Le comunicazioni processuali fatte per posta elettronica devono essere riscontrate dalla parte destinataria con la conferama di avvenuta ricezione a pena di nullità.
Questo il problema sotteso al caso preso in considerazione. Si tratta della notifica da parte del tribunale di Prato di un'Ordinanza resa fuori udienza in cui si comunica alle parti la decisione del Giudice e la data della nuova udienza. Da sottolineare che la vicenda attiene alla fase del PCT (Processo Civile Telematico) in cui non vi era ancora l'obbligo di adottare i biglietti di cancelleria con PEC.
La Cassazione (Cassazione, Seconda sezione civile, sentenza 6635/12, depositata il 30 aprile) giudica un caso che riguarda il periodo tra il 2005 (legge 263, che aggiungeva la possibilità di eseguire le comunicazioni con fax e posta elettronica) e il 2011 (la legge 183 del 12 novembre – "Stabilità" - che obbliga i professionisti a dotarsi di indirizzo dedicato di Pec comunicandolo all'Ordine).
Si tratta come anticipato di un'ordinanza fuori udienza emessa dal Tribunale di Prato nel dicembre del 2007 nell'ambito di una controversia su una compravendita immobiliare; l'atto, stando al ricorso poi accolto, era stato oggetto di trasmissione via posta elettronica tra i difensori, ma senza autorizzazione all'uso della modalità elettronica da parte del destinatario, inviato inoltre a un indirizzo mail non più attivo e, soprattutto, mai arrivato a destinazione e quindi privo di ogni riscontro di ricezione.
Gli Ermellini anche sulla scorta di una lunga serie di precedenti uniformi (dalla sentenza 8002/09 a ritroso fino alla 1690/1982) hanno stabilito che lo scopo della comunicazione delle ordinanze fuori udienza è di «rendere edotte le parti del provvedimento del giudice e della data della nuova udienza fissata» e «costituisce un requisito formale indispensabile perchè il provvedimento stesso raggiunga il suo scopo».
La mancata comunicazione al procuratore costituito di una delle parti è pertanto causa di nullità dell'ordinanza stessa (articolo 156 del codice di procedura) e soprattutto della nullità conseguente degli atti successivi del processo (articolo 159 del cpc), nullità che pertanto travolge anche la sentenza eventualmente pronunciata nel frattempo.
In sostanza, secondo la Corte, la mancata comunicazione elettronica nei termini di efficacia richiesti dal codice e dalla giurisprudenza determina un'insanabile violazione del principio del contraddittorio.
Gli Ermellini si soffermano altresì sulle modalità del riscontro del destinatario: non basta ottenere una qualsiasi risposta, ma questa deve pervenire al mittente in una forma che non sia un "replay" automatico, e la parte nel cui interesse è fatta la comunicazione dovrà anche avere la cura di stampare e conservare la risposta "consapevole" del destinatario.
Originariamente l'articolo 136 del codice di procedura prevedeva che le comunicazioni dovevano essere eseguite con il biglietto di cancelleria. Il decreto legge 35 del 14 marzo 2005, convertito nella legge 80/2005, aveva aggiunto la possibilità del telefax o posta elettronica. Il Dl 138/2011 (convertito nella legge n. 148) aveva disposto per le notifiche dei biglietti di cancelleria che fax e mail diventavano obbligatori nei confronti delle parti, cancellando l'alternativa della notifica con ufficiale giudiziario.
La legge di stabilità del novembre 2011 ha riordinato la disciplina obbligando gli avvocati a dotarsi di un indirizzo Pec da comunicare al proprio Ordine, indirizzo da indicare negli atti processuali per le comunicazioni.