Il Giudice Tutelare potrà (ben continuare a) prevedere nei suoi decreti, riguardo al beneficiario dell’amministrazione di sostegno, impedimenti o limitazioni alla facoltà di compiere atti di natura personale, allorquando ciò corrisponda al bene dell'interessato.
Con la presente riforma tale possibilità, già contemplata nell'ultimo comma dell’art. 411 c.c. vigente, viene mantenuta a livello testuale e affidata al raggio disciplinare dell’art. 409, secondo comma.
Una volta abrogata l’interdizione scompariranno dal codice, in effetti, gli ‘’impedimenti personali automatici’’ (stabiliti per gli interdetti), quali ad esempio il divieto di sposarsi, di riconoscere un figlio, di fare testamento o donazione.
Al tempo stesso - trattandosi di un rimando a restrizioni previste per l’interdetto (proprio quelle destinate a scomparire) - non sarebbe più possibile, per il Giudice, far leva sullo strumento dell’art. 411 cult. co. c.c.
La sede di riferimento - per una disposizione elevata a ‘’primaria’’, quale rango precettivo - diventa necessariamente l’art. 409 c.c.
Dovranno sussistere gravi motivi beninteso.
Nulla cambia in sostanza. Viene soltanto esplicitata, di fatto, una possibilità già presente nell'ampia dizione del primo comma dell'art. 409.