Pubblica amministrazione  -  Gabriele Gentilini  -  08/12/2022

Modificazioni durante la fase insistente tra l'aggiudicazione di un appalto e la conseguente stipula dell'inerente contratto

La vertenza riguarda la possibilità di una modificazione delle clausole contrattuali in un contesto in cui, ad esempio nel casi di un durevole contenzioso giudizial amministrativo, sia passato un rilevante lasso di tempo tra l'aggiudicazione dell'appalto ed il momento della stipula del contratto.

Sostiene il Tar che "in uno con tutte le motivazioni già ampiamente illustrate nei precedenti richiamati, il Collegio condivide altresì gli assunti dottrinali favorevoli a questa seconda impostazione ermeneutica, che richiamano, da un lato, la correttezza del ricorso all’analogia essendovene tutti presupposti, di cui all’art. 12 disp. prel. c.c., quali la lacuna dell’ordinamento, in quanto non vi è una disciplina specifica delle sopravvenienze applicabile alla fase tra l’aggiudicazione e la stipulazione del contratto e l'”eadem ratio”; dall’altro, la corretta applicazione del principio di economicità, dunque di buon andamento, dell’amministrazione (richiamato dall’art. 30, comma 1, del codice dei contratti pubblici), perché scongiura una riedizione della procedura, che diversamente s’imporrebbe in tutti i casi di modifica, ancorché non “essenziale”, delle condizioni.

Nondimeno, appare condivisibile il richiamo già svolto dalla giurisprudenza sopra esposta all’impostazione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, che nella sua impostazione si riferisce sempre al momento dell’aggiudicazione, ammettendo come visto le modifiche non sostanziali, valorizzando dunque la tipologia e non il momento in cui intervengono. "

Ne ritroviamo anche nel Tar Toscana 25/2/2022 n. 228, che ha chiarito che il principio di immodificabilità del contratto non ha carattere assoluto in relazione al fatto che una stazione appaltante aveva nella sostanza rinegoziato le condizioni contrattuali a favore dell’aggiudicatario ancor prima della stipula del contratto, modificando in tal modo gli assetti posti alla base del confronto concorrenziale con conseguente affidamento senza gara di un contratto diverso. 

Ed infatti, secondo il diritto europeo, non sono ammesse, dopo l’aggiudicazione, solo le modifiche al contratto che presentino caratteristiche sostanzialmente diverse da quelle dell’appalto iniziale.
In particolare ciò avviene solo quando le modifiche previste hanno l’effetto:
a) di estendere l’appalto, in modo considerevole, ad elementi non previsti;
b) di alterare l’equilibrio economico contrattuale in favore dell’aggiudicatario;
c) di rimettere in discussione l’aggiudicazione dell’appalto, nel senso che, se esse fossero state previste nei documenti disciplinanti la procedura di aggiudicazione originaria, sarebbe stata accolta un’altra offerta oppure avrebbero potuto essere ammessi offerenti diversi.

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Tar Cagliari, 16/11/2022, n. 770

FATTO e DIRITTO

1. Parte ricorrente ha esposto che, a seguito di diversi contenziosi giudiziari, era stata aggiudicataria della gara per l'affidamento dei servizi di raccolta integrata dei rifiuti solidi urbani e servizi nei Comuni di xxxxxxx, xxxxxxx, xxxxxxx, xxxxxxx, xxxxxxx, xxxxxxx, xxxxxxx, xxxxxxx, xxxxxxx, indetta dall'xxxxxxx, con contratto stipulato in data 17 aprile 2014 col rep. n. 1/2014.

Tale stipulazione era intervenuta solo a distanza di due anni dalla presentazione dell’offerta in sede di gara, in quanto la gara era stata originariamente disposta in favore della società xxxxxxxx, ma era stata annullata in autotutela a seguito del ricorso proposto davanti al T.A.R. Sardegna dalla ditta xxxxxxxx, classificatasi al secondo posto, ed alla quale, quindi, l'appalto era stato aggiudicato. A sua volta, tale aggiudicazione era stata impugnata dalla odierna ricorrente davanti al T.A.R. Sardegna, il quale, con sentenza confermata dal Consiglio di Stato, ha accolto il ricorso della società xxxxxxxx.

