-  Valeria Cianciolo  -  28/03/2016

Procreazione e diritto: che direbbe B. Brecht? – Valeria Cianciolo

 Che rapporto c"è tra la procreazione e il diritto? Tema, attualissimo e moderno.

«Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?» (Mc 3; 33) dice Gesù che pare proponesse un"idea del tutto nuova dei rapporti familiari.  E la riflessione può proseguire.

Nel 1977 ad un giornalista che gli chiedeva perché realizzare uno spettacolo per bambini, il grande Giorgio Strehler così rispondeva: «Per riempire un vuoto. Un vuoto che non è soltanto della città in cui il Piccolo Teatro opera, ma nazionale. Credo che il nostro sia uno dei Paesi che meno si preoccupano dei bambini, e che quando se ne occupano, lo fanno nei modi più errati, più paternalistici, più stupidi. Non esiste, in verità, un teatro per l'infanzia fatto sistematicamente, con amore, con attenzione».

E" vero. In Italia l"infanzia viene tutelata nei modi più sbagliati.

L"occasione per il regista per dire queste parole era data dall"allestimento di una piéce teatrale di B. Brecht Il Cerchio di gesso del Caucaso, opera teatrale poco conosciuta, ma forse, pertinente per fare qualche riflessione su quello che sta accadendo intorno al tema della step child adoption.

Si narra di un bambino di nobile nascita, abbandonato dalla madre e raccolto da una serva, Gruša, che lo alleva sfidando grossi sacrifici e rischi. Diversi anni dopo, la donna che l"ha partorito ritorna reclamando la restituzione del  figlio.

Il caso viene sottoposto ad un giudice, personaggio alquanto singolare: corrotto, alcolizzato, indegno della funzione che ricopre. Accorgendosi di non avere soluzione al problema, fa disegnare a terra un cerchio con un gesso disponendo che il bambino venisse posto nel mezzo. Alla ricorrente e all"imputata il compito di tirare ciascuna un braccio del piccolo: «La vera madre avrà la forza di tirare il bambino fuori dal cerchio, verso di sé». Ma Gruša non tira, anzi non fa una mossa. Non solo: si prostra davanti al giudice, chiede perdono e propone una soluzione compromissoria: «Se potessi tenerlo finché sappia dire tutte le parole! Adesso ne sa solo qualcuna». Non male, per una plebea.

E il giudice: «Scommetto che tu non ne sai più di venti». E, sordo alla sua supplica, fa ripetere la prova. Ma anche questa volta la donna lascia andare il bambino: «L"ho allevato! Devo farlo a pezzi? Non posso!». Al che il giudice conclude: «E in tal modo questa Corte ha chiarito qual è la vera madre».

Affida senza esitazioni il bambino a Gruša, spingendola a lasciare la città nel timore che possa subire ritorsioni, e ordina anche all"altra di andarsene, prima che la condanni «per frode».

Chi stabilisce chi sono i genitori? La natura o il diritto? Che cosa ci vuole per essere genitori? Non so che cosa risponderebbe Brecht, ma quel giudice, ben aldilà delle apparenze, rappresenta in modo efficace il funzionamento stesso del diritto: «Questa Corte ha esaminato il vostro caso e non è riuscita a stabilire con certezza quale sia la vera madre di questo bambino…Nella mia veste di giudice, sono obbligato a trovare una madre per lui».

Vera madre è colei la cui condotta permette e favorisce il bene del bambino.

Nel caso in esame, la sopravvivenza stessa.

Il resto non conta.




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