Amministrazione di sostegno  -  Redazione P&D  -  11/06/2022

Progetto di modifica del diritto delle persone fragili, rilievi tecnici - P.C.

4.

Si registrano ancora, presso alcuni giudici nostrani, sacche di ostinata resistenza, allorquando specie l'interdizione viene inspiegabilmente prospettata come misura ‘’più tutelante’’.

L'espressione che spesso si incontra (nelle pur rare) sentenze de genere è in particolare la seguente: "l'interdizione offre una tutela piena”, oppure “si rende necessario un riferimento costante per le scelte da compiersi" et similia.

A siffatte argomentazioni vengono aggiunte motivazioni legate all'idea che la disciplina dell'AdS non consentirebbe, come tale, il raggiungimento di determinati obiettivi; così soprattutto, si accampa, quanto alla scelta (inevitabile) del luogo di vita e alle decisioni di cura della persona. La frase spesso utilizzata in proposito è del tipo: "La tutela appare l'unico strumento che legittimi una collocazione protratta ovvero una sostituzione al paziente nel consenso a terapie e trattamenti sanitari e chirurgici".

Niente di più lontano – va subito osservato – dalla realtà del sistema italiano; e ciò sotto il profilo sia qualitativo sia quantitativo.

L’ambito dei poteri assegnabili all’amministratore ex l. 6/2004 si atteggia invero, nel codice civile, come una ‘’sorta di fisarmonica’’; qualcosa che il Giudice potrà restringere o allargare secondo le necessità del caso singolo, fronteggiando coi suoi decreti – ecco il punto - anche le patologie psichiatriche più gravi, o le forme di demenza più serie (così ripetutamente la nostra Cassazione).

Sorprende davvero come certe invocazioni di tipo nostalgico (“Ti pietrifico per il tuo bene”) non siano venute meno neppure dopo il varo della legge n. 219/2017, sul consenso informato: un testo che, nel IV comma dell'art. 3, fa pur riferimento in modo esplicito all'amministratore di sostegno, prevedendo che sarà proprio l’AdS, dotato dal GT di poteri di assistenza o rappresentanza, ad esprimere/rifiutare quel consenso (tenuto conto della volontà del beneficiario).

E lo stesso vale per quanto concerne il d.l. 5 gennaio 2021, n.1, sulle vaccinazioni da Covid virus.

Attualmente – aggiungiamo - i dati statistici offrono un quadro non uniforme nel nostro paese: mostrando (a) territori in cui le vecchie misure incapacitanti appaiono di fatto dimenticate, nella prassi, con totale disapplicazione; e (b) altri territori in cui il ricorso a interdizione e inabilitazione viene visto, invece, come scelta ancora appropriata.

Una tale situazione a “macchia di leopardo” appare quanto mai incongrua: il rischio di subire, tutt’oggi, l'interdizione giudiziale verrà a dipendere dal mero capriccio geografico, ossia dal luogo in cui l’interessato si trova a vivere

 

 




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