-  Ziviz Patrizia  -  31/10/2012

NONOSTANTE I DUBBI DI COSTITUZIONALITA, LE TABELLE NORMATIVE ESTENDONO IL RAGGIO DI AZIONE - Patrizia ZIVIZ

1. L"art. 3, comma 3, del Decreto Balduzzi (D.L. 13 settembre 2012, n. 158) stabilisce: "il danno biologico conseguente all"attività dell"esercente della professione sanitaria è risarcito sulla base delle tabelle di cui agli artt. 138 e 139 del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, eventualmente integrate con la procedura di cui al comma 1 del predetto art. 138, e sulla base dei criteri di cui ai citati articoli, per tener conto delle fattispecie da esse non previste, afferenti alle attività di cui al presente articolo".

E" piuttosto balzano (ma forse sarebbe più corretto dire scandaloso) che un provvedimento il quale menziona nella sua assai ambiziosa titolazione l"obiettivo di "promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più lato livello di tutela della salute" finisca per stabilire, in materia di risarcimento del danno biologico - conseguente alla responsabilità professionale dell"esercente delle professioni sanitarie – un drastico taglio, imponendo l"applicazione, ai fini della relativa liquidazione, delle tabelle normative previste in materia di sinistri stradali.

Ancora più discutibile appare l"estrema fretta che mostra il legislatore nell"estendere ai danneggiati da colpe sanitarie le striminzite tabelle vigenti per le vittime della strada, a fronte dello slittamento, in capo ai potenziali danneggianti, del termine previsto in ordine all"obbligo di assicurazione per gli esercenti delle professioni sanitarie, che viene prorogato al 13 agosto 2013: proroga che si deve ad un emendamento introdotto nel disegno di legge n. 5323, relativo alla "conversione in legge con modificazione del decreto-legge 28 giugno 2012, n. 89, recante proroga di termini in materia sanitaria", in sede di discussione presso la Camera dei deputati.

Assai inopportuna risulta, infine, la scelta di estendere l"applicazione di tabelle normative sulle quali – al momento - pende il dubbio di legittimità, risultando la relativa questione rimessa al vaglio della Corte costituzionale.

 

2. La questione di costituzionalità relativa alla disciplina assicurativa della quantificazione del danno biologico è ridiventata più attuale che mai – com"è noto – dopo che, nel 2011, la Cassazione (Cass. 12408/2011) ha affermato la necessità di misurare l"adeguatezza del risarcimento del danno alla persona attraverso il confronto con le tabelle milanesi: ciò in quanto in materia di sinistri stradali si applicano tabelle normative i cui valori appaiono significativamente inferiori rispetto a quei parametri.

A tale riguardo, una prima considerazione intorno alle tabelle normative relative alla valutazione del danno biologico - attualmente applicate con riguardo all"art. 139 Cod. Ass., relativamente alle micropermanenti, restando al momento ancora non attuato l"art. 138 - appare legata alla circostanza che le stesse sono state formulate in un settore ove opera lo strumento dell"assicurazione obbligatoria: il che potrebbe, secondo taluni interpreti, giustificare la decurtazione del risarcimento dovuto alle vittime. In verità, bisogna osservare come la RCA non possa che essere governata da regole armonizzate con quelle previste per il sistema aquiliano nel suo complesso. Il vincolo rappresentato dall"obbligatorietà dell"assicurazione non determina, infatti, la sottrazione di tale figura all"alveo aquiliano, e non può essere tale da snaturare la funzione dalla stessa assolta; esso vale semplicemente a garantire, in un settore che mostra un"elevata incidenza di danni, l"effettiva protezione risarcitoria delle vittime. Diversamente da quanto accade per il sistema infortunistico, che si presta a vedere applicate regole differenti ai fini del calcolo del danno biologico in ragione della differente finalità perseguita, qui si rimane entro il perimetro aquiliano (così come accade, del resto, per il caso di danno provocato dall"esercente di una professione sanitaria).

