-  Talarico Maria  -  14/07/2012

LIVA E INDETRAIBILE NELLA FRODE CAROSELLO – Cass. Civ. 9107/2012 – Maria TALARICO

La V Sez. Tributaria della Corte di Cassazione ha statuito l"indetraibilità dell"iva qualora le attività di acquisto e rivendita oggetto dell"accertamento dell"amministrazione finanziaria siano rivelatrici di una frode carosello.

Prima di analizzare le motivazioni della Suprema, giova accennare i tratti salienti della fattispecie denominata "frode carosello".

Nel caso degli acquisti intracomunitari, ovvero realizzati tra paesi appartenenti all"unione europea, la frode carosello consente di realizzare un guadagno tramite l"apparentemente regolare diritto a detrarre l"iva sugli acquisti. La normativa vigente, infatti, (art. 38 del D.L. 331/93 convertito nella L. 427/93), prevede l"applicazione dell"iva sugli acquisti intracomunitari di beni, effettuati nel territorio dello stato nell"esercizio di imprese, arti o professioni o comunque effettuati da soggetti passivi d"imposta: l"iva va applicata nel paese di destinazione del bene e il soggetto debitore dell"imposta è chi lo acquista. I successivi artt. 45-47 della stessa legge prevedono il meccanismo della doppia registrazione, per cui l"acquirente/cessionario del bene dovrà registrare la fattura ricevuta dal venditore comunitario, integrandola con l"ammontare dell"imposta iva, sia nel registro delle fatture emesse che nel registro acquisti e può quindi detrarre l"iva a norma dell"art. 19 d.p.r. 633/72: il risultato è che l"acquisto risulta neutro ai fini iva per l"acquirente. Qualora quest"ultimo rivenda il bene all"interno del territorio dello stato, dovrà applicare l"iva ed il suo cessionario, soggetto passivo dell"imposta, acquisirà il diritto a detrarla.

In tale meccanismo contabile si insinua la condotta fraudolenta di chi voglia utilizzare a suo vantaggio il regime iva degli acquisti intracomunitari ponendo in essere la c.d. frode carosello. Lo schema classico e più semplice di tale fattispecie prevede tre soggetti: un cedente/venditore di un paese UE, una società interposta denominata "cartiera" che acquista il bene nel territorio dello stato senza pagare l"iva, secondo il meccanismo già descritto, e un acquirente finale, denominato interponente, che acquista dalla cartiera il bene gravato di iva e matura il diritto a detrarre l"iva versata.

L"elemento della catena sul quale porre attenzione è la società cartiera, così detta poiché funzionale ad emettere fatture per un"attività commerciale non effettuata in realtà, atteso che tale società appare come il fornitore dell"acquirente finale verso il quale fattura l"acquisto del bene, mentre nei fatti è solo un intermediario funzionale alla riuscita della frode. In concreto, il congegno contabile è finalizzato a consentire all"acquirente/cessionario di portare in detrazione l"iva pagata sull"acquisto dalla società interposta (cartiera) ed è appunto questo il compito della cartiera che, solitamente, è una ditta intestata a un prestanome e destinata a una vita breve che renda difficile agli inquirenti risalire all"identità del regista occulto delle condotte fraudolente.

Nei fatti, l"importo corrispondente all"imposta iva non viene materialmente pagato dall"interponente (cessionario) all"interposta (cartiera): solitamente le due parti si accordano per un emolumento che il cessionario corrisponde alla cartiera per remunerarla dell"attività svolta, sebbene contabilmente risulti un regolare versamento dell"imposta iva dal primo alla seconda, con conseguente diritto del cessionario alla detrazione iva ai sensi dell"art. 19 d.p.r. 633/72 (e corrispondente dovere della società interposta di versare all"erario l"iva a debito percepita).

Il vantaggio per il cessionario interponente è evidente: egli matura un certo quantitativo di iva a credito ed acquista un bene a costi inferiori (non avendo in realtà pagato la relativa imposta iva), cosicchè può rivenderlo ai consumatori finali a prezzi concorrenziali.

Ma proprio il prezzo sottocosto, unitamente al mancato versamento dell"iva all"erario ed all"omessa presentazione della dichiarazione dei redditi da parte della cartiera, nonché alla detrazione dell"imposta effettuata dall"acquirente/interponente, sono elementi che lasciano presumere all"amministrazione finanziaria l"esistenza di una frode carosello.

Nel caso esaminato dalla sentenza della Cassazione, l"acquisto intracomunitario riguardava autoveicoli successivamente rivenduti a prezzi da considerare sottocosto. La principale doglianza della società ricorrente denunciava il mancato assolvimento dell"onere probatorio da parte dell"amministrazione finanziaria la quale, a dire del contribuente, non avrebbe dimostrato la sussistenza della frode carosello. Sul punto, gli Ermellini si sono riportati al noto orientamento in tema di frodi carosello, per cui l"onere probatorio gravante sull"amministrazione finanziaria può dirsi assolto anche per presunzioni semplici, laddove lo stesso giudice del merito aveva rilevato l"esistenza di tutti gli elementi (acquisto e rivendita sottocosto, mancato versamento dell"iva da parte dell"interposta, detrazione iva posta in essere dall"interponente) atti a far presumere la presenza di un"attività fraudolenta consapevole.

Secondo la Corte, infatti "in tema di IVA, nelle c.d. frodi carosello, il meccanismo dell"operazione e gli scopi che la stessa si propone (acquisizione di materiali a prezzi più contenuti al fine di praticare prezzi di vendita più bassi, con alterazione a proprio favore del libero mercato) fanno presumere la piena conoscenza della frode e la consapevole partecipazione all"accordo simulatorio del beneficiario finale". La Corte osserva, altresì, che il contribuente nulla aveva provato in ordine alla propria buona fede, com"era suo onere a fronte di operazioni soggettivamente inesistenti (in quanto riguardanti attività fatturate da un soggetto interposto fittiziamente, quale la cartiera, n.d.r.).

La sentenza conclude richiamandosi all"orientamento della Corte in materia di iva, ribadendo che l"intento fraudolento ovvero la consapevole partecipazione all"accordo simulatorio non consente, in applicazione dell"art. 17 della Direttiva 77/388/CEE, la detraibilità dell"iva ai sensi dell"art. 19 d.p.r. 633/72, anche se le operazioni prese in considerazione siano state effettivamente compiute e la relativa contabilità, ivi comprese le fatture, appaia del tutto regolare.




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