-  Redazione P&D  -  23/02/2009

L'ASSISTENZA LEGALE DEI SENZA FISSA DIMORA - Miryam MENNA - Alessandro MURRU - Silvia SAVIGNI

Nei primi anni di vita del progetto "Avvocati di Strada" a Bologna, è emersa l’esistenza di altri importanti fattori che impediscono alle persone senza fissa dimora di usufruire di assistenza legale. Gli ostacoli all’esercizio di tale fondamentale diritto non sono, infatti, solamente di carattere economico, ma vanno ricercate in difficoltà di natura prima di tutto culturale.
Le esperienze di altri paesi, Stati Uniti ed Inghilterra in particolare, dimostrano come il problema della difesa dei non abbienti non possa essere risolto e vinto cercando di porre esclusivamente rimedio al profilo dei costi di giustizia che, seppure prioritario, non è dunque da considerarsi ostacolo esclusivo.
L’attività svolta allo sportello ha dato conto di come i nostri utenti siano spesso cittadini senza cognizione dei propri diritti, degli strumenti a loro disposizione, delle strutture e delle persone cui rivolgersi per richiedere una tutela giuridica. A questa carenza d’informazione e di coscienza della propria condizione di cittadini con pari dignità, spesso si accompagna, nei nostri utenti, il non meno difficile ostacolo della diffidenza verso le strutture ed i legali che si pongono a disposizione per prestare gratuitamente la propria attività di tutela.
Già nei primi mesi di attività dello sportello, infatti, oltre a verificare la reale utilità del nostro servizio, abbiamo anche capito che dovevamo evitare il rischio del mancato incontro “domanda/offerta”, sfida determinante per giungere ad una piena effettività del servizio che stavamo offrendo.
Sin dall’inizio, quindi, ci siamo impegnati affinché Avvocato di Strada potesse essere conosciuto dagli utenti che avevano bisogno di assistenza legale. Tramite volantini, inserti ed articoli sui giornali, abbiamo cercato di divulgare l’avvio della nostra attività, l’indirizzo del nostro sportello, il tipo di servizio che intendevamo prestare.
In questo percorso un ruolo fondamentale è stato svolto dalla fine del 2001 alla fine del 2003 da un volontario senza fissa dimora. Alberto M. ha permesso alla struttura di costituire un legame diretto con le persone da tutelare, aiutandoci ad abbattere la barriera della diffidenza. Egli è stato, nei primi tempi, il tramite tra noi e gli utenti; colui che si è occupato di prendere contatto le persone direttamente in strada, nelle stazioni, nei dormitori, che ha parlato con la gente, ascoltandone i problemi e le necessità in vista dell’appuntamento con i volontari del progetto. Il suo ruolo non si è esaurito tuttavia nel solo primo contatto. Alberto M. ha seguito costantemente l’evoluzione delle pratiche, intrattenendo con il soggetto da tutelare quel continuo rapporto umano che costituisce un momento fondamentale della nostra attività. Egli è stato insomma la persona che ha permesso alla nostra struttura di costituire un legame diretto con le persone da tutelare aiutandoci ad abbattere le barriere della diffidenza.
In Italia, la normativa a tutela del diritto all’assistenza giudiziaria dei non abbienti è stata a lungo carente e, comunque, non idonea a garantirne la reale effettività. Per quanto riguarda la giustizia civile ed amministrativa in particolare, sino al luglio 2002 la normativa di riferimento è stato il R.D. 3282 del 1923, che definisce il gratuito patrocinio quale “ufficio onorifico degli avvocati”. Presso lo sportello di Avvocato di Strada gli utenti possono trovare persone realmente disposte a rispettare questa normativa.
Per molti anni, infatti, non essendo stata disciplinata in modo adeguato una forma di patrocinio a spese dello Stato, al problema della gratuità degli onorari si aggiungeva, per le cause civili ed amministrative, l’ulteriore annosa questione dell’anticipo delle spese legali. Guardando all’attività concretamente svolta dagli avvocati del progetto, si può riferire come questo sia stato il problema che si è presentato, per trarre un esempio, nel caso del sig. D.A.
