-  Gobbi Cristiano  -  24/06/2011

RAPPORTO TRA PROCESSO TRIBUTARIO E PROCESSO CIVILE - Cristiano GOBBI

Con la legge 30 dicembre 1991, n. 413, il Legislatore, sulla base della precedente esperienza, delegava il Governo all’emanazione di decreti legislativi recanti disposizioni per la revisione della disciplina e l’organizzazione del contenzioso tributario, disponendo all’art. 30 lett. g) l’«adeguamento delle norme del processo tributario a quelle del processo civile».

L’art. 1, 2° co., del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, nell'attuazione del criterio indicato, ha provveduto a stabilire che i giudici tributari applicano le «norme del presente decreto e, per quanto da esse non disposto e con esse compatibili, le norme del codice di procedura civile».
Si è operata così un’ulteriore chiarificazione, non scevra di conseguenze operative, considerando che il tenore letterale dell’articolo surriferito non fa altro che configurare un rinvio generale alla materia processual-civilistica.

La norma fa salva e ribadisce, l'alterità del contenzioso tributario: l’applicazione delle regole del processo civile è possibile nella misura della loro compatibilità con la materia de qua (Corte cost., 12.3.1998, n. 53).

Va però notato che il processo tributario, rispetto a quello civile ed amministrativo, conserva una sua spiccata specificità, correlata sia alla configurazione dell’organo decidente sia al rapporto sostanziale oggetto del giudizio. Rapporto che attiene alla fondamentale ed imprescindibile esigenza dello Stato di reperire i mezzi per l’esercizio delle sue funzioni attraverso l’attività dell’Amministrazione finanziaria, la quale ha il potere-dovere di provvedere, con atti autoritativi, all’accertamento ed alla pronta riscossione dei tributi.

La Corte costituzionale, sul punto, così si è espressa: "Stante la piena autonomia dei sistemi processuali messi a confronto, che si presentano in sé compiuti e riguardano liti in materie non omogenee, la non simmetrica costruzione delle relative singole norme non è dunque idonea a produrre il prospettato vulnus al principio di uguaglianza".

Non vi può quindi essere un’applicazione generalizzata, appena si dovesse configurare una lacuna, rendendosi necessaria un’applicazione condizionata alla specialità ed autonomia dell’oggetto della normativa tributaria, solo in via sussidiaria e se vi è compatibilità tra norme, trova applicazione il Codice di rito.
In questo senso è scorretto pensare ad una assimilazione del processo tributario al processo civile.
Proprio perchè (Glendi 2007, 3067 ss.; Fregni 1998, 36; Bafile 1994, 4) non vi omogeneità tra i due processi la norma processuale civile trova applicazione laddove compatibile.

In merito al giudizio di compatibilità si rende necessaria, in prima battuta, la verifica della situazione processuale, di poi l'individuazione della norma di rito civile idonea a regolare la situazione processuale. Una volta riscontrata l'esistenza della norma processuale occorre accertare se la norma richiamata riguarda una fattispecie avente le caratteristiche di quella de qua.

L'incompatibilità non si configura soltanto laddove vi sia un contrasto assoluto ma anche relativo, quando tra le fattispecie astratte sussista una discrasia anche limitata ma ciò non ostante tale da comportare una disarmonia che non può ritenersi autorizzata.

Val quanto dire che il giudizio di compatibilità si risolve nel riconoscimento del loro simultaneo impiego in termini corrispondenti alla funzione propria di ciascuna di esse.

Nell'analisi del comma non può essere sottaciuta la rilevanza del rinvio di cui all’art. 1, co. 2, che si presenta pur sempre quale rinvio formale.

La normativa processuale tributaria contiene richiami diretti allo stesso codice di procedura civile. Accanto cioè al rinvio generale, la normativa presenta continui richiami espressi all’articolato processual-civilistico.

Il rinvio specifico presenta una propria ratio che si impone direttamente nell’applicazione della norma che la prevede e che, in nessun modo rende superfluo il rinvio generale.

Solo infatti mediante lo strumento del rinvio diretto, si sono potute eliminare a priori quelle controversie che, in costanza della disciplina previdente, si erano venute a creare in punto applicabilità delle singole norme del codice di rito civile.

Le norme richiamate, innestandosi nel corpo del processo tributario, entrano direttamente nell’applicazione della norma tributaria quale fonte primaria, mentre il rinvio generale invece, soccorre nella misura in cui si presenti una lacuna e quindi nella fase finale del processo interpretativo, configurando le norme compatibili quali norme residuali.

Soltanto a fronte di una lacuna non colmabile con le norme positive e con quelle direttamente richiamata, è possibile fare ricorso al rinvio generale di cui al secondo comma dell'art. 1.



















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