-  Redazione P&D  -  14/07/2014

P.A. E FERIE NEL PUBBLICO IMPIEGO PRIVATIZZATO - Alessandro AMAOLO

In via preliminare, lo scrivente ritiene di poter osservare che la legislazione del lavoro ha solitamente un carattere imperativo ed inderogabile al fine di tutelare il lavoratore dipendente poiché egli è il soggetto debole nella relazione contrattuale ed è, altresì, una figura esponenziale di una classe o categoria sociale ed economica subalterna e sottoprotetta.

In questo specifico contesto, l"articolo 36, comma 3°, Costituzione, stabilisce che "il lavoratore ha diritto a ferie annuali retribuite e non può rinunziarvi"; le ferie consistono nella sospensione, per un congruo periodo di tempo, della prestazione lavorativa, senza interruzione degli altri effetti giuridici del rapporto di lavoro.

Lo scrivente osserva come le ferie consistano in un cd. riposo prolungato che consente al lavoratore di recuperare le sue energie psicofisiche usurate e logorate dal servizio, nonché di partecipare alla vita di relazione familiare e sociale e di consentire il soddisfacimento delle esigenze ricreative e culturali.

Tanto premesso, ritengo che il datore di lavoro (la pubblica amministrazione) non può unilateralmente, forzatamente e coattivamente decidere, prestabilire il periodo di ferie estive per il lavoratore in quanto ciò mal si concilia con le esigenze di vita e familiari dei dipendenti. In sintesi, si tratta di un atto amministrativo viziato da un cattivo uso del potere discrezionale e, di conseguenza, annullabile in quanto adottato con eccesso di potere da parte della pubblica amministrazione.

Peraltro, il lavoratore ha il diritto irrinunciabile a ferie annuali retribuite. Si osserva, nuovamente, che il diritto alle ferie soddisfa le esigenze psicofisiche fondamentali del lavoratore, consentendo di partecipare più incisivamente nella vita di relazione, familiare e sociale, tutelando il suo diritto alla salute, nell'interesse dello stesso datore di lavoro. Tuttavia il datore di lavoro, in materia di ferie, deve realizzare un equo contemperamento tra le esigenze generali del buon andamento della pubblica amministrazione e gli interessi del prestatore di lavoro. Nell"ipotesi di ferie imposte coattivamente ed unilateralmente nel periodo prestabilito dal datore di lavoro non si realizza il cd. equo contemperamento e ciò contrasta con il vigente ordinamento giuridico che riconosce dei confronti del dipendente della p.a. un certo favor lavoratoris.

Tuttavia, nella sola ipotesi in cui il lavoratore intenda procrastinare il momento di godimento delle proprie ferie in epoca di molto successiva a quella dell"anno di riferimento, la pubblica amministrazione ha il diritto – dovere di adottare provvedimenti forzosi per collocare in ferie i propri dipendenti. In dettaglio, in questa specifica ipotesi i provvedimenti adottati dalle pubbliche amministrazioni sono pienamente legittimi ed efficaci, tanto che sono idonei a perseguire l"interesse al buon andamento della p.a.

Lo scrivente ritiene che i lavoratori della pubblica amministrazione, privi di qualifica dirigenziale, possono attribuirsi le ferie senza ingerenze del datore di lavoro con riguardo al periodo da scegliere.

La normativa in tema di ferie si riscontra oltre che nel codice civile (art. 2109 c.c.) anche nel Decreto Legislativo 8 aprile 2003, n. 66 - "Attuazione delle direttive 93/104/CE e 2000/34/CE, concernenti taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro". Tuttavia, il predetto Decreto Legislativo 08 aprile 2003 n.66 - Attuazione delle direttive 93/104/CE e 2000/34/CE (Suppl. ord alla Gazzetta Ufficiale Serie gen. - n. 87 del 14 aprile 2003) – nell"articolo 2 (Campo di applicazione) stabilisce che : 1. Le disposizioni contenute nel presente decreto si applicano a tutti i settori di attività pubblici e privati con le uniche eccezioni del lavoro della gente di mare di cui alla direttiva 1999/63/CE, del personale di volo nella aviazione civile di cui alla direttiva 2000/79/CE e dei lavoratori mobili per quanto attiene ai profili di cui alla direttiva 2002/15/CE.

