-  Mottola Maria Rita  -  23/04/2016

Quo vado? A Pietramezzana, ovviamente – Maria Rita Mottola

Due film a confronto, entrambi trattano di lavoro, l'uno pieno di luoghi comuni, l'altro un remake ma nel quale vincono le cose vere. Indovinate qual è?

Tristemente 'quo vado? ' fa ridere, tristemente. Questa figura di pessimo impiegato dello Stato senza morale, senza dignità, pronto ad accettare qualsiasi destinazione pur di non perdere il posto fisso. Primo luogo comune, che, tra l'altro, mi offende personalmente. (Mio padre fu per tutta la vita lavorativa servitore dello Stato, impiegato integerrimo e onesto, le sue qualità riconosciute da tutti coloro che avevano occasione di incontrarlo per motivi di servizio sino al momento della pensione).

Lei, fa una professione non usuale, statistiche sui grandi mammiferi, ovunque va stringe una relazione e partorisce un figlio, tre figli che vivono nella stessa casa nel civile nord Europa. Secondo luogo comune. Chi accudisce i figli quando lei va in giro per i ghiacci? E chi lo sa. Anche perché da oggi in poi l'ultimo padre, che gira per casa nudo, (è la stagione calda nel profondo Nord) se ne andrà da casa, si sposa. Con chi? Ma con un uomo, ovviamente. Terzo luogo comune. Lei si innamora e lo segue, il fedifrago impiegato statale, nel profondo sud italiano. Nel nulla insomma. Quarto e quinto luogo comune perché ovviamente c'è anche il sindaco corrotto e la mafia, e come potrebbe mancare? Tutto finisce malamente, e come potrebbe del resto andar bene un'impresa in Italia? Sesto luogo comune. Si lasciano e lei fa in Africa. Telefonata per annunciare che sta nascendo il loro figlio. E lui parte e affronta pericoli e foresta nera, con tanto di capo villaggio, un po' stregone. Settimo luogo comune. Ma trattandosi di luoghi comuni e non delle piaghe d'Egitto, purtroppo ci aspetta altro. Finalmente lui liberato dal 'peccato' del suo egoistico posto fisso la raggiunge e decide di rimanere in Africa dove potrà realizzarsi, utilizzando i soldi del Ministero concessi per 'togliersi dai piedi' e ridurre i costi del personale e della famigerata spesa pubblica. E così vi potete gustare l'ottavo e il nono luogo comune. L'unica persona realistica? La manager cattivissima incaricata di far fuori gli impiegati a suon di assegni, vera sino a quando, anche lei commossa, lascia un assegno per l'ospedale per i poveri locali. E così raggiungiamo il decimo luogo comune, i dirigenti con lauti stipendi e schiavi del potere che improvvisamente diventano generosi, ma quando mai ...

E allora suggeriamo a Checco di non andare in Africa ma di restare in Italia (è forse meno dignitoso gestire una stazione termale che raccogliere sperma di orsi polari e elefanti?)  perché qui ci sono le persone vere, quelle che magari usano qualche sotterfugio, che cercano di imbrogliare il milanese vuoto e insulso, che poi scopre la mediocrità della sua vita e ha il coraggio di cambiarla.  I protagonisti si pentono, si ricredono e non si scusano sino in fondo perché loro hanno ragione da vendere, il lavoro l'hanno perso non per colpa loro, come vogliono tutti farci credere (questo è uno dei tanti luoghi comuni) o perché gli impiegati statali se lo sono portato via (pure questo è un l.c.) ma perché una mostruosa e assurda costruzione europea sta cercando di violare tutte le regole dell'economia, della logica, e dell'umanità (la Costituzione ormai ce la siamo persa e forse per sempre). Bravissimi gli attori che costruiscono una piacevole pièce, perché mai dovremmo ritenerla vuota retorica? Noi ai sentimenti ci crediamo ancora, noi siamo convinti che la speranza non deve morire mai, e neppure la dignità.  Ci aspettano tutti a Pietramezzana per ricominciare una storia, interrotta bruscamente e violentemente 15 o forse 150 anni fa.





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