 

3. Le discrasie tra tabelle normative e giurisprudenziali sono note, in quanto le prime: (a) si rifanno a una sistemazione concettuale del danno alla persona fondata su una distinzione delle varie componenti del pregiudizio non patrimoniale; (b) prevedono, sul piano della quantificazione, un significativo scostamento rispetto ai valori applicati dalle tabelle milanesi, nella loro veste di indicatori dei valori da ritenere espressione di equità; (c) individuano dei limiti invalicabili con riguardo all"esercizio della discrezionalità del giudice, con un tetto del 20% per le micropermanenti e del 30% per le invalidità superiori. Proprio intorno a tali profili problematici sono, pertanto, venute ad incardinarsi le argomentazioni richiamate da alcune recenti ordinanze – del Giudice di pace di Torino (G.d.P. Torino 21 ottobre 2011), del Tribunale di Tivoli (Trib. Tivoli 21 marzo 2012) e dal Tribunale di Brindisi (Trib. Brindisi, Sez. Ostuni, 3 aprile 2012) - con le quali è stata riproposta la questione di costituzionalità dell"art. 139 Cod. Ass.: ad essere considerato illegittimo appare, fondamentalmente, il trattamento deteriore riservato alle vittime di microinvalidità provocate da sinistri stradali, alla luce del confronto con il risarcimento assicurato alle vittime di analoghe lesioni attraverso l"applicazione delle tabelle milanesi.

 

4. La tabella normativa di quantificazione delle micropermanenti fa riferimento ad una sistemazione concettuale della nozione di danno non patrimoniale fondata sulla distinzione delle varie componenti. A tale riguardo, la Cassazione – nella sentenza n. 12408/2011 – riconosce, in effetti, che tale tabella risulta riferita a "una concezione del danno biologico anteriore" a quella unitaria affermata dalle Sezioni Unite del 2008. Purtuttavia, i giudici di legittimità si spingono ad affermare che i tetti stabiliti a livello normativo per la personalizzazione del risarcimento riguardano non già la sola componente biologica del pregiudizio, ma le conseguenze non patrimoniali della lesione alla salute complessivamente intese: comprensive, quindi, delle sofferenze di carattere morale.

Una conclusione del genere non può essere condivisa, una volta constatato che l"art. 139 Cod. Ass. fa capo ad una nozione di danno biologico inteso come "lesione temporanea o permanente all"integrità psico-fisica della persona suscettibile di accertamento medico legale che esplica un"incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato, indipendentemente da eventuali ripercussioni sulla capacità di produrre reddito": concetto, questo, che esclude la considerazione di qualunque ripercussione di carattere emotivo, come conferma l"iter legislativo che ha portato a tale definizione. Essendo al concetto di riferimento della tabella normativa estranea la componente morale, è evidente che le relative previsioni quantitative non possono essere riferite a compromissioni del genere.

Accogliere l"idea che la componente morale sia estranea al calcolo tabellare non risolve, in ogni caso, il problema della costituzionalità delle limitazioni risarcitorie applicate nei confronti delle vittime di sinistri stradali. Infatti, attraverso la quantificazione delle ripercussioni morali, potrà essere dato riscontro esclusivamente a questo specifico ambito del pregiudizio, mentre ciò non vale a sopperire allo scollamento tra i valori del punto individuati dalle tabelle, nei due diversi sistemi, per quanto concerne la componente biologica del danno.

 

5. Per quanto riguarda il contenimento delle liquidazioni cui si addiviene attraverso le tabelle assicurative, rispetto ai risultati ottenuti tramite l"applicazione delle tabelle milanesi, va rilevato come – a suo tempo – la ridotta quantificazione del punto, per la valutazione del danno biologico derivante da lesioni di lieve entità, era stata giustificata sulla base di considerazioni di vario genere: da un lato, si metteva in evidenza la scarsa incidenza delle micropermanenti sulla vita del danneggiato; dall"altro lato, sono stati richiamati gli effetti positivi di un"operazione del genere a favore del sistema assicurativo, il quale si sarebbe trovato ad avere maggiori risorse per fronteggiare le macrolesioni e avrebbe potuto ridurre adeguatamente i premi assicurativi. Ora, al di là del fatto la scelta di contenimento è ben lungi dall"aver prodotto un effetto positivo di quest"ultimo tipo, si tratta di osservare che le motivazioni appena illustrate vengono a cadere nel momento in cui la prospettiva appare quella di un contenimento del valore del punto anche per quanto riguarda le tabelle normative relative alle invalidità dal 10 al 100%: così come perorato – nel 2011 – all"interno dello schema del disegno di legge attuativo dell"art. 138 cod. ass. (a tutt"oggi non approdato ad approvazione).