D.A. è una persona senza fissa dimora alla quale il gruppo Avvocato di Strada ha dato la possibilità, con ricorso d’urgenza ex art. 700 c.p.c., di intentare una causa contro il Comune di Bologna per la tutela del proprio diritto di residenza. Secondo la normativa all’epoca vigente, infatti, il sig. D.A. avrebbe comunque dovuto anticipare da sé i costi per le spese vive da sostenere in giudizio. Solo grazie ad Avvocato di Strada, che ha anticipato le spese necessarie, il sig. D.A. ha potuto quindi tutelare tramite un processo le proprie ragioni. La causa è stata vinta e il Comune è stato condannato al pagamento delle spese legali. Gli avvocati hanno così potuto recuperare quanto personalmente anticipato e, con la somma loro restante, costituire un apposito fondo per fare fronte alle spese da anticiparsi in altri eventuali giudizi; ma senza l’anticipo deciso eccezionalmente dai membri dell’associazione, il diritto del sig. D.A. non avrebbe mai avuto accesso alla sede processuale.
Dando uno sguardo d’insieme all’attività di tutela posta in essere dall’Avvocato di Strada in materia civile e amministrativa nel corso del 2001, è possibile verificare che, sui molti casi affrontati, più della metà sono risolti con la sola prestazione di consulenze legali gratuite. A volte è bastato individuare il problema sottoposto allo sportello e indirizzare nel modo corretto gli utenti verso le strutture competenti per la sua risoluzione (camera del lavoro, uffici anagrafici, patronati); altre volte Avvocato di Strada ha posto in essere un’attività stragiudiziale che consentisse di risolvere la controversia in tempi rapidi ed evitando il giudizio. Esempio di tale seconda fattispecie si è avuto in materia di divisione d’eredità. Nel caso specifico il sig. C.G. aveva ereditato assieme alle due sorelle la casa di famiglia. Tuttavia, mentre le due sorelle usufruivano del bene percependone anche i frutti, il sig. C.G. veniva completamente escluso dal godimento della proprietà. Avvocato di Strada ha dapprima provveduto con una formale richiesta scritta, alla quale è seguita una trattativa condotta con il legale della controparte. Poiché la trattativa non ha portato ai risultati sperati alcuni avvocati dello sportello hanno dovuto promuovere una causa nei confronti dei coeredi con il patrocinio della Caritas di Bologna.


Il gratuito patrocinio

Con l’espressione gratuito patrocinio si fa riferimento ad un beneficio che consiste nel riconoscimento dell’assistenza legale gratuita alle persone che non sono in grado di sostenerne i costi e le spese.
Le origini di questo istituto sono molto antiche e risalgono all’epoca dell’impero romano. Nel corso dei secoli gli ordinamenti giuridici hanno sviluppato sistemi differenti per realizzare tale beneficio. Il diritto al gratuito patrocinio è stato, infatti, tradizionalmente realizzato secondo due modelli. Uno fondato sull’istituzione di uffici legali pubblici e caratterizzato dall’intervento dello Stato per il pagamento delle spese legali. L’altro, al contrario, costituito quasi esclusivamente dalle prestazioni della classe forense, sulla quale si pone l’onere di assistere gratuitamente le persone aventi diritto.
Oggi, nel nostro ordinamento, il diritto al gratuito patrocinio viene riconosciuto tanto come diritto fondamentale della persona quanto come diritto sociale il cui esercizio garantisce la partecipazione effettiva all’organizzazione politica, economica e sociale dello Stato, in osservanza dell’art. 3, comma 2, Cost. La garanzia di un’effettiva assistenza legale per i non abbienti rappresenta, dunque, uno degli obblighi dello Stato diretti a rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana .
L’art. 24 della Costituzione, in tale ottica, definisce il diritto alla difesa come diritto inviolabile dell’individuo ed afferma che “sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione”.
