-  Ferrara Eufemia  -  24/04/2012

RESPONSABILITA MEDICA: SUFFICIENTE LA PROBABILITA SCIENTIFICA - Cass. 6275/2012 - Eufemia Ferrara

La pronuncia della Suprema Corte (Cass. civ., sez. III, 20 aprile 2012, n. 6257, pres. Amatucci, rel. Carleo) pone nuovamente l"attenzione sulla condotta che il sanitario deve avere durante l"esecuzione della propria obbligazione.

In giurisprudenza è costante l"affermazione che nell"adempimento dell"obbligazione professionale il medico è tenuto alla diligenza qualificata secondo il paradigma dell"art. 1176, 2 comma, c.c. che si estrinseca nell"impiego di energie, di cognizioni specifiche e di mezzi necessari in rapporto al caso concreto e al tipo dell"attività esercitata per adempiere alla prestazione dovuta e dare soddisfazione al creditore.

L"attività medica presuppone la indispensabile conoscenza di regole tecniche per la esecuzione della prestazione richiesta.

Il concetto di normale diligenza deve essere inteso come diligenza esigibile dal professionista medio avuto riguardo alla natura e alla peculiarità dell"attività esercitata.

Secondo costante giurisprudenza, la diligenza del professionista medico può identificarsi con il possesso di quel bagaglio tecnico ovvero la conoscenza di tutti i rimedi che non siano ignoti alla scienza e alla pratica della medicina, essendo la loro ignoranza incompatibile con il grado di addestramento e di preparazione che la professione sanitaria richiede.

Non si può ritenere soddisfacente il riferimento al "buon padre di famiglia", mera fictio juris se rapportato al comportamento reale del debitore e alla possibilità che esso si realizzi in circostanze solo teoricamente identiche.

Come già evidenziato, nello svolgimento dell"attività professionale vale il criterio dell"art. 1176, 2 comma, c.c., in base al quale "la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell"attività esercitata". Né può farsi riferimento ad uno standard assoluto di diligenza, valido sempre e comunque, in quanto essa si pone in funzione di variabili formali e sostanziali che attengono a qualità soggettive, alle tipologie di condotta e di contratto e all"entità del rischio prevedibile e realizzatosi.

Il sanitario coinvolto in questa vicenda non aveva eseguito tutti gli accertamenti necessari su un paziente che aveva mostrato sintomi precisi di ictus.

Il paziente, infatti, aveva denunciato dei sintomi dettagliati e specifici che contenevano elementi di allarme sia per patologie riferite dal paziente (ipertensione) sia per i sintomi che lo stesso aveva lamentato (sensazioni di difficoltà motorie ad uno degli arti superiori).

Pertanto, costituiva dovere prudenziale del medico prescrivere tutti gli esami specialistici utili al fine di escludere, con adeguato margine di certezza, che il paziente potesse essere vittima di ictus.

Al contrario, il sanitario si limitò ad una generica visita neurologica e ad altri esami di routine pervenendo alla conclusione che il tutto fosse originato da un "lieve stato ipertensivo" e rimandando il paziente a casa in un contesto in cui era chiaro che lo stesso dovesse considerarsi "ad alto rischio di ictus".

Dunque, nel caso di specie, la colpa del sanitario è ravvisabile per l"inosservanza di ogni elementare regola di prudenza professionale.

La Suprema Corte, al riguardo, ha, secondo il consolidato l"orientamento osservato che "in tema di responsabilità civile, per l"accertamento del nesso causale tra condotta illecita ed evento di danno non è necessaria la dimostrazione di un rapporto di consequenzialità necessaria tra la prima ed il secondo, ma è sufficiente la sussistenza di un rapporto di mera probabilità scientifica. Ne consegue che il nesso causale può essere ritenuto sussistente non solo quando il danno possa ritenersi conseguenza inevitabile della condotta, ma anche quando ne sia altamente probabile e verosimile"

(Cass. n. 975/2009).

Oltre alla perizia, il professionista medico è tenuto all"osservanza delle regole di prudenza, da intendersi come conoscenza ed attuazione delle regole proprie della professione che rendono possibile una adeguata valutazione del rapporto rischio/beneficio per il paziente a seguito del trattamento sanitario.

La diligenza in ambito sanitario impone, dunque, un atteggiamento di cura e di prudenza imposto dall"art. 1176 c.c. che nel caso di specie, è stata palesemente violata dal sanitario, il quale non ha osservato le più elementari regole di prudenza professionali.




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