Anche in forza di quanto disposto dall'art. 3 del contratto allora, proprio previsto in considerazione del tempo trascorso tra la presentazione delle offerte e l'inizio del servizio, la ricorrente ha formulato istanza di pagamento del compenso revisionale all'Unione dei Comuni.

2. Con il provvedimento impugnato, l'Unione resistente ha rigettato l'istanza, anche sulla base di un parere legale, in quanto, in merito alla revisione del compenso, ha ritenuto che la prescrizione contenuta all'art. 3 del contratto d'appalto stipulato con la società xxxxxxxx fosse nulla perché non prevista nello schema di contratto "approvato come Schema dalla Stazione appaltante e posto a base degli atti di gara"; circa l'adeguamento del canone per le utenze, gli artt. 11 e 14 del Capitolato speciale prevedevano un adeguamento del corrispettivo solo se l'aumento delle utenze fosse stato superiore del 20% rispetto a quelle indicate in sede di gara, mentre le utenze aggiuntive segnalate dalla società xxxxxxxx erano solo in n. 22 e, quindi, pari ad un aumento del 0,28%.

3. Avverso tale atto la ricorrente, premessa la sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo, ha dedotto, in diritto:

- Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 115 del d.lgs. n. 163 del 2006, eccesso di potere per difetto di istruttoria, falsità del presupposto, travisamento dei fatti e sviamento, in quanto è errata la ricostruzione dell'Unione, non esistendo alcuno schema di contratto facente parte degli atti di gara diverso dal contratto stipulato dalla ricorrente, per cui non vi sarebbe l'illegittima rinegoziazione dell'appalto rispetto agli atti di gara sulla base dei quali gli operatori hanno presentato l'offerta. Lo schema di contratto esiste, ma non era inserito tra gli atti di gara, essendo stato predisposto solo con l'aggiudicazione dell'appalto alla società xxxxxxxx, dal che deriva l'assenza di lesione della par condicio dei concorrenti;

- Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 115 del d.lgs. n°163 del 2006, violazione del principio che impone la valutazione e la comparazione degli interessi del privato, eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, travisamento dei fatti, falsità del presupposto, illogicità, irragionevolezza, contraddittorietà e sviamento, in quanto, quand'anche applicabile l'art. 115 del D.lgs. n. 163/2006, spetterebbe comunque la revisione del compenso, poiché, se è vero che la revisione prezzi deve essere calcolata sulla base dell'indice FOI, mentre la ricorrente l'ha richiesta, come da art. 3 del contratto, anche in base al maggior costo del personale rispetto a quello vigente alla data di presentazione dell'offerta, sulla base delle Tabelle Ministeriali FISE, non è meno vero che la norma preveda la deroga all'indice F.O.I. qualora si verifichino circostanze eccezionali, rappresentate, nel nostro caso, dal lunghissimo tempo trascorso dalla presentazione dell'offerta (luglio 2012) alla stipulazione del contratto (aprile 2014) per via dei contenziosi giudiziari vinti da xxxxxxxx. Ciò era peraltro suggerito dal Responsabile Tecnico dell'Unione, il cui parere è stato immotivatamente disatteso.

In ogni caso, spetta la revisione prezzi almeno secondo l'indice medio FOI, oltre interessi ex D.lgs. n. 231/2002;

- Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, contraddittorietà, falsità del presupposto, travisamento dei fatti, e sviamento, in quanto, in merito all'adeguamento delle utenze, le richiamate prescrizioni del Capitolato di gara si riferivano solo alle variazioni delle utenze verificatesi durante il periodo di esecuzione del contratto, laddove la società xxxxxxxx sta chiedendo l'adeguamento del canone per la variazione delle utenze nel periodo che precede la data di avvio del servizio e cioè quella decorrente dalla data di presentazione della domanda di partecipazione, fino, appunto, all'avvio del servizio medesimo.