 

2. Nei riguardi [delle forze armate e di polizia,] (1) dei servizi di protezione civile, ivi compresi quelli dei Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché nell'ambito delle strutture giudiziarie, penitenziarie e di quelle destinate per finalità istituzionali alle attività degli organi con compiti in materia di ordine e sicurezza pubblica, delle biblioteche, dei musei e delle aree archeologiche dello Stato le disposizioni contenute nel presente decreto non trovano applicazione in presenza di particolari esigenze inerenti al servizio espletato o di ragioni connesse ai servizi di ordine e sicurezza pubblica, di difesa e protezione civile, nonché degli altri servizi espletati dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco, così come individuate con decreto del Ministro competente, di concerto con i Ministri dei lavoro e delle politiche sociali, della salute, dell'economia e delle finanze e per la funzione pubblica, da adottare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

3. Le disposizioni del presente decreto non si applicano al personale della scuola di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297. Non si applicano, altresì, al personale delle Forze di polizia, delle Forze armate, nonché agli addetti al servizio di polizia municipale e provinciale, in relazione alle attività operative specificamente istituzionali e agli addetti ai servizi di vigilanza privata (2) (3).

4. La disciplina contenuta nel presente decreto si applica anche agli apprendisti maggiorenni.

 

(1) Le parole fra parentesi quadrate sono state soppresse dall'art. 1, comma 1, lett. a), del D.L.vo 19 luglio 2004, n. 213.

 

(2) Le parole: «e agli addetti ai servizi di vigilanza privata» sono state aggiunte dall'art. 41, comma 3, del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, nella L. 6 agosto 2008, n. 133.

 

(3) L'ultimo periodo di questo comma è stato aggiunto dall'art. 1, comma 1, lett. a), del D.L.vo 19 luglio 2004, n. 213.

 

Dopo avere fatto questa importante e doverosa premessa, proprio nell"art. 10 del predetto Decreto, il legislatore stabilisce che :

Articolo 10. (Ferie annuali)1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 2109 del codice civile, il prestatore di lavoro ha diritto ad un periodo annuale di ferie retribuite non inferiore a quattro settimane. Tale periodo, salvo quanto previsto dalla contrattazione collettiva o dalla specifica disciplina riferita alle categorie di cui all'articolo 2, comma 2, va goduto per almeno due settimane, consecutive in caso di richiesta del lavoratore, nel corso dell'anno di maturazione e, per le restanti due settimane, nei 18 mesi successivi al termine dell'anno di maturazione (1).

2. Il predetto periodo minimo di quattro settimane non può essere sostituito dalla relativa indennità per ferie non godute, salvo il caso di risoluzione del rapporto di lavoro.

3. Nel caso di orario espresso come media ai sensi dell'articolo 3, comma 2, i contratti collettivi stabiliscono criteri e modalità di regolazione.

 

(1) Questo comma è stato così sostituito dall'art. 1, comma 1, lett. d), del D.L.vo 19 luglio 2004, n. 213.

 

Orbene, il sottoscritto ritiene come una corretta interpretazione della predetta norma e dell"art. 2109 codice civile imponga alle pubbliche amministrazione di rendere prevalente la volontà del lavoratore nella scelta dell"assegnazione del periodo di ferie, senza alcuna ingerenza da parte del datore di lavoro. La locuzione in tema di ferie retribuite - "tenuto conto degli interessi del prestatore di lavoro" - , di cui al secondo comma dell"articolo 2109 codice civile , sancisce il diritto del lavoratore di potere scegliere liberamente il proprio periodo di ferie annuali retribuite senza troppe ingerenze da parte del datore di lavoro.

Tuttavia, il predetto diritto non può essere esercitato dal lavoratore solo allorquando il datore di lavoro sia in grado di dimostrare, in base a serie prove oggettive, l"impossibilità di garantire e di erogare, nel pubblico impiego privatizzato, i servizi minimi essenziali al cittadino.

Lo scrivente, ritiene di poter pervenire a questa corretta e non fuorviante conclusione proprio in base alle regole legali di ermeneutica contrattuale che, come si è detto in precedenza, riconoscono al dipendente della p.a. un certo favor lavoratoris , essendo quest"ultimo soggetto considerato come il contraente debole del rapporto contrattuale.

In conclusione, anche secondo la giurisprudenza degli ermellini, il lavoratore è libero di decidere come e dove utilizzare le proprie ferie retribuite, purché tale scelta sia ispirata a buona fede contrattuale e preservi gli interessi del datore rispetto all"insorgenza di ricorrenti e distinti periodi di malattia. (Cassazione civile, sezione Lavoro, sentenza 25 gennaio 2011 n. 1699). In breve, lo scrivente ritiene utile poter osservare che il lavoratore ha la libertà di utilizzare il periodo di ferie nella maniera ritenuta più opportuna.

Ciononostante, tale libertà non può esercitarsi senza limiti o vincoli e, quindi, permane sempre l'obbligo in capo al lavoratore subordinato di tenere, in ogni caso, una condotta che non si riveli lesiva e pregiudizievole dell'interesse del datore di lavoro all'effettiva esecuzione della prestazione lavorativa.

 

 

 




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