Il diritto al gratuito patrocinio come diritto fondamentale dell’individuo è, inoltre, riconosciuto ed affermato da numerose norme internazionali: l’art. 6, comma 3, lett. c) della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (Roma, 4 novembre 1950), il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici di New York del 19 dicembre 1966, art. 14, 3 comma, lett. d).
Di particolare interesse per i cittadini dell’Unione Europea è poi quanto stabilito nella parte conclusiva dell’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione : “Ogni individuo i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell’unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice, nel rispetto delle condizioni previste nel presente articolo. Ogni individuo ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole, da un giudice indipendente ed imparziale, precostituito per legge. Ogni individuo ha la facoltà di farsi consigliare, difendere e rappresentare.
A coloro che non dispongono di mezzi sufficienti è concesso il patrocinio a spese dello Stato qualora ciò sia necessario per assicurare un accesso effettivo alla giustizia”.
Seppure, dunque, il diritto al gratuito patrocinio abbia ormai da molti anni guadagnato lo status di diritto fondamentale dell’individuo, i ritardi del legislatore italiano e le carenze del nostro sistema di diritto nel suo riconoscimento e nella sua attuazione sono stati molti e profondi.
Ancora in tempi recenti, nel 1980 in particolare, la Corte Europea dei diritti dell’uomo, ha condannato l’Italia al risarcimento dei danni derivanti ad un cittadino italiano dal mancato godimento dell’assistenza giudiziaria gratuita. La sentenza resa il 13 maggio 1980 nel c.d. caso Artico affermava : “È contrario all’art. 6, comma 3, lett. c), della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali il comportamento tenuto dagli organi dello Stato italiano nei confronti del ricorrente, cui non hanno assicurato l’assistenza giudiziaria gratuita in relazione ad un ricorso per cassazione in materia penale, dopo che l’avvocato cui tale compito era stato affidato in relazione a precedenti fasi processuali aveva dichiarato di non poter assolvere il mandato”.
Per capire le motivazioni di tale condanna e le carenze dei sistemi scelti dal nostro legislatore nella formalizzazione dell’istituto che vengono lamentati dal passo ora citato, è necessario ripercorrere brevemente l’evoluzione del gratuito patrocinio nel nostro sistema legale. Con l’unificazione d’Italia del 1861 venne esteso a tutto i territori del neonato Regno, l’istituto dell’Avvocatura dei Poveri, che affidava la difesa dei non abbienti ad uffici statali formati da giuristi nominati e stipendiati dallo Stato. Tuttavia, tale sistema di origine sabaudo piemontese ebbe, nello stato unitario, vita assai breve. Già con la legge Cortese n. 2626 del 1865, il governo del tempo, infatti, adducendo ragioni di riduzione della spesa pubblica, aboliva gli uffici pubblici di assistenza ai poveri.
Solo con il R.D. 30 dicembre 1923 n. 3282 l’assistenza giudiziaria dei non abbienti venne disciplinata in modo organico . L’art. 1 del R.D. prevedeva che “Il patrocinio gratuito dei poveri è un ufficio onorifico ed obbligatorio degli avvocati e dei procuratori”; sancendo così il passaggio da un sistema ispirato ai principi dell’assistenza pubblica, ad uno basato esclusivamente sulle prestazioni gratuite dei liberi professionisti.
Nonostante numerosi tentativi e proposte di legge, la disciplina del R.D. del 1923 è rimasta in vigore per moltissimi anni. Le prime modifiche sono state introdotte nel 1973 con la legge n. 533/1973, che ha istituito il patrocinio a spese dello Stato nelle controversie di lavoro e di previdenza sociale. La legge n. 184/1983 ha introdotto poi una disciplina analoga nei processi relativi all’adozione e all’affidamento dei minori. Solo nel 1990, con la legge 217 ed a seguito dell’entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale, veniva infine introdotto il patrocinio a spese dello Stato nel processo penale e nei procedimenti civili per il risarcimento dei danni derivanti da reato.
