Deboli, svantaggiati  -  Alceste Santuari  -  15/02/2022

Organizzazioni di volontariato e cancellazione dal registro regionale – Tar FVG 87/2022

Se l’organizzazione di volontariato non presenta le caratteristiche previste per la specifica tipologia giuridica deve essere cancellata dall’albo regionale. Non può nemmeno invocare un’altra tipologia analoga

Ai sensi dell’art. 2 del D.P. Reg. n. 091/2014, nella Regione FVG, sono iscrivibili nel registro regionale delle Organizzazioni di volontariato, le organizzazioni che nei propri stati contemplano i seguenti requisiti:

  1. a) assenza di fini di lucro;
  2. b) democraticità della struttura;
  3. c) elettività e gratuità delle cariche associative;
  4. d) gratuità delle prestazioni fornite dagli aderenti;
  5. e) criteri di ammissione e di esclusione degli aderenti;
  6. f) obblighi e diritti degli aderenti;
  7. g) obbligo di formazione del bilancio dal quale devono risultare i beni, i contributi o i

lasciti ricevuti;

  1. h) modalità di approvazione del bilancio da parte dell’assemblea degli aderenti.

Una OdV ha presentato ricorso contro la decisione della Regione per vedersi annullato il decreto di cancellazione dal registro regionale delle organizzazioni di volontariato. La Regione ha riscontrato la mancanza dei seguenti requisiti:

  1. a) assenza di fini di lucro; b) democraticità della struttura; c) gratuità delle prestazioni fornite dagli aderenti; d) omessa tenuta del registro degli aderenti che prestano attività di volontariato; e) omessa trasmissione delle modifiche intervenute nelle cariche associative all’Ufficio regionale del Registro.

La Regione ha evidenziato che:

  1. l’associazione svolgeva prevalentemente attività di volo da diporto o sportivo ad esclusivo beneficio dei propri associati, in assenza di qualsiasi fine solidaristico;
  2. il richiamo che l’Associazione ha fatto di applicabilità di regimi giuridici concorrenti, quali quello delle associazioni che svolgono attività di protezione civile o delle associazioni sportive dilettantistiche, avrebbe potuto essere idoneo soltanto se le rispettive normative fossero state rispettate, e cioè quando tutte le attività dell’ente sono rese esclusivamente per fini di solidarietà;
  • la carenza di democraticità si è manifestata nella concreta vita associativa, sotto forma di sistematico accentramento di tutte le decisioni principali e della gestione amministrativa in capo ai medesimi soggetti e svuotamento di competenze degli organi sociali;
  1. la mancata tenuta del registro soci e l’omessa trasmissione delle modifiche intervenute nella carica associativa rappresentano proprio degli indici di tale deficit democratico, essendo la documentazione associativa strumentale al controllo diffuso sull’operato dell’associazione;
  2. la gratuità delle prestazioni, ancorché formalmente prevista dallo Statuto, non è stata rilevata nel verbale di accertamento della GdF.

Il TAR Friuli Venezia Giulia, sez. I, con sentenza 10 febbraio 2022, n. 87, ha ritenuto il ricorso infondato, statuendo come segue:

  1. il requisito della gratuità delle prestazioni fornite dagli aderenti all’organizzazione di volontariato trova riscontro nel divieto, espressamente sancito dalla legge di remunerare i volontari. Questi ultimi, non soltanto nella previsione dell’abrogata legge n. 266/1991, ma anche nella disciplina contenuta nel Codice del Terzo settore, possono vedersi rimborsati soltanto le “spese effettivamente sostenute” per l’attività prestata, entro limiti preventivamente stabiliti dalle organizzazioni stesse, escludendo altresì qualsiasi rimborso di tipo forfettario;
  2. la legge sancisce l’incompatibilità tra la qualità di volontario e qualsiasi forma di rapporto di lavoro con l’organizzazione di volontariato;
  3. l’erogazione di somme ai volontari, così come accertato nel caso di specie, non sono qualificabili in termini di rimborsi consentiti dalle disposizioni citate giacché non correlate ad alcun giustificativo di spesa;
  4. nel documento intitolato “Rimborsi ai volontari e costi dei corsi” sono elencati rimborsi quantificati in misura forfettaria e predeterminata, incompatibili con le disposizioni normative;
  5. le suddette erogazioni, in quanto rivolte a soggetti appartenenti al sodalizio, si pongono in contrasto con il requisito costituito dall’assenza di fini di lucro (da intendersi in termini di lucro soggettivo), da cui deriva il divieto di distribuire in qualsiasi forma i proventi dell’organizzazione;
  6. l’assenza di scopo di lucro non è in radice incompatibile con lo svolgimento di attività commerciale, ancorché in forma “marginale”, purché i relativi utili siano interamente reinvestiti nell’attività dell’associazione e non rivolti a beneficio degli associati;
  7. il lavoro retribuito non è vietato nelle OdV; tuttavia, esso non può riguardare i volontari e in ciò, la mancata tenuta del registro dei volontari ha impedito di verificare se la figura del volontario coincida con quello del lavoratore.