4. Resiste l'Unione dei Comuni del xxxxxxxx, che ha richiesto la declaratoria di improcedibilità per difetto di interesse sopravvenuto, nonché comunque il rigetto del ricorso siccome infondato, eccependo che:

- l’Amministrazione, con determinazione n. 137/2021, ha liquidato per l’appalto in esame, sulla base dell’indice FOI, il dovuto compenso revisionale per gli anni 2015 – 2021, pari a € 61.073, somma comprensiva di interessi di mora; la mancata impugnazione della citata determinazione rappresenta una sostanziale acquiescenza da parte di xxxxxxxx a quei calcoli e al detto computo che determina l’improcedibilità del ricorso per carenza di interesse;

- è, in ogni caso, irrilevante che lo schema di contratto fosse allegato alla determinazione a contrarre, essendo sufficiente che lo stesso, per essere vincolante e superare il contratto poi effettivamente stipulato in violazione di esso, fosse allegato all'aggiudicazione, perciò precedesse il contratto;

- dunque, il meccanismo di sostituzione automatica ai sensi degli artt. 1419 co. 2 e 1339 c.civ., non può valere per il solo operatore economico nel caso di mancata previsione del meccanismo revisionale, ma anche quando, come nel caso in esame, delle clausole illecite determinino un meccanismo revisionale distorsivo che vada oltre l’indice F.O.I.;

- l’aumento del costo del personale a fronte di modifiche dei contratti collettivi non è un accadimento eccezionale, ma assolutamente programmabile e predeterminabile che l’operatore economico deve considerare e porre alla base della propria offerta;

- l'indice F.O.I. è altresì richiamato dall'art. 11 del Capitolato d'appalto, anch'esso dunque violato dal contratto stipulato.

5. All'udienza pubblica del 26.10.2022 la causa è stata trattenuta in decisione.

6. Preliminarmente, deve essere respinta l’eccezione di improcedibilità del ricorso per asserita acquiescenza alla determinazione con cui sono state liquidate le somme dovute a titolo di compenso revisionale sulla base dell’indice F.O.I. in favore della ricorrente, in quanto l’omessa impugnativa di tale determinazione non determina il venir meno dell’interesse all’accoglimento del ricorso, posto che la ricorrente ha domandato il riconoscimento del diritto alla revisione prezzi proprio in misura superiore all’indice F.O.I.

D’altronde, è noto che “l'acquiescenza presuppone un comportamento chiaro, univoco e concludente, imputabile al ricorrente, dal quale possa evincersi, senza un ragionevole dubbio, la sua volontà di accettare gli effetti delle determinazioni sfavorevoli” (T.A.R. Roma, (Lazio) sez. III, 25/01/2007, n. 563), mentre nel caso di specie, oltre a quanto già rilevato, la ricorrente ha espressamente accettato le somme a titolo di acconto e non di saldo.

L’eccezione va dunque disattesa.

7. Nel merito, la controversia involge, in sostanza, la validità dell’art. 3 del contratto stipulato tra le parti, che, premesso l’ammontare dell’appalto, “salvo quanto previsto riguardo gli eventuali adeguamenti del canone, da riconoscere all’Appaltatore, di cui al presente contratti (a solo titolo esemplificativo e non esaustivo: maggiori utenze (…)”, prevede l’adeguamento del canone non solo in riferimento all’indice FOI, ma anche “in base al maggior costo del personale rispetto a quello vigente alla data di presentazione dell’offerta (come da Tabelle pubblicate dal Ministero del Lavoro – Novembre 2010)” (doc. 3 Unione).

In tesi di parte resistente tale previsione contrattuale sarebbe nulla, in quanto contrastante con lo schema di contratto allegato all’aggiudicazione, che riprendeva il contenuto dell’art. 11 del Capitolato e limitava la revisione prezzi entro il limite di cui all’indice FOI; di tal che il contratto stipulato sarebbe nullo in parte qua, per contrasto anche con quanto previsto dall’art. 115 del D.lgs. n. 163/2006, ratione temporis applicabile, che prevede inderogabilmente la previsione di una clausola di revisione prezzi nel limite massimo dell’indice FOI, salva la ricorrenza di circostanze eccezionali ed imprevedibili, che l’ente ritiene non ricorrenti nel caso di specie, nonché perché, in tal guisa, il contratto avrebbe sostanzialmente rinegoziato le condizioni poste a base della gara.

