-  Ferrara Eufemia  -  20/02/2013

LE CONTROVERSIE ARBITRABILI EX ART. 806 C.P.C.- Eufemia FERRARA

Negli ultimi decenni il ricorso ai metodi alternativi per la risoluzione delle controversie in ambito civile e commerciale ha vissuto un forte incremento in quanto hanno il vantaggio di risolvere il conflitto insorto tra parti in modo più celere rispetto alla giustizia ordinaria e con maggiori garanzia di riservatezza.

Infatti, è prassi consolidata, l"inserimento nei contratti di una clausola compromissoria con la quale i contraenti si accordano per deferire la soluzione delle controversie che sorgeranno dal contratto alla decisione di un arbitro oppure di un collegio arbitrale, sottraendole alla giustizia ordinaria.

L"esigenza di ricorrere al una soluzione alternativa delle liti è sorta come conseguenza alla eccessiva durata dei giudizi civili in Italia.

In questo clima è intervenuto il legislatore che con il D. lgs n. 40 del 2 febbraio 2006 ha apportato modifiche alla disciplina in vigore sull"arbitrato con un intento evidente di estendere l"applicazione della clausola compromissoria sia con riguardo alle materie arbitrabili, sia con riferimento alle questioni cui la clausola si riferisce.

Infatti, il legislatore, al fine di riformare in modo razionale la disciplina dell"arbitrato con il D.lgs. 2 Febbraio 2006, n. 40, è intervenuto sul capo I del titolo VII del codice civile che all"art. 806 rubricato "Compromesso" si legge: " Le parti possono far decidere da arbitri le controversie tra di loro insorte, tranne quelle previste negli articoli 429 [ora: 409] e 459 [ora: 442] (1) , quelle che riguardano questioni di stato e di separazione personale tra coniugi [706 ss., 150 ss. c.c.] e le altre che non possono formare oggetto di transazione [1966 comma 2 c.c.]"

Oggi, dunque, diversamente da quanto accadeva nel sistema previgente, la disciplina del diritto arbitrale si apre significativamente con una norma di carattere generale, che definisce l"ambito delle controversie per le quali è ammesso il ricorso all"arbitrato in deroga alla giurisdizione del giudice dello Stato.

Il carattere generale della disposizione, anche alla luce del principio di delega, permette di ritenere che le condizioni da essa poste valgano tanto per l"arbitrato rituale, quanto per l"arbitrato irrituale (o libero), instaurato vuoi sulla base di compromesso (art. 807), vuoi di clausola compromissoria (art. 808), vuoi, infine, di convenzione arbitrale per controversie future relative a rapporti non contrattuali (art. 808 bis).

In particolare la norma ha presentato notevoli profili di novità ossia in primis che i limiti oggettivi alla compromettibilità non sono più definiti mediante l"indicazione di specifiche materie non arbitrabili e il riferimento operato alle controversie che non possono formare oggetto di transazione.

La loro individuazione è oggi attuata attraverso la previsione di una clausola generale, che ammette l"arbitrato sulle liti che non abbiano ad oggetto diritti indisponibili e, in secondo luogo, che nell"ambito delle materie disponibili, il ricorso alla giustizia privata può essere impedito solo a mezzo di un espresso divieto di legge; c) per le controversie di lavoro di cui all"art. 409, è previsto che possano essere deferite in arbitri solo se ciò è espressamente previsto dalla legge o nei contratti o accordi collettivi di lavoro.

La previsione prevista, dunque, dall"art. 806 del Codice Civile per la quale "le parti possono far decidere da arbitri le controversie tra loro insorte che non abbiano per oggetto diritti indisponibili, salvo espresso divieto di legge" consente di affermare che l"arbitrato, oggi come ieri, è esperibile soltanto nel campo dei diritti disponibili ma che tuttavia, per mezzo di un"espressa disposizione di legge, il ricorso agli arbitri può essere impedito anche in relazione a controversie su materie disponibili.

Sul quest"ultimo punto in dottrina si è osservato che la norma di legge è suscettibile ad assumere due diversi significati.

Infatti, alcuni ritengono che la disposizione introduca una sorta di generale autorizzazione al legislatore di porre divieti di arbitrato nel settore dei diritti disponibili.

Altri, invece, sostengono che la norma detti un criterio interpretativo e funzionale alla riaffermazione, del principio che in presenza di una controversia su un diritto disponibile, l"arbitrato può essere impedito solo se è dettata un"espressa previsione di legge in tal senso.

E" importante osservare che il divieto di arbitrato su diritti disponibili, affinché sia costituzionalmente legittimo, deve rispondere a particolari ragioni di opportunità, emergenti in relazione a ciascuna specifica fattispecie, che non facciano apparire come manifestamente irragionevole l"attuata compressione del diritto di azione (garantito, anche in senso negativo, dall"art. 24 Cost.) e del principio di autonomia privata (protetto dall"art. 41 Cost.).

