-  Tornesello Giulia  -  30/10/2014

POLIGENERE COMPLESSO: L'ORA DI TUTTI - Giulia Tornesello

POLIGENERE COMPLESSO: L"ORA DI TUTTI Giulia TORNESELLO

"ricordo benissimo stavo giusto per […] e d"un tratto vidi la cosa (pag.20) "quell"urlo […] aveva l"aria d"un"altra cosa […] di una cosa tremenda[…]Così la morte era salita sulle mura"(pp.39-40, "L"Ora di Tutti" – Maria Corti )

Lo ripeteremo nel corso di questo breve scritto di violenze in nome di una religione: questo intrico nel quale tutti siamo chiamati, coinvolti, questo orrore estraneo da esorcizzare non è compito soltanto dei docenti stimabilissimi di Storia delle Religioni.

MA:

"il nucleo dell"essere che comincia ad esistere o evento risolutivo del valore umano e il suo momento"( Oreste Macrì Introduzione a L"ora di Tutti di Maria Corti)

Intanto va ricordato che l"autenticità dei fatti non intacca la fede quale umana dignità.

"Amici tenete duro" gridò Mastro Natale siamo uomini d"onore" ( L"Ora di tutti di Maria Corti pag.308)

E, prosegue Oreste Macrì nella sua critica introduzione magistrale all"opera della Corti:

"…in che si spiega il titolo del libro: l"Ora del testimone, qui fatta propria alla fine dell"iter verso la morte e altra vita, il nucleo dell"essere che comincia ad esistere o evento risolutivo del valore umano e il suo momento, come l" apparizione della flotta turca alla vista del pescatore: "ricordo benissimo stavo giusto per[…] e d"un tratto vidi la cosa (pag.20) "quell"urlo […] aveva l"aria d"un"altra cosa[…] di una cosa tremenda[…]Così la morte era salita sulle mura"(pp.39-40).

Due vocaboli significativi tornano di frequente: la "cosa" e l"avverbio di tempo "In quella"".

E c"è ancora un punto fermo da annotare per noi in cerca annaspando; lo troviamo estrapolandolo dallo scritto seminale di Oreste Macrì:

"Il poligenere complesso si è attuato solo una volta ( nelle opere di Maria Corti n.d.r.) - mutuo dono fra la terra madre e l"ospite graziata : dramma, epica, lirica. L"ora di tutti sortì nel 62, diciamo, senza preavviso…"

"potremmo ricostruirlo estraendo il puro martirio otrantino col suo avversario il turco dai cinque racconti dei morti narratori e rievocatori…escludendo l" "Idrusa" da ridurre alle ultime righe […]il turco l"assale e lei si pugnala è l"unica femmina rispetto ai quattro maschi […] Idrusa astorica ed estranea, compreso lo stupro legato al consenso e non propriamente al martirio. Penso che dovette intervenire un moto intimo di liberazione sociale, giuridica e di costume, identificato il femminile quale espressione di natura e verità; antecedente della "seduzione" fra gli archetipi per naturale simbolizzazione" (ancora Oreste Macrì introduzione a L"Ora di tutti di Maria Corti cit.)



In controtendenza allora e per le donne, scegliamo di nominare non soltanto il valore del principio della "responsabilità della vita", nominiamo il conseguente dovere di vigilanza sociale impegnandoci (e parlandone) in tutt"altro tono e su tutt"altro versante rispetto ai media, alla informazione giornalistica, all"informazione in generale. E cioè non assecondando la tendenza attuale alla "drammatizzazione" ed alla evocazione di "fantasmi" certo più intriganti del resoconto degli eventi attuali nudi e crudi. Persino il riconoscere nella drammatica attuale cronaca quotidiana, che insanguina e tortura le donne nei paesi di religione musulmana, sciagurati semi del passato (il che potrebbe avere certo una sua importanza, se scientificamente motivato) non deve prevalere sulla informazione relativa a fatti ed eventi precisi e positivi che restano a tutt"oggi incomprensibili alla gran parte dei comuni cittadini. I più seguiranno la corrente sfuggendo ad approfondimenti magari paventati come astrusi o "noiosi". A ben vedere, dietro parole commosse ma leggere, la concreta realtà di una delega: roba per Professori di Storia delle Religioni detentori del sapere nella materia. Che se detto limpido, chiaro e tondo, sarebbe non una semplice ammissione di impotenza ma quantomeno un atto di doverosa relativizzazione del sé narrante. Un bisogno insoddisfatto che urge.



