-  Bernicchi Francesco Maria  -  31/10/2013

NESSO DI CAUSALITÀ E SICUREZZA DEI LAVORATORI - Cass. Pen. 20970/13 - Francesco M. BERNICCHI

Si prende in esame una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sez. IV Penale n. 20970/13 depositata in data 15 Maggio) relativa al tema del nesso di causalità penale nello specifico ambito della sicurezza sul lavoro.

Il fatto, in breve: il G.i.p. presso il Tribunale di Perugia con sentenza del Settembre 2007 affermava la penale responsabilità di Tizio, nella sua qualità di titolare della Rossi Costruzioni in ordine al reato di cui all'articolo 589 c.p. (omicidio colposo) per aver cagionato la morte di tre lavoratori: Caio, Sempronio e Mevio.

Al datore di lavoro si contestava di non aver adeguatamente addestrato i predetti lavoratori sul montaggio e l'utilizzazione della piattaforma di lavoro su colonne, denominata ponte autosollevante, così che i tre operai, a causa di una errata manovra nel serraggio dei tasselli di ancoraggio e del mancato inserimento dei dadi negli apposti bulloni nel corso delle operazioni di montaggio del predetto macchinario, precipitavano dalla piattaforma ove si trovavano, che si inclinava.

Il primo giudice condannava l'imputato alla pena di anni due e mesi otto di reclusione, concedendo le attenuanti generiche equivalenti all'aggravante contestata.

La Corte di Appello di Perugia, con sentenza in data 9.03.2012, in parziale riforma della sentenza di primo grado, riduceva la pena originariamente inflitta, concedeva il beneficio della sospensione condizionale e confermava nel resto.

Il collegio di seconde cure rilevava che nel caso ricorreva un'ipotesi di causalità commissiva, per avere Tizio stesso affidato ai tre lavoratori l'incarico di montaggio della piattaforma di che trattasi.

In riferimento ai profili di ascrivibilità colposa della condotta, il Collegio osservava che l'imputato era tenuto ad affidare le operazioni di montaggio dei ponteggi a personale esperto e ad assicurare che le operazioni fossero seguite almeno da un preposto dotato delle necessarie competenze. Considerava, inoltre, che risultava prevedibile che l'erroneità di talune manovre di montaggio comportasse la caduta della piattaforma; e che rientrava nel margine di operatività esigibile dall'Tizio l'assunzione di modalità esecutive idonee a scongiurare i predetti rischi in fase di utilizzo e montaggio.

Ricorso in Cassazione:

Primo motivo: la parte denuncia l'inosservanza della legge penale o comunque la mancanza di motivazione.

L'esponente osserva che la sentenza impugnata ripropone un ragionamento giuridico contrastante con le norme penali poste a fondamento del nostro sistema.

La parte rileva che la Corte di Appello ha affermato due cose sbagliate:

1) che il mancato serraggio dei bulloni, da parte dei lavoratori, non può considerarsi imprevedibile;

2) e che nel caso si versa in ipotesi di causalità commissiva consistente nell'affidamento ai tre operai, da parte di Tizio, dell'incarico di montaggio del ponteggio.

Il ricorrente ritiene che la Corte di Appello abbia spostato sul piano della colpevolezza ciò che avrebbe dovuto rimanere nell'ambito causale; e che il giudizio controfattuale sia basato sul semplice presupposto che una condotta appropriata avrebbe avuto significative probabilità di scongiurare il danno.

Terzo motivo: con il terzo motivo la parte denuncia carenza motivazionale o comunque mancata applicazione della legge, osservando che nessuno specifico addebito, collegabile causalmente all'incidente, possa contestarsi ad Tizio.

L'imputato lamenta che non gli si possa rimproverare di non aver adottato un sistema di organizzazione aziendale idoneo allo svolgimento delle operazioni di montaggio della piattaforma. Egli sostiene di aver pienamente adempiuto al proprio dovere di vigilanza; ribadisce che gli operai avevano avuto una adeguata formazione rispetto al montaggio ed all'utilizzo della piattaforma, circostanza pure affermata dai testi escussi; e sottolinea che i dipendenti avevano una qualifica che prevede fra le mansioni anche il montaggio dei ponteggi.

Assume, per concludere, che la caduta dalla piattaforma sia avvenuta per una gravissima disattenzione dei lavoratori, posto che l'inserimento delle viti ed il serraggio dei bulloni sono operazioni elementari; e ritiene che la tragica dimenticanza in cui sono incorsi i tre lavoratori costituisca un evento del tutto imprevedibile.

 

Il ricorso è destituito di fondamento, per le ragioni di seguito esposte

In riferimento al primo motivo di ricorso, occorre soffermarsi sulle valutazioni effettuate dai giudici di primo e secondo grado, in ordine alla sussistenza del nesso di derivazione causale tra la condotta colposa che si ascrive ad Tizio - in relazione all'affidamento ai predetti operai delle operazioni di montaggio della piattaforma di lavoro su colonne, denominata ponte autosollevante - e gli eventi verificatisi.

Come noto, la Sezioni Unite di questa Suprema Corte (Cass. Sez. U, sentenza n. 30328, in data 10.07.2002) hanno da tempo fugato le incertezze in ordine alla utilizzabilità di generalizzazioni probabilistiche nell'ambito del ragionamento causale. Si possono cioè utilizzare.

La Corte regolatrice, infatti, ha considerato utopistico un modello di indagine fondato solo su strumenti di tipo deterministico e nomologico - deduttivo, cioè affidato esclusivamente alla forza esplicativa di leggi universali.