Per una completa comprensione del thema decidendum, vale evidenziare che la ricorrente, a tale difesa, replica che “nella fattispecie non si discorre dell'adeguamento prezzi annuale (che è un evento fisiologico di ogni contratto d'appalto), bensì della determinazione del corrispettivo di base, che, in seguito ad una situazione patologica (la stipulazione del contratto a distanza di due anni dalla gara) non era più coerente, già al momento dell'avvio del servizio, con i costi del servizio messo in gara (perché, nelle more, era aumentato il numero di utenti da servire ed era aumentato, altresì, il costo del lavoro)”, risultando perciò inconferenti le considerazioni in merito all’insuperabilità dell’indice FOI.

La domanda della parte ricorrente è da considerarsi dunque così circostanziata: "la società xxxxxxxx ha diritto a che il corrispettivo pattuito sia adeguato, a far data dall'avvio del servizio (e, quindi, dal giugno 2014), sulla base del maggior del costo del lavoro intervenuto tra il 2012 ed il 2014 (ricavabile dalle tabelle ministeriali FISE) e sulla base delle maggiori utenze attivate nel periodo ricompreso tra la data di presentazione delle offerte e l'avvio del servizio (sempre tra il 2012 ed il 2014). Il compenso così determinato doveva, poi, essere adeguato annualmente sulla base dell'indice FOI" (p. 2 memoria di replica).

8. Così descritti i termini della questione, ad avviso del Collegio si rileva come la clausola contrattuale di cui all’art. 3, che fonda l’odierna pretesa della ricorrente, non riguardi, almeno per quanto è controverso tra le parti (pacifica la spettanza della revisione sulla base dell’indice FOI, già liquidata), il diritto alla revisione del prezzo annuale, per cui è obbligatorio l’inserimento della clausola di revisione e per cui è sancito dal legislatore il limite dell’indice FOI; invero, la ricorrente pone a fondamento della pretesa quella parte dell’art. 3 in cui è riconosciuto, ulteriormente, il diritto alla revisione del prezzo per il maggior costo del personale e per le maggiori utenze intervenute non già dalla stipulazione del contratto in poi, nel corso dello svolgimento del servizio annualmente, bensì nelle more della stipula del contratto rispetto allo svolgimento della gara.

E ciò in quanto il contratto, che tale possibilità ha previsto in senso innovativo rispetto allo schema allegato all’aggiudicazione, è stato stipulato decorsi circa due anni proprio dall’aggiudicazione.

9. Se così è, ritiene il Collegio che non colgano nel segno le difese spiegate dalla parte resistente in merito all’insuperabilità dell’indice FOI, in quanto non pertinenti rispetto al titolo posto a fondamento della pretesa.

Nell’art. 3 del contratto stipulato tra le parti, conformemente a quanto previsto dallo schema e dall’art. 11 del Capitolato, è infatti inserita una clausola di revisione prezzi relativa all’adeguamento che investe il compenso durante l'esecuzione del contratto pluriennale, la quale è riferita all’indice FOI ed è senz’altro valida ed infatti l’Unione dei Comuni ne ha disposto il pagamento.

Ma, in ciò si invera la controversia, l’art. 3 del contratto, alla luce del tempo trascorso dall’aggiudicazione (e dunque dalla predisposizione dello schema di contratto), ha previsto una ulteriore clausola, che prevede la necessità di adeguare il compenso stante l’aumento del costo del personale e delle utenze non pro futuro in corso di esecuzione del contratto, il cui ammontare non può superare l’indice FOI, bensì prima della stipula del contratto, rispetto a quanto oggetto di offerta in sede di gara.

10. Ciò che deve dunque essere valutato è se tale attività negoziale posta in essere dalle parti dopo l’aggiudicazione si ponga in senso innovativo, quale rinegoziazione, pure eccepita dall’amministrazione come non consentita, rispetto a quanto oggetto della gara, risultando perciò un contratto modificato inammissibilmente, poiché sarebbe dovuto essere posto a base di una nuova gara.

