Cultura, società  -  Redazione P&D  -  16/10/2021

Mauro Bussani intervista Paolo Cendon (9)

B.    - Certo che, se si pensa a un uomo pazzo d’amore, il primo pensiero va a Orlando, perduto d’amore per la bella Angelica, che non pare contraccambiarlo e sembra invece preferire le adulazioni di Medoro. Sei mai stato pazzo per amore?

 

C.    – Certo che sì, molti fra i miei amori, i miei sforzi, i miei sogni, sono stati fortemente insensati (… al di là del fatto che trovo le tue domande alquanto indiscrete).

Gli esempi sono  più d’uno.

Ho deciso a un certo punto, prima notazione autobiografica, che avrei tentato di fare il professore universitario, non ero tanto dotato però, di mio, come qualità naturali, ho fatto perciò parecchia fatica ad affermarmi - ’’studio matto e disperatissimo’’, così Leopardi, figuriamoci io.

  Altri segni di squilibrio.

Amo fin troppo la semplicità in certe cose e quindi sono quindici anni di fila, se non trenta, che mi vesto sempre nello stesso modo (t-shirt nera di cotone, credo di averne più di settanta nei cassetti, tutte praticamente uguali).

Ho letto libri e saggi di diritto, credo però di aver amato con molta maggior intensità altri generi di libri, inutile fare esempi qui, e non so quanto mi siano serviti come giurista … forse più degli altri, potrebbe anche darsi.

  Lo stesso potrei dire di certi film, sempre poco armonioso Cendon nelle sue preferenze, gusti marcatamente campagnoli, ripetitivi, archivistici; quando una cosa gli piace, la sente e la riguarda anche decine di volte di fila, ossessivo e catatonico, si può essere così?




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