In conformità all'insegnamento delle Sezioni Unite, la giurisprudenza di legittimità ha, quindi, enunciato il carattere condizionalistico della causalità, osservando che il giudizio di certezza, sulla riferibilità materiale dell'evento alla condotta posta in essere dall'agente, si fonda - anche - sull'analisi della caratterizzazione del fatto storico, da effettuarsi ex post sulla base di tutte le emergenze disponibili e culmina nel giudizio di elevata "probabilità logica".

La Suprema Corte ha, in particolare, evidenziato che, ai fini dell'imputazione causale dell'evento, il giudice di merito deve formulare giudizi sulla scorta di generalizzazioni causali, congiunte con l'analisi delle contingenze fattuali proprie della fattispecie concreta (cfr. Cass. Sez. 4 sentenza n. 43786/2010)

Orbene, la catalogazione effettuata dalla Corte di Appello di Perugia, con riguardo alla riferibilità, in termini di certezza processuale, degli eventi mortali come verificatisi, alla scelta di adibire i tre lavoratori all'espletamento di una attività particolarmente pericolosa, risulta immune dalle dedotte censure.

Infatti, il problema relativo alla imputazione causale degli eventi è stato risolto dai giudici di merito secondo un percorso argomentativo che non presenta le dedotte aporie e che appare logicamente conferente, in chiave induttiva, rispetto alle accertate emergenze fattuali.

Tizio, infatti, aveva posto in essere una condizione dell'evento, costituta nell'aver adibito alle operazioni di montaggio del macchinario denominato "piattaforma di lavoro su colonne" tre lavoratori che non erano stati addestrati rispetto all'installazione della predetta piattaforma; e che risultava accertato - secondo le conclusioni rassegnate dai consulenti tecnici richiamate nella sentenza di primo grado - che la colonna era crollata perchè gli operai avevano omesso di collegare i tralicci tra di loro con le tre viti ed i relativi bulloni opportunamente serrati.

La Corte ha così ritenuto che eliminando mentalmente l'elemento fattuale dato dalla adibizione delle tre vittime alla attività di montaggio, con le riferite modalità, gli eventi mortali non si sarebbero verificati.

Si osservi poi che la Corte di Appello ha correttamente considerato che nell'ipotesi di infortunio sul lavoro originato dall'utilizzo di personale non adeguatamente addestrato, nessuna efficacia causale, per escludere la responsabilità del datore di lavoro, può essere attribuita al comportamento negligente del medesimo lavoratore infortunato, che abbia dato occasione all'evento.

Qualora infatti l'evento sia da ricondurre comunque alla insufficienza di quelle cautele che, se adottate, sarebbero valse a neutralizzare proprio il rischio derivante dal richiamato comportamento imprudente , la responsabilità del datore rimane.

Questa Suprema Corte ha infatti chiarito che, nel campo della sicurezza del lavoro, gli obblighi di protetzione che gravano sul datore di lavoro risultano funzionali anche rispetto alla possibilità che il lavoratore si dimostri imprudente o negligente verso la propria incolumità; e che può escludersi l'esistenza del rapporto di causalità unicamente nei casi in cui sia provata l'abnormità del comportamento del lavoratore infortunato e sia provato che proprio questa abnormità abbia dato causa all'evento.

Da ultimo si chiarisce che la Corte di Appello ha, infatti, del tutto legittimamente considerato che l'obbligo formativo ed informativo non risultava assolto, da parte di Tizio, atteso che proprio la dichiarazione proveniente dal medesimo datore di lavoro evidenziava che la formazione erogata in favore degli operai risultava generica e non adeguata all'utilizzo del ponte autosollevante ed ai rischi connessi all'impiego del macchinario.

Esame del terzo motivo di ricorso.

L'esponente deduce motivi di doglianza che lambiscono il profilo della inammissibilità.

Infatti le Sezioni Unite di questa Corte hanno precisato che esula dai poteri della Corte di Cassazione quello di una "rilettura" degli elementi di fatto, posti a sostegno della decisione, il cui apprezzamento è riservato in via esclusiva al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per i ricorrenti più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Cass. Sez. U, Sentenza n. 6402/1997)

Pertanto, in sede di legittimità, non sono consentite le censure che si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (ex multis Cass. Sez. 1, Sentenza n. 1769/1995)

Così delineato l'orizzonte dello scrutinio di legittimità, deve osservarsi che la Corte di Appello di Perugia ha sviluppato un conferente percorso argomentativo, privo di fratture logiche od incongruenze rilevabili in questa sede. Il Collegio ha, tra l'altro, evidenziato:

  • che, anche ammettendo che Sempronio fosse realmente un esperto del montaggio del ponte autosollevante (cosa dedotta da Tizio), restava il fatto che le operazioni di installazione del macchinario, nel caso di specie, erano state affidate ad un gruppo di operai, di cui facevano parte almeno due soggetti privi delle adeguate conoscenze;
  • che le fasi della lavorazione non erano state organizzate in modo da assicurare una precisa ripartizione dei compiti tra i diversi addetti;
  • che neppure era stato individuato un supervisore che seguisse lo svolgersi delle operazioni, in modo da assicurare l'osservanza delle prescrizioni di montaggio.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè alla rifusione delle spese sostenute nel presente giudizio dalla parte civile Cu.Ri. in nome proprio e quale esercente la potestà genitoriale sulle figlie C. M. e C.M., liquidate in complessivi Euro 3.500,00, oltre I.V.A. e C.P.A..

Così deciso in Roma,

Depositato in Cancelleria il 15 maggio 2013




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