Assai più carica di insidie per chi legge la personalizzazione dell"autore nel trattare la materia, poi. Che può consentire di usare ogni mezzo ritenuto utile ad accattivarsi il lettore: l"ironia la leggerezza, persino il colpo di teatro "ridens" nel "clou dell"Horror". A questo alcuni lettori potrebbero essere avvezzi. Alla maniera, però, di chi deponga un libro o si svegli da un sogno questo coup de théâtre (che si "gira" in nuda realtà e non in 3D) potrebbe provocare in altri lettori "un bizzarro disappunto". (E. Bloch) Vorrei proporre a chi scrive di questi accadimenti di fare molta attenzione al "colpo di teatro". Costituito dalla entrata in scena inaspettata (scena del dato di realtà e del dolore orrore che vi si accompagna) non come nato da una "caduta nell"ora, nel presente" ma dall"introduzione "di un"ironia nella realtà". L"apertura che ne viene a noi, lettori o ascoltatori, è una apertura alla "finzionalità", un supplemento di finzione nella nostra esperienza dell""ora" (così P.A. Rovatti). Di qui lo straniamento, lo spaesamento che ce ne deriva sul quale con Rovatti concordo pienamente. E vorrei riuscire a rendere questo discorso (che ancora per troppo pochi è interessante, fondamentale) fruibile da tutti. Perché lo spaesamento, la perdita di orientamento oggi, è di tutti. (g.t.)

NOTE A MARGINE

L"Ora di Tutti di Maria Corti è un libro inconsueto nella narrazione dell"impresa turco otrantina, affidata al racconto di cinque otrantini, quattro uomini ed una donna "ricordo benissimo stavo giusto per[…] e d"un tratto vidi la cosa( pag.20) "quell"urlo […]aveva l"aria d"un"altra cosa[…] di una cosa tremenda[…]Così la morte era salita sulle mura"(pp.39-40).( L"Ora di Tutti – Maria Corti )

Estraendo dall"insieme il puro martirio otrantino ed il combattimento sulle mura con l"avversario turco, vivono nel racconto uomini, pescatori e contadini, Eroi e Martiri. Ma, narratori della loro vita e della loro morte guardando alla loro Otranto, bella come Idrusa, costruiscono Otranto con parola carne femminile ( L"ora di tutti pag.58), non metafora ma realtà sui generis (così Oreste Macrì cit.) e poi dramma, epica, lirica. Ti entra nel cuore come gli oleandri lungo la salita al Colle della Minerva. Per sempre.

Oreste MACRI"

Al grande semplice e appassionato salentino Oreste Macrì dobbiamo il coraggio di misurarci con un breve commento a "L"Ora di Tutti" di Maria CORTI che ripropone oggi la fatica di accostarsi alla narrazione di fatti storici complessi nella sostanza e nella forma attraverso la quale ci vengono "restituiti", aiutandoci tenendoci per mano, direi:



[…Il poligenere complesso si è attuato solo una volta ( nelle opere di Maria Corti n.d.r.) - mutuo dono fra la terra madre e l"ospite graziata : dramma, epica, lirica. L"ora di tutti sortì nel 62, diciamo, senza preavviso… [… così supra]

  • MACRÍ, Oreste. Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 67, Treccani 2007

di Anna Dolfi

MACRÍ, Oreste. - Nacque a Maglie, nel Salento, il 10 febbr. 1913. Brillante allievo del ginnasio-liceo Capece della sua città, si iscrisse a Roma alla facoltà di lettere per seguire i corsi di filosofia, ma si trasferì l'anno seguente a Firenze.

Qui, accanto a maestri quali M. Casella, L.F. Benedetto, L. Limentani, G. Pasquali conobbe, a partire dal novembre 1931 (tra trattorie, aule universitarie, caffè, camere in affitto), critici, poeti o narratori che sarebbero stati insieme con lui i protagonisti della stagione dell'ermetismo (tra gli altri: S. Baldi, C. Bo, L. Traverso; P. Bigongiari, A. Gatto, M. Luzi, A. Parronchi; R. Bilenchi, A. Bonsanti, T. Landolfi, V. Pratolini).

Laureatosi in filosofia nel 1934, relatore E.P. Lamanna, con una tesi sulla poetica di G. Vico (cfr. Poesia e mito nella filosofia di G. Vico, in Arch. di storia della filosofia italiana, VI [1937], pp. 258-282), cominciò a insegnare nelle scuole (Scuole pie fiorentine), ma, nel 1938, fu costretto ad abbandonare Firenze e il gruppo di amici letterati del caffè S. Marco (riunitisi, dal 1936, al gruppo delle Giubbe rosse con E. Montale, A. Loria, C.E. Gadda, S. Timpanaro, G. Contini) avendo ottenuto una cattedra nella sua vecchia scuola di Maglie (di quel periodo difficile gli rimasero fondamentali amicizie: in particolare quella con V. Bodini e con tutta l'intelligencija artistico-letteraria salentina). Da Maglie, come professore di scuola media, si spostò a Parma, dove nel decennio 1942-52 partecipò, con straordinaria e produttiva passione, alla vita intellettuale, artistica, letteraria, politica della città (tra gli amici A. Bertolucci, C. Mattioli), avviando, con l'editore Guanda, un'infaticabile attività di traduttore della letteratura e della poesia spagnola moderna. Lontano dalla sua terra, ne avviò una affettiva e ironica mitizzazione, mentre, dopo un periodo passato ad Arezzo (dove fu preside) si trasferì a Firenze (insieme con la moglie, Albertina Baldo, sposata nel settembre 1942) come incaricato, poi ordinario, di lingua e letteratura spagnola all'Università dove insegnò dal 1952 al 1983, proseguendo in quella città la sua attività di critico militante e studioso.

Il M. morì a Firenze il 14 febbr. 1998.

 




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