Deboli, svantaggiati  -  Alceste Santuari  -  11/07/2022

Le cooperative sociali non sono organizzazioni di volontariato – Corte UE C-213/21 e C-214/21

Il Consiglio di Stato, con ordinanze del 18 gennaio e 3 marzo 2021, rimetteva al vaglio della Corte di giustizia dell’Unione europea l’interpretazione relativa all’applicazione dell’art. 57 del Codice del Terzo settore. Nello specifico, i giudici di Palazzo Spada chiedevano ai giudici di Lussemburgo di esprimersi circa la possibile equiparazione tra organizzazioni di volontariato e cooperative sociali, dalla quale avrebbe potuto derivare la possibilità per queste ultime di accedere alle convenzioni (alternative alle procedure d’appalto) previste dall’art. 57 del d. lgs. n. 117/2017.

In questo senso, a giudizio del Consiglio di Stato, mentre l’art. 57 citato fa espresso riferimento alle sole organizzazioni di volontariato, l’art. 10, lett. h) della direttiva sugli appalti pubblici del 2014 riguarderebbe le organizzazioni o le associazioni “senza scopo di lucro” e non si limiterebbe alle sole organizzazioni o associazioni di volontariato.

I giudici europei hanno richiamato i considerando 28 e 118 della direttiva 2014/24, i quali rispettivamente, sanciscono che le organizzazioni di volontariato possono legittimamente essere “preferite” per il servizio di trasporto sanitario di emergenza e urgenza e che taluni servizi, compresi quelli sanitari, possono essere “riservati” alle cooperative.

Dai considerando in parola discendono, rispettivamente, l’art. 10, lett. h) della Direttiva 2014/24, che esclude dagli appalti pubblici di servizi il trasporto sanitario di emergenza e urgenza e l’art. 77, che legittima gli Stati membri a riservare l’affidamento di taluni servizi soltanto a favore di alcune organizzazioni che presentino determinate caratteristiche e che, segnatamente:

  1. a) perseguono una missione di servizio pubblico legata alla prestazione dei servizi indicati (sociali, sanitari, culturali);
  2. b) reinvestano i profitti al fine di conseguire l'obiettivo dell'organizzazione. Se i profitti sono distribuiti o redistribuiti, ciò dovrebbe basarsi su considerazioni partecipative;
  3. c) presentano una struttura di gestione o di proprietà basate su principi di azionariato dei dipendenti o partecipativi, ovvero richiedono la partecipazione attiva di dipendenti, utenti o soggetti interessati.

I giudici europei hanno altresì richiamato le disposizioni del Codice dei contratti pubblici, del Codice del Terzo settore, del d. lgs. n. 112/2017 in materia di impresa sociale, del Codice civile in materia di cooperative a mutualità prevalente, nonché la sentenza del 21 marzo 2019, Falck Rettungsdienste e Falck (C-465/17, EU:C:2019:234). In quest’ultima, i giudici europei hanno dichiarato che costituiscono “organizzazioni e associazioni senza scopo di lucro”, ai sensi dell'articolo 10, lettera h), della direttiva 2014/24, le organizzazioni o le associazioni che hanno l'obiettivo di svolgere funzioni sociali, prive di finalità commerciali e che reinvestono eventuali utili al fine di raggiungere il loro obiettivo.

Per rispondere al quesito pregiudiziale sottoposto dai giudici di Palazzo Spada, la Corte europea di giustizia ha chiarito che la “la nozione di organizzazioni o di associazioni «senza scopo di lucro» è definita in opposizione ad un raggruppamento a scopo di lucro che è costituito al fine di realizzare un profitto”. Si tratta di una nozione ampia “da ricomprendere organizzazioni basate sull'azionariato dei lavoratori o sulla loro partecipazione attiva al governo societario, quali le cooperative sociali, purché esse non perseguano scopi di lucro.”

Finalità, tuttavia, che deve identificare “un carattere particolare” delle organizzazioni di volontariato, ossia il fatto che esse “non perseguono alcun fine di lucro e che non possono procurare alcun utile, neppure indiretto, ai loro membri.” Da ciò consegue che “le organizzazioni o le associazioni che hanno la possibilità di distribuire utili ai loro membri non rientrano nell'ambito di applicazione dell'articolo 10, lettera h), della direttiva 2014/24.”

Anche richiamando la previsione contenuta nel considerando 118 e art. 77 della Direttiva 2014/24, i giudici europei hanno evidenziato che il “il legislatore dell'Unione ha quindi previsto un trattamento differenziato tra le organizzazioni o le associazioni «senza scopo di lucro», di cui all'articolo 10, lettera h), della direttiva 2014/24, e le organizzazioni di cui al punto precedente della presente sentenza.”

In altri termini, le organizzazioni e le associazioni di cui all'articolo 10, lettera h), della direttiva non possono essere equiparate alle organizzazioni basate sull'azionariato dei dipendenti o sulla loro partecipazione attiva al governo societario, quali le cooperative.

Alla luce di quanto sopra emerge che le cooperative sociali, equiparabili per diversi profili alle organizzazioni di volontariato, da queste ultime si differenziano per un “diverso” trattamento dei risultati economici conseguiti. Anche qualora lo statuto di una cooperativa sociale dovesse stabilire un assoluto divieto di distribuzione degli utili tra i soci della medesima cooperativa, la possibilità di riconoscere un ristorno agli stessi soci configura una diversa configurazione giuridica, che non può essere ritenuta analoga a quella delle organizzazioni di volontariato ex art. 57 Codice del Terzo settore.

In questa prospettiva, concludono i giudici europei, poiché “i ristorni costituiscono uno strumento per attribuire un vantaggio ai soci di una cooperativa, l'esistenza di siffatta possibilità di distribuzione di «utili» dovrebbe ostare alla qualificazione di una cooperativa sociale[…]come organizzazione o associazione «senza scopo di lucro» ai sensi dell'articolo 10, lettera h), della direttiva 2014/24.”

La ratio decidendi è chiara: la Corte, nell’applicare il metodo sostanzialistico, ossia l’esame dello statuto della cooperativa sociale nel caso concreto, da un lato, sembra mettere una “pietra tombale” su una questione che ha interessato l’interpretazione giurisprudenziale italiana negli ultimi anni e, dall’altro, “salva” l’art. 57 del Codice del Terzo settore, che ha previsto una “corsia prioritaria” per le organizzazioni di volontariato nell’erogazione del servizio di trasporto sanitario di emergenza e urgenza.


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