La questione giuridica è, perciò, quella inerente alla portata e ai limiti del principio di immodificabilità delle clausole contenute nella legge di gara e, segnatamente, se sia possibile "rinegoziare" (rectius: "negoziare"), ed eventualmente entro che limiti, il contenuto di alcune clausole contrattuali nella fase intercorrente tra l'aggiudicazione e il contratto.

11. In merito, si registrano in giurisprudenza orientamenti contrastanti.

11.1. Secondo una prima impostazione, manifestatasi proprio in una vicenda analoga a quella che occupa, nella quale un’impresa - essendo decorso un apprezzabile lasso di tempo tra l’espletamento della gara, l’aggiudicazione e la stipulazione del contratto, anche in quel caso a causa di un lungo contenzioso - sosteneva che l’Amministrazione avrebbe dovuto adeguare il prezzo dedotto in contratto in considerazione dell’aumento dei costi di produzione registratosi tra la presentazione dell’offerta e la sottoscrizione dell’accordo, tale possibilità deve essere esclusa.

In tal senso, la giurisprudenza ha rilevato che "l’istanza di revisione del prezzo è stata formulata dall’impresa aggiudicataria prima della stipulazione del contratto, ossia in un momento in cui, non essendo ancora in essere alcun rapporto contrattuale, non era giuridicamente ipotizzabile nè ammissibile alcuna ipotesi di revisione del prezzo, che per sua natura presuppone un contratto (ad esecuzione continuata e periodica) già in corso.

E così come nel corso del rapporto contrattuale l’impresa appaltatrice è tutelata, in caso di un esorbitante aumento dei costi del servizio, dall’istituto della revisione del prezzo (ove previsto dagli atti di gara) ovvero dalla possibilità di esperire i rimedi civilistici di risoluzione del vincolo sinallagmatico, nel diverso caso in cui l’evento imprevisto e imprevedibile si verifichi prima della stipulazione del contratto, l’impresa aggiudicataria è tutelata con la possibilità di rifiutare la sottoscrizione del contratto, una volta cessata la vincolatività della propria offerta" (T.A.R. Lombardia, Brescia, 10 marzo 2022, n. 239; in termini anche T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 10.06.2022, n. 1343, richiamata dall’amministrazione in sede di discussione orale).

La tesi dunque esclude l'ammissibilità dell'applicazione analogica dell'istituto previsto dall'art. 115 del D.lgs. n. 163/2006ratione temporis applicabile all'odierno giudizio, ed oggi disciplinato dall'art. 106 del D.lgs. n. 50/2016, ad un momento antecedente alla stipulazione del contratto, perché lo spazio che precede la stipulazione sarebbe già pienamente regolato dai principi dell’evidenza pubblica e della “par condicio” tra concorrenti, nonché dell’immodificabilità dell’offerta, i quali non consentono alcun cambiamento dell’oggetto dell’appalto o del contenuto della proposta del privato (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III, 27 novembre 2017, n. 11732).

11.2. Altra tesi, anche recentemente sostenuta in giurisprudenza, ha ritenuto, al contrario, valorizzando la ratio dell'istituto in esame, che esso "sia ascrivibile, nel suo complesso, sia all’esigenza di governare le sopravvenienze contrattuali sia a quella di evitare (in un contesto in cui l’appello al mercato è la regola) vere e proprie forme di diseconomia procedimentale".

In tal senso, si è ricordato che la legislazione in materia di appalti pubblici èispirata al rispetto del principio di concorrenza, ma anche informata ai criteri di efficacia ed economicità, e anche come sia irragionevole “ogni azzeramento di una procedura amministrativa in assenza di specifiche illegittimità che la affliggano”, vieppiù nella particolare ipotesi in cui l'impresa sia rimasta “vittima” delle sopravvenienze.