A fronte di un taglio generalizzato del punto – all"interno di tutte le tabelle normative – tale ridotta quantificazione potrebbe, allora, essere giustificata esclusivamente in ragione della specificità della responsabilità per la circolazione di veicoli, quale settore in cui vige l"obbligatorietà dell"assicurazione: argomentazione, questa, cui in effetti si è rifatta la Cassazione - nella sentenza n. 12408/2011 – fondando l"adozione, in tale ambito, di valori del punto ridotti sulla generica necessità di non incrementare i premi assicurativi. Senza voler qui entrare nel merito delle varie considerazioni che portano a respingere una prospettiva di questo tipo, va osservato – in ogni caso - che nell"immediato verrebbe meno la possibilità di estendere l"applicazione delle tabelle al campo della responsabilità per l"esercizio di professioni sanitarie: ciò, quantomeno, fino al momento in cui venga in essere l"obbligo assicurativo in tale settore.

 

6. La convivenza di tabelle giurisprudenziali aventi valenza nazionale e tabelle normative preposte al governo del settore dei sinistri stradali – ora estese all"ambito sanitario - non appare praticabile se non al prezzo di una frattura interna al sistema aquiliano: disarmonia, questa, che non può essere sanata sulla base di alcuna considerazione legata alla specificità del settore RCA. Tanto più nel momento in cui quelle tabelle vengono applicate al di fuori di questo ambito, investendo il delicato settore della malasanità (e ciò malgrado la Cassazione, nella sentenza 12408/2011, abbia sottolineato che le tabelle assicurative relative alle micropermanenti rappresentano un modello non esportabile al di fuori dell"ambito dei sinistri stradali).

In una prospettiva di ricomposizione andrebbe, allora, letto un eventuale favorevole accoglimento delle questioni di costituzionalità attualmente sottoposte al vaglio della Consulta: laddove fosse sancita l"illegittimità delle tabelle normative, si farebbe infatti luogo all"applicazione delle tabelle giurisprudenziali per quel che riguarda il settore dei sinistri stradali (e ora anche della responsabilità sanitaria), garantendo l"omogeneità di trattamento per tutti i campi del torto.

Ben più pericoloso per le vittime dei danni alla persona sarebbe, invece, un percorso inverso, volto ad attribuire all"intervento giurisprudenziale una funzione di supplenza, in attesa della definitiva attuazione delle tabelle normative. Nulla esclude allora che - una volta emanate le tabelle relative alle macrolesioni - si possa addivenire ad un"applicazione delle stesse a fronte di tutti i tipi di illecito. La forza espansiva delle tabelle di legge, fino ad oggi respinta in ragione della peculiarità della r.c assicurata, potrebbe infatti essere affermata in nome del principio di eguaglianza di trattamento nei confronti di tutte le vittime di lesione alla salute. Una deriva del genere sembrerebbe, del resto, inevitabile proprio a fronte delle indicazioni in materia di vittime di colpa sanitaria contenute del Decreto Balduzzi.

 

 7. A fronte di un"applicazione generalizzata delle tabelle normative, per il danno derivante da lesione alla salute, resterebbe comunque all"interprete la possibilità di sollevare in termini più generali la questione di costituzionalità. Si tratta, infatti, di rivolgere lo sguardo al sistema selettivo applicato in materia di danni non patrimoniali visto nel suo complesso. Dal momento che tale sistema risulta fondato su una regola unitaria, volta a garantire il riscontro di ogni pregiudizio tale da compromettere valori costituzionalmente garantiti, si tratta di osservare che - laddove la disciplina di quantificazione per i danni derivanti dalla lesione dell"integrità psico-fisica si traduca in una gabbia selettiva ulteriore rispetto a quella prevista dall"art. 2059 c.c. – viene ad emergere un"inammissibile diversità di trattamento – lesiva dell"art. 3 Cost. - in ordine a tali pregiudizi ove confrontati con i danni non patrimoniali derivanti dalla lesione di interessi diversi dall"integrità psico-fisica, per la liquidazione dei quali non vige alcun tipo di limitazione normativa.




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