L’associazione ricorrente non ha contestato la corresponsione delle somme, né ha offerto prova della loro riferibilità a specifiche spese, ma ha sostenuto la concorrente qualificazione dell’OdV quale Associazione sportiva dilettantistica (A.S.D.), regime giuridico che, a differenza di quello delle OdV, avrebbe consentito quel tipo di erogazioni. L’associazione ha sostenuto che i rimborsi “sono stati pagati a fronte delle attività rese dai soggetti medesimi (i volontari, soci del sodalizio) a favore dell’Associazione sportiva dilettantistica (lezioni di volo, pulizia della club house e dei locali della scuola, ecc.)”. In quest’ottica, l’associazione ha sostenuto che, ricorrendo due regimi giuridici concorrenti e, segnatamente, in presenza di uno specifico, quello relativo alle A.S.D., considerato più “permissivo” in termini di erogazioni consentite, sarebbe stato possibile per l’associazione operare nell’una e nell’altra veste, a seconda delle finalità concretamente perseguite con la specifica attività.

Sul punto, la Sezione ha osservato che non è chiaro “per quale ragione logico-giuridica la qualificazione come A.S.D., ove cumulata con quella di O.D.V., possa condurre ad una “disattivazione” della disciplina – più rigorosa e di più ampio rilievo ordinamentale – propria di quest’ultima organizzazione, in mancanza di un’espressa disposizione in tal senso e proprio con riguardo all’elemento caratterizzante il tipo giuridico (la natura volontaria e gratuita delle prestazioni).

I giudici amministrativi hanno peraltro riconosciuto che possa coesistere una pluri-qualificazione di un’organizzazione, quando consentita dalla legge. Essa, tuttavia, “comporta – alla pari di qualsiasi forma di pluri-qualificazione normativa di soggetti, atti, comportamenti – che lo stesso sia regolato da più regimi normativi distinti e debba sottostare a tutti contestualmente, senza alcuna forma di inammissibile “ibridazione” delle figure o loro valorizzazione in via alternativa, a seconda dell’attività svolta.”

Al riguardo, il Tar ha evidenziato che quando la legge ha voluto consentire a determinati soggetti di operare come enti del terzo settore solo per uno specifico segmento della propria attività ha disposto espressamente in tal senso, prevedendo una serie di garanzie e condizioni. E ciò perché qualsiasi forma di applicabilità “parziale”, in chiave soggettiva, di un regime agevolato si presta facilmente a divenire strumento elusivo della disciplina e della relativa ratio giustificatrice.

La Sezione ha inteso rimarcare un principio giuridico, che assume una notevole importanza specie nell’attuale contesto storico-normativo in cui è finalmente operativo il RUNTS: l’accesso ad un regime “speciale”, nel caso di specie, quello delle A.S.D., non può autorizzare l’associazione a derogare al regime proprio delle OdV, contestualmente applicabile, “essendo l’ente tenuto ad operare sempre nel rispetto di entrambi, per l’integralità della sua attività.” E’ importante notare che il Tar rimarca la necessità che i due regimi risultino contestuali e non alternativi l’uno all’altro.

A propria difesa, l’Associazione ha comunicato che l’Agenzia delle entrate ha riconosciuto la legittimità tributaria dell’attività svolta quale associazione sportiva dilettantistica. A questo proposito, il Tar ha affermato che l’accordo conciliativo con l’Agenzia delle Entrate ha esclusivo riguardo alla “commercialità” dell’attività a fini fiscali, profilo non del tutto sovrapponibile alle violazioni riscontrate dalla Regione nel provvedimento.

In termini conclusivi, la sentenza de qua ha il pregio, in primo luogo, di precisare che ad una specifica qualifica e soggettività giuridica devono corrispondere determinati requisiti legali e organizzativi, il cui rispetto non può essere tuttavia considerato solo da un punto di vista formale, ma anche (e forse soprattutto) attuale e riscontrabile nell’effettiva attività dell’organizzazione non profit. In secondo luogo, avuto riguardo allo specifico requisito della gratuità dell’attività dei volontari, la sentenza ha, ancora una volta, confermato l’assoluto divieto di commistione tra volontariato e retribuzione economica, eccezion fatta per i rimborsi delle spese che, tuttavia, devono essere regolati in modo chiaro e stringente.




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