Rispetto alla necessità di intervenuta stipulazione del contratto, tale tesi ha evidenziato come tale momento sarebbe dirimente ai fini del riparto di giurisdizione “quale elemento cardine di passaggio dalla fase pubblicistica a quella privatistica”, ma non rivestirebbe analoga importanza se si guarda “alla realtà economica dell’appalto, che presenta invece una sua fisiologica continuità, come dimostrato, da un lato, dal fatto che può essere richiesta l’esecuzione anticipata prima della sottoscrizione dell’accordo e, dall’altro, che anche nella fase successiva la natura pubblica dell’appaltante può giustificare ipotesi speciali di caducazione del rapporto, come la risoluzione a seguito dell’emissione di un’interdittiva antimafia a carico dell’impresa.

Sotto altro profilo, si è poi rilevato che "la scelta dell’amministrazione di individuare i termini della necessaria rinegoziazione ancor prima di procedere alla stipulazione del contratto si configura in fondo come prudente, poiché, posto che la rinegoziazione implica ovviamente l’accordo della controparte, ove tale accordo non fosse stato raggiunto, si sarebbe rafforzata in capo all’amministrazione una possibilità di revoca fondata sulle sopravvenienze organizzative e su un ragionevole rispetto delle aspettative dell’aggiudicatario" (T.A.R. Piemonte, Sez. I, 28 giugno 2021, n. 667).

Nello stesso senso, altra giurisprudenza, anch'essa occupatasi di vicenda nella quale si erano succeduti annullamenti dell'aggiudicazione e ricorsi giurisdizionali, ha, in termini generali, ricordato che "il principio di immodificabilità del contratto non ha carattere assoluto.

Corte di Giustizia UE, sez. VIII, nella sentenza del 7 settembre 2016, in C. 549-14, ha chiarito che il principio di parità di trattamento e l’obbligo di trasparenza che ne derivano ostano a che, dopo l’aggiudicazione di un appalto pubblico, l’amministrazione aggiudicatrice e l’aggiudicatario apportino alle disposizioni di tale appalto modifiche tali che tali disposizioni presentino caratteristiche sostanzialmente diverse da quelle dell’appalto iniziale.

Ciò avviene, ha stabilito la Corte, solo quando le modifiche previste hanno l’effetto:

a) di estendere l’appalto, in modo considerevole, ad elementi non previsti;

b) di alterare l’equilibrio economico contrattuale in favore dell’aggiudicatario;

c) di rimettere in discussione l’aggiudicazione dell’appalto, nel senso che, «se esse fossero state previste nei documenti disciplinanti la procedura di aggiudicazione originaria, sarebbe stata accolta un’altra offerta oppure avrebbero potuto essere ammessi offerenti diversi".

Su tali basi, e richiamando l'istituto di cui all'art. 106 del vigente Codice dei Contratti, tale tesi ha ritenuto che tale complesso di principi e regole trovi applicazione "anche al caso di specie ancorché le sopravvenienze che hanno determinato le modifiche deliberate dalla Regione siano intervenute nella fase fra la aggiudicazione e la stipula del contratto.

In primo luogo perché essendo stata causata la considerevole dilatazione della durata di tale fase dal contenzioso instaurato da xxxxxxx deve trovare applicazione il generale principio secondo cui i tempi del giudizio non devono di per sé incidere sul rapporto controverso, non potendosi ammettere che la instaurazione di lunghi contenziosi possa assumere (anche in via indiretta ed involontaria) connotati strumentali che vadano oltre la reintegrazione delle posizioni soggettive lese.

In secondo luogo, militano a favore della soluzione accolta anche i principi di buona amministrazione ed economia delle risorse pubbliche: la indizione di una gara per l’affidamento della concessione di trasporto pubblico locale costituisce un impegno straordinario per l’amministrazione oltre a rispondere ad esigenze essenziali della collettività. Per questo i suoi esiti non possono essere vanificati in ragione di qualunque sopravvenienza che imponga una revisione delle condizioni contrattuali originariamente fissate, dovendosi pervenire alla sua reiterazione, così come in fase di esecuzione del contratto, solo se le modifiche assumano carattere essenziale" (T.A.R. Toscana, Sez. I, 25 febbraio 2022, n. 228).

