiale del decreto "anti rave" cancella ogni dubbio sulla natura del primo provvedimento del governo Meloni: come ieri aveva raccontato Repubblica, nonostante le forti perplessità di Forza Italia, il nuovo 434 bis ha mantenuto le pene fino a sei anni di reclusione. E, quindi, la possibilità delle forze di polizia e della magistratura di adottare il pugno durissimo nelle indagini.

"Un errore gravissimo. I rave non c'entrano: viene messa in discussione la libertà dei cittadini", attacca il segretario Pd, Enrico Letta. "Una norma da Stato di polizia, raccapricciante" dice il leader M5S Giuseppe Conte. La rivolta delle opposizioni non scompone, almeno ufficialmente il governo. Anche se nei fatti nessuno rivendica la paternità della norma. Tranne Matteo Salvini che quella paternità non ce l'ha: "Indietro non si torna - dice il vicepremier - le leggi finalmente si rispettano".

 

Il Viminale ha provato a spiegare e a tranquillizzare i tantissimi che temono che la nuova legge vada a colpire non soltanto chi organizza raduni danzanti ma anche chi occupa un'università, un centro sociale o magari manifesta in un luogo pubblico: "La norma - fa sapere il ministero - interessa una fattispecie tassativa che riguarda la condotta di invasione arbitraria di gruppi numerosi tali da configurare un pericolo per la salute e l'incolumità pubbliche" e quindi "non lede in alcun modo il diritto di espressione e la libertà". Una spiegazione che convince pochissimi.

 

L'allarme è diffuso tra intellettuali e artisti. "Questo decreto puzza", twitta Fiorella Mannoia. "Il punto non è vietare i rave, ma proporre alternative migliori ai giovani", afferma il cantante Morgan. "Atto primo scena prima - commenta lo scrittore Erri De Luca - pene da patibolo contro la gioventù". Amnesty Italia denuncia: "Si rischia l'applicazione ampia e arbitraria a scapito del diritto di protesta pacifica".

 

Anche al Viminale, così come in via Arenula - il ministro Carlo Nordio sembra a disagio - l'argomento in realtà è oggetto di dibattito. Perché è vero che il testo arriva da lontano: era stato predisposto dal ministro Luciana Lamorgese lo scorso anno, dopo un rave nel Viterbese. Ma è altrettanto vero che in un primo momento si era pensato a pene più leggere (sui 4 anni) anche perché un reato simile esiste: è il 633 secondo comma che punisce "chiunque invade terreni o fabbricati altrui" (pena di quattro anni se si è in più di cinque). Tra l'altro è già punita anche "l'invasione" con scopo di lucro, cosa che la nuova norma non fa: occupare per fare soldi per paradosso rischia di diventare un'attenuante.

 

Perciò è possibile che in sede di conversione del testo qualcosa di sostanziale cambi. La rivolta di ieri, anche del mondo della magistratura e dell'avvocatura, ha messo in grande difficoltà Nordio e il suo vice, Francesco Paolo Sisto. Ma più in generale Forza Italia, che con Antonio Tajani già in Consiglio dei ministri aveva espresso disagio, raccogliendo sembra anche l'approvazione della premier Giorgia Meloni. Un punto di mediazione potrebbe essere l'abbassamento della pena massima: arrivare a 4 anni, come già oggi prevede la legge, eliminando così le intercettazioni. Lasciando però la confisca e le misure patrimoniali a cui Piantedosi, da prefetto prima ancora che da ministro, tiene particolarmente.

 




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