Amministrazione di sostegno  -  Redazione P&D  -  15/06/2022

Misure di sostegno a favore dei più fragili e abrogazione dell'interdizione e dell'inabilitazione

  1. Strumenti internazionali ed esperienze di altri Paesi

 

  1. La richiamata Convenzione delle Nazioni Unite del 13 dicembre 2006 sui diritti delle persone con disabilità, in vigore per l’Italia dal 14 giugno 2009, dispone all’art. 12, par. 2, che gli Stati parti riconoscano che le persone con disabilità godono di capacità giuridica su base di uguaglianza con gli altri in tutti gli aspetti della vita, aggiungendo, al par. 3, che i medesimi Stati debbono assumere “misure appropriate per consentire l’accesso da parte delle persone con disabilità al sostegno di cui dovessero avere bisogno per esercitare la propria capacità giuridica. Come emerge dal General Comment No. 1, redatto nel 2014 del Comitato delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, l’art. 12 della Convenzione mira a prevenire tanto il “denial of legal capacity” quando il ricorso a forme di “substitute decision-making”, cioè a meccanismi che, in nome della protezione della persona interessata, prevedano la nomina di un terzo investito del potere di assumere decisioni in luogo di quest’ultima: “il modello di disabilità fondato sui diritti umani implica un passaggio dal paradigma per cui le decisioni sono demandate a sostituti a un paradigma fondato sul sostegno alle autonome decisioni dell’interessato”, per cui “il sostegno all’esercizio della capacità giuridica deve rispettare i diritti, la volontà e le preferenze delle persone con disabilità e non può mai tradursi nella sostituzione di un terzo alla persona interessata nella adozione delle decisioni che la riguardano”.

 

  1. L’approccio ora descritto si è da tempo fatto strada nei lavori del Consiglio d’Europa. Tra i documenti adottati in quel contesto, riveste speciale rilievo la raccomandazione R 99(4) del Comitato dei Ministri, del 23 febbraio 1999, recante principi sulla protezione giuridica degli adulti incapaci, oggetto in tempi recenti di una articolata verifica (e conferma) da parte del medesimo Comitato (“Enabling citizens to plan for incapacity: A review of follow-up action taken by member states of the Council of Europe to Recommendation CM/Rec(2009)11 on principles concerning continuing powers of attorney and advance directives for incapacity”, del rapporteur Adrian Ward). Particolarmente significativo, ai fini della presente ricognizione, il Principio 3 della raccomandazione citata, che postula la massima conservazione della capacità dell’interessato, chiarendo che “a measure of protection should not result automatically in a complete removal of legal capacity”.

 

   (c)  Sul piano comparatistico va sottolineato come non siano pochi - in Europa e nel mondo - gli Stati i quali, in forma più o meno esplicita, attraverso atti legislativi veri e propri o tramite pronunce della Corte Suprema, hanno espunto per tabulas l’interdizione dai loro ordinamenti. Gli interventi legislativi più recenti sono stati quasi sempre presentati come attuativi degli obblighi imposti dalla citata Convenzione del 2006. Tra gli esempi più significativi ricorderemo qui: Austria (1983), Svezia (1989), Germania (1992), Puerto Rico (1998), Repubblica Ceca (2012), Belgio (2013), Irlanda (2015), Georgia (2015), Costa Rica (2016), Lettonia (2016), Perù (2018), Portogallo (2018), Australia Stato di Vittoria (2019), Colombia (2019), Romania (2020), Spagna (2021). A risultati analoghi, con articolazioni più o meno perentorie, sono arrivati vari altri Stati, come ad esempio l’Argentina e la Polonia; ma l’elenco sarebbe assai lungo.

  

 

 




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