12. Ad avviso del Collegio, tale seconda tesi merita condivisione e può ben trovare applicazione al caso che occupa.

In uno con tutte le motivazioni già ampiamente illustrate nei precedenti richiamati, il Collegio condivide altresì gli assunti dottrinali favorevoli a questa seconda impostazione ermeneutica, che richiamano, da un lato, la correttezza del ricorso all'analogia essendovene tutti presupposti, di cui all'art. 12 disp. prel. c.c., quali la lacuna dell'ordinamento, in quanto non vi è una disciplina specifica delle sopravvenienze applicabile alla fase tra l’aggiudicazione e la stipulazione del contratto e l'"eadem ratio"; dall'altro, la corretta applicazione del principio di economicità, dunque di buon andamento, dell’amministrazione (richiamato dall’art. 30, comma 1, del codice dei contratti pubblici), perché scongiura una riedizione della procedura, che diversamente s’imporrebbe in tutti i casi di modifica, ancorché non “essenziale”, delle condizioni.

Nondimeno, appare condivisibile il richiamo già svolto dalla giurisprudenza sopra esposta all'impostazione della Corte di Giustizia dell'Unione Europea, che nella sua impostazione si riferisce sempre al momento dell'aggiudicazione, ammettendo come visto le modifiche non sostanziali, valorizzando dunque la tipologia e non il momento in cui intervengono.

13. Su tali basi allora, deve ritenersi che, in senso contrario a quanto dedotto dal Comune, anche negli atti impugnati, la clausola di cui all'art. 3 del contratto stipulato tra le parti, nella parte in cui ha previsto un adeguamento del compenso per l'appalto rispetto alla procedura di gara, in ragione del lungo tempo trascorso tra la presentazione dell'offerta e la stipulazione del contratto stesso, in relazione all'aumento del costo del personale e del numero delle utenze nelle more intervenuto (prima della stipulazione del contratto), non possa essere considerata nulla.

14. Conseguentemente, gli atti impugnati devono essere annullati, siccome illegittimi nella parte in cui hanno ritenuto nulla la clausola contrattuale su cui era fondata la pretesa della parte ricorrente.

Pretesa della ricorrente che è dunque fondata con riferimento all'adeguamento del compenso in relazione al periodo intercorso tra la presentazione dell'offerta e la stipulazione del contratto, relativamente al costo del personale, sulla base delle Tabelle FISE allegate al relativo CCNL e in relazione al numero delle utenze variato in aumento pari a 22 unità.

Su tale somma sono poi dovuti gli interessi calcolati al tasso commerciale ai sensi del D.lgs. n. 231/2002.

In merito alla quantificazione della somma spettante alla ricorrente stessa, posto anche che è pacifico in causa che sia stata già versata una parte dell'adeguamento del compenso sulla base dell'indice FOI, il Collegio, ai sensi dell'art. 34, comma 4 cod. proc. amm., assegna all'amministrazione il termine di giorni 60 dalla comunicazione della presente sentenza, per formulare la propria proposta in ordine al pagamento della residua somma di denaro, sulla base dei criteri indicati nella superiore parte motiva.

15. In conclusione, il ricorso deve essere accolto e, per l'effetto devono essere annullati gli atti impugnati, nei sensi e limiti di cui in motivazione.

Le spese del giudizio, stante la complessità giuridica delle questioni trattate e la presenza di orientamenti giurisprudenziali discordanti, devono essere integralmente compensate tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie, nei sensi e limiti di cui in parte motiva, e, per l'effetto, annulla gli atti impugnati.

Condanna, ai sensi dell'art. 34, comma 4 cod. proc. amm., l'amministrazione a formulare una proposta per il pagamento della somma di denaro dovuta alla ricorrente, sulla base dei criteri di cui in parte motiva, entro il termine di giorni 60 dalla comunicazione della presente sentenza.

Spese del giudizio compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Cagliari nella camera di consiglio del giorno 26 ottobre 2022 con l'intervento dei magistrati:

xxxxxxxx, Presidente

xxxxxxxx, Consigliere

xxxxxxxx, Referendario, Estensore




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