-  Valeria Cianciolo  -  24/04/2016

Maternità surrogata e reato di alterazione di stato – di Valeria Cianciolo

Accade con una certa sistematicità che l"autorità giudiziaria vagli le condotte di coppie di coniugi italiani che si recano all"estero, e in particolare in Ucraina, per avvalersi degli spazi di liceità riconosciuti in quell"ordinamento alla maternità surrogata.

Il figlio viene poi attribuito alla coppia c.d. committente  tramite assunzione dello stato di genitori di figlio nato nel matrimonio, nonostante il concepimento e il parto a opera tramite la terza gestante.

Dell"atto di nascita dell"autorità ucraina viene richiesta la trascrizione in Italia, posto che se l"atto non risulta dai registri dello stato civile italiano, lo status non può essere riconosciuto.

Prassi che deve essere letta alla luce dell"art. 567 c. II c.p.

Per la prima volta la Cassazione affronta il problema.

 In un caso di fecondazione assistita di tipo eterologo e contestuale maternità surrogata (c.d. utero in affitto), la Corte di Cassazione (cfr. in calce, Cass. Pen., Sez. V, 5 aprile 2016, n. 13525), ha escluso che possa configurarsi il reato di alterazione di stato ex art. 567 co. 2 c.p. qualora il neonato venga dichiarato figlio della donna per conto della quale è stata portata avanti la gravidanza - invece che come figlio della partoriente o della donatrice dell'ovulo fecondato - se l'atto di nascita è stato formato validamente nel rispetto della legge del Paese ove il bambino è nato (nel caso di specie, l'Ucraina).

Questa, in sintesi, la ricostruzione dei fatti oggetto della sentenza.

Gli imputati, un uomo e una donna che non possono portare a termine una gravidanza tradizionale, decidono di rivolgersi ad una clinica privata di Kiev in Ucraina per ricorrere a una tecnica di procreazione medicalmente assistita - fecondazione eterologa e "utero in affitto" - che non può essere praticata in Italia. In particolare, la tecnica cui ricorrono i due imputati prevede la formazione di un embrione in vitro con metà del patrimonio genetico del padre e l'altra metà proveniente da una donna ovo-donatrice. L'embrione così generato viene poi impiantato nell'utero di una terza donna che porta a termine la gravidanza.

In questo caso, gli Ermellini non solo hanno negato la possibilità di configurare il reato di alterazione di stato (art. 567 co. 2 c.p.) quando l'atto di nascita sia stato formato validamente all'estero nel rispetto della legge del Paese dove il bambino è nato (principio già affermato da Trib. Milano, Sez. V pen., 15 ottobre 2013 nonché Trib. Milano, 8 aprile 2014, G.u.p. Mastrangelo,), ma hanno altresì escluso che la condotta di chi rende dichiarazioni mendaci sull'identità, lo stato o altre qualità del minore, in epoca successiva alla formazione dell'atto di nascita, per ottenerne il riconoscimento in Italia, possa integrare il meno grave reato di falsa attestazione o dichiarazione su qualità personali.

Molte le perplessità sulle motivazioni rese nella sentenza. Lasciando da parte i problemi etici che pone la pratica della gestazione per altri, preme evidenziare alcune cose che appaiono essere stridenti con il buon senso.

Occorre premettere, limitandoci ai casi di nascita in Ucraina, che ai sensi dell"art. 123 del codice ucraino della famiglia, qualora l"embrione concepito dalla coppia di coniugi sia impiantato nell"utero di un"altra donna, i coniugi risultano i genitori legittimi del minore (comma 2),  a condizione che la terza gestante, a parto avvenuto, renda una dichiarazione oggetto di attestazione notarile di inesistenza di qualsiasi relazione genetica con il bambino e di consenso all"indicazione di altre persone quali genitori dello stesso (art. 139 c. 2 l. cit.); qualora invece l"embrione sia stato concepito tramite fecondazione da parte del marito dell"ovulo di una donna diversa dalla moglie, i coniugi risultano anche in questo caso i genitori legittimi del minore, a condizione che l"embrione sia impiantato nell"utero della moglie che porti a termine la gestazione (comma 3).

Ciò peraltro, si noti, implica che qualora ricorra l"intervento di una donna gestante terza rispetto alla coppia di aspiranti genitori e committenti, il patrimonio genetico del nascituro deve essere riconducibile a tale ultima coppia integralmente. Se il patrimonio genetico è riconducibile solo al marito della coppia, la possibilità che anche la moglie sia ritenuta madre del bambino ricorre esclusivamente nel caso in cui il parto avvenga a opera della stessa moglie.

Per costante giurisprudenza in tema di art. 567 c. 2 c.p. la falsità penalmente rilevante, come emerge del resto dalla lettera della legge, è quella che viene in rilievo in sede di formazione dell"atto di nascita; la norma prevede infatti che la formazione dell"atto di nascita è penalmente rilevante nel momento in cui avviene in forza di false certificazioni, false attestazioni o altre falsità . In particolare, si afferma in dottrina che il reato si consuma con la sottoscrizione dell"ufficiale di stato civile.

Nelle sentenze che pervengono a negare che ricorra la fattispecie di cui all"art. 567 c. II c.p. si mette in rilievo tuttavia che la trascrizione dell"atto di nascita formato in uno stato estero ha efficacia dichiarativa  e questo perché l"atto viene assunto senza poterne sindacare la validità. L"importante è che sia stato correttamente redatto secondo la lex loci e che non risulti in contrasto con l"ordine pubblico.

Il richiamo alla lex loci non convince. L"ordinamento ucraino può ritenere valido l"atto in esame, ma il giudizio  sulla verità del suo contenuto fattuale non può che rimanere un giudizio di fatto.

In sostanza: posto che nell"ipotesi in esame la donna committente non ha partorito il bambino, né risulta madre genetica, l"atto di nascita ucraino che riporta la generalità della coppia di cittadini italiani committenti quali genitori del bambino nato a Kiev, è falso, nel senso minimale di non corrispondente alla realtà: circostanza che non può essere smentita neppure dal fatto che per l"ordinamento ucraino tali soggetti siano da considerarsi a tutti gli effetti come i genitori legittimi del bambino.

Non pare possibile sostenere che essendosi l"atto formato in Ucraina, e soltanto trascritto in Italia, non si determini la consumazione del reato da parte di coloro che appaiono come genitori; una simile interpretazione finisce per creare dei vuoti di tutela postulando un"ingiustificata enclave di immunità in contrasto con l"art. 3 Cost. Se si aderisce alla ricostruzione del concetto di atto di nascita più corretta in relazione alla sua funzione, la lettura delle vicende in esame nel senso dell"integrazione della fattispecie di cui all"art. 567 c. II c.p. trova ulteriori conferme.

Nel caso in esame, a mio avviso, è certamente integrata sul piano oggettivo la figura di reato oggetto di contestazione, giacché nell'atto di nascita è stato attribuito lo status di figlio di una donna che, in realtà, non lo ha né generato né partorito. Anche in relazione all'elemento soggettivo, non si può dubitare che gli imputati fossero consapevoli della falsità della dichiarazione relativa alla status di discendenza dei piccoli e che entrambi vollero effettuare tale falsa dichiarazione essendo in grado di prevedere quale sarebbe stata la conseguenza della loro azione, cioè attribuire al neonato uno stato di civile diverso da quello che sarebbe loro spettato «secondo natura».

La mia è solo un"opinione. Una modesta opinione.

La Cassazione ha comunque rigettato il ricorso avanzato dal Procuratore Generale presso il Tribunale.

 




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