Circa le ombre di carattere mentale, e gli individui che ne soffrono, può osservarsi allora:

a - Restano sempre operativi, anche rispetto al corona virus, i dettami correnti sullo stato di necessità; non occorrerà alcun consenso, rispetto a un paziente non lucido, per gli atti da effettuarsi in via di urgenza, pena la vita del paziente (ad es. ossigenazione forzata, di un malato di corona virus): direttamente o indirettamente il medico che provveda nei termini descritti ha la veste, se non proprio di un amministratore di sostegno, quantomeno di un negotiorum gestor sanitario. 

b - Al di là dei dati catastali - sentenze incapacitanti, etichette d’archivio, suggestioni esercitate dai manuali psichiatrici - il criterio da affermare è che l’interessato, quand’anche mentalmente diverso dagli altri, non avrà bisogno che di se stesso, pur sul terreno del Corona Virus, per esprimere un valido consenso alla vaccinazione (nonché ai residui interventi di protocollo).

Per ciò che attiene all’istruttoria allora: quelle da rivolgere allo psichiatra o allo psicologo – laddove appaia opportuna una consulenza, circa il grado di lucidità dell’interessato - saranno richieste non già accademiche, bensì di taglio prettamente funzionale.

A beneficio del giudice, più che una precisazione in merito alla casella cui quei deficit sarebbero riconducibili, sul piano manualistico, servirà un chiarimento fattuale: circa il tasso di consapevolezza che l’interessato manifesta di fatto, hic et nunc, rispetto ai pericoli del corona virus e alle possibilità di immunizzazione del vaccino.

Il poter fare insomma, il riuscire a immaginare - più che il non sapere o il non vedere.

Qualche riga accademica magari, nella perizia, sui guasti cui i portatori di quella sindrome vanno incontro abitualmente; il resto esclusivamente dedicato ai segmenti emotivo/progettuali, correnti fra l’interessato e il negozio in atto, con il riquadro specifico delle luci e delle ombre.