Pertanto, ne consegue che l"unica interpretazione ammissibile della disposizione in rilievo è che, a fronte di un diritto disponibile, il divieto di compromettibilità della controversia su di esso insorta può discendere esclusivamente da una previsione di legge che abbia quale contenuto specifico e determinato il divieto di arbitrabilità. Si allude, in particolare, a norme concernenti il momento della tutela giurisdizionale del diritto, come, in specie, quelle che istituiscono la giurisdizione di un giudice speciale o che prevedono criteri di competenza funzionale ed inderogabile per determinate categorie di liti.

Una scelta in questo senso è già presente nel nostro ordinamento, ad esempio, in materia di opere pubbliche comprese in programmi di ricostruzione di territori colpiti da calamità ed oggi, più in generale, in materia di contratti pubblici aventi ad oggetto lavori, forniture e servizi, e non si può, a priori, escludere che l"emersione di ulteriori esigenze non consigli l"adozione di un"analoga soluzione anche per altri settori, in relazione ai quali, per sue carenze strutturali, il processo arbitrale "non garantisc(a) un tipo di accertamento quale è imposto dalla natura della situazione sostanziale controversa".

Veniamo ora alla seconda tipologia di divieto che, come sudddetto, consiste in un limite all"arbitrabilità di carattere soltanto relativo, in quanto il ricorso alla giustizia privata viene subordinato alla realizzazione di determinate condizioni, aggiuntive rispetto al carattere disponibile del diritto.

Un'ipotesi di questo tipo è contenuta al secondo comma dell"art. 806, in relazione alle controversie di lavoro; nonostante il contrario avviso di parte della dottrina, si deve infatti ritenere che la preventiva manifestazione di volontà, espressa a livello legale o di contrattazione collettiva, rappresenti condizione necessaria per l"arbitrabilità di tale tipologia di controversie.

Questa è stata la scelta operata dal legislatore-riformatore in relazione alle controversie di lavoro al fine di garantire che la parte debole del sinallagma contrattuale operi la scelta a favore della giustizia privata su un piano di effettiva parità con il contraente forte, il legislatore richiede la preventiva manifestazione di volontà autorizzativa, ed alla realizzazione di detta condizione subordina l"arbitrabilità della lite; in difetto, il patto compromissorio individuale deve essere qualificato come accordo stipulato in ordine a materia non arbitrabile e non già quale convenzione nulla o, comunque, invalida per difetto di un suo requisito essenziale.

Infatti, il vizio di non arbitrabilità non è sanabile e, pertanto, può essere sempre fatto valere nel corso del processo arbitrale e anche per la prima volta in sede di impugnazione del lodo, essendo sottratto al regime dettato per le altre ipotesi di invalidità del patto compromissorio dagli artt. 817, comma 2, e 829, comma 1, n.1.

Il lodo, eventualmente emesso è affetto da nullità-inesistenza, poiché il vizio de quo non è soggetto a conversione in motivo di impugnazione; ne consegue che esso può, ma non deve, essere fatto valere con l"impugnazione per nullità ex art. 829, e che, nonostante qualsiasi decadenza, è sempre deducibile sia in sede di opposizione all"esecuzione, sia mediante un"autonoma actio nullitatis, sia, infine, in via di eccezione, per contrastare la pretesa fondata sugli effetti del lodo.

Come già detto, oggi, salvo espresso divieto di legge, devono ritenersi compromettibili le controversie aventi ad oggetto diritti disponibili.

Il concetto di disponibilità del diritto o, se si vuole, di diritto disponibile, implica, dunque, quello di potere o facoltà di disposizione del diritto da parte del soggetto. Dal punto di vista concettuale, sembra possibile affermare che, al di là delle differenze tra le formule verbali di volta in volta utilizzate, è generalmente condivisa l"idea secondo cui il potere di disposizione rientra nell"ambito del potere di autonomia privata; in altri termini, ne rappresenta una particolare modalità di esercizio.

Ad ogni modo, la dottrina più recente, ai fini della determinazione delle materie arbitrabili, ritiene inaccettabile adottare una nozione ampia di disponibilità, coincidente con l"area degli effetti giuridici lecitamente producibili in via negoziale, con conseguente sovrapposizione dell"area della indisponibilità con quella delle norme inderogabili.

Non rileva, dunque, ogni divieto al potere negoziale, bensì solo quel divieto concernente la produzione di effetti giuridici qualificati dal contenuto dismissivo del diritto.

Il legislatore ha conformato l"arbitrabilità delle controversie quale variabile dipendente da una qualificazione di diritto sostanziale della situazione giuridica: il carattere disponibile o indisponibile di un rapporto è del tutto indifferente vuoi rispetto alla pretesa ed alla contestazione delle parti litiganti, vuoi rispetto al contenuto che assumerà il lodo che definisce la lite.




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