Il fatto di accusare disagi psichici non significherà che la persona non possa, sul piano delle iniziative, collaborare alla propria rinascita. Anche sul piano contrattuale.
Anzitutto è pacifico che un individuo, per quanto instabile, è sempre in grado di compiere gli atti della vita di ogni giorno. Nessun barista, al pazzerello che gli chieda un cappuccino, porgendo un euro e quaranta, potrà mai rispondere: “Non ti servo, sei fuori di testa. Puoi restare nel mio locale, niente però consumazioni; al massimo un bicchier d’acqua dal rubinetto, in regalo”.
Lo stesso per quanto concerne il fornaio, il tassista, il salumiere, il calzolaio, il fruttivendolo (articolo 409 c.c., ultimo comma).
Conclusione analoga, fin che possibile, anche rispetto a negozi meno semplici.
Non si parla di operazioni societarie, beninteso, né di fusioni tra banche. Ciò che è sensato dovrà accogliersi tuttavia - in vista di una miglior risocializzazione - nella portata virtuale del fragile; almeno in chiave informativa, di partecipazione ai vari anelli.
Complicità, accompagnamenti; mai esclusioni o segretezze, nessuno messo di fronte al fatto compiuto. Decisive nei dettagli, sempre, le caratteristiche del caso specifico: natura del vulnus psichico, curiosità e disponibilità al coinvolgimento, importanza del contratto da stipulare, costi/benefici sulla carta, idoneità di un’assistenza (doppia firma) civilistica.