Sino ad oggi, quindi, gli interventi del legislatore in attuazione all’art. 24 Cost. non hanno fornito una disciplina unitaria del gratuito patrocinio, ma si sono limitati a previsioni specifiche nell’ambito delle singole giurisdizioni. A tale panorama d’insieme è da aggiungersi il dato per cui, fino alla recente legge 29 marzo 2001 n. 134, che ha riformato l’intero istituto con introduzione del patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti nei giudizi penali, civili, amministrativi, nonché negli affari di volontaria giurisdizione, il R.D. del 1923 ha rappresentato l’unica normativa di riferimento in tema di assistenza giudiziaria dei non abbienti nel giudizi civili ed amministrativi.



Diritto al gratuito patrocinio e giustizia civile

Per quanto riguarda tali giudizi si è infatti dovuto attendere il 2001 perché una legge prevedesse e disciplinasse in modo organico il patrocinio dei non abbienti. In base al R.D. del 1923 i presupposti per la concessione del patrocinio gratuito erano: lo stato di povertà e la probabilità di esito favorevole della causa . Inoltre, per quanto riguarda i giudizi civili, la decisione sull’ammissione al gratuito patrocinio era affidata ad una commissione mista, a carattere amministrativo e non giudiziario. A seguito dell’entrata in vigore della Costituzione Repubblicana, tale previsione è stata poi aspramente criticata in quanto faceva dipendere l’esercizio del diritto dalla valutazione di un organo amministrativo, violando così tanto il principio contenuto nell’art. 24, 1 comma, Cost., quanto il principio del giudice naturale di cui all’art. 25 Cost. .
L’istituto del gratuito patrocinio, così concepito, si era dimostrato infine assolutamente inidoneo a garantire una effettiva attuazione del diritto previsto dall’art. 24, comma 3, Cost. . Anche il sopraggiungere delle leggi 533/1973 e 184/1983, che hanno istituito il patrocinio a spese dello Stato rispettivamente nel processo del lavoro e nei procedimenti di adozione e affidamento, non apportava modifiche rilevanti nella disciplina del diritto all’assistenza giudiziaria gratuita dei non abbienti.
Così, sino all’entrata in vigore della L. 134/2001, il disposto dell’art. 24 Cost. nel processo civile è rimasto praticamente lettera morta della nostra Costituzione.
La L. 134/2001, riformando la L. 217/1990, ha istituito il patrocinio a spese dello Stato nei giudizi civili ed amministrativi ed ha fornito per la prima volta in Italia una disciplina unificata dell’istituto.
L’art. 15-bis della nuova L. 217/1990 disciplina, infatti, l’ambito e i presupposti dell’istituzione del patrocinio a spese dello Stato. L’articolo citato prevede che sia assicurato il patrocinio a spese dello Stato nei giudizi civili o amministrativi, nonché negli affari di volontaria giurisdizione quando le ragioni del non abbiente risultino non manifestamente infondate. La nuova normativa abbandona, quindi, il criterio che imponeva l’obbligo all’avvocato di prestare gratuitamente la propria opera e garantisce alla parte bisognosa la libertà di scelta del difensore e del consulente tecnico di cui avvalersi. I due presupposti oggi principali per l’ammissione al gratuito patrocinio sono dunque: a) la non manifesta infondatezza delle pretese fatte valere dall’interessato; b) lo stato di non abbiente, riconosciuto a colui che rientra nel limite di reddito previsto.
Come già in precedenza riferito, il limite di reddito per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato è stato individuato in € 9.296,22 (£ 18.000.000); “Può essere ammesso al patrocinio a spese dello Stato chi dispone di un reddito non superiore a £ 18.000.000” , art. 15-ter, L. 217/90.
In caso di convivenza il limite di reddito è costituito dalla somma dei redditi conseguiti nel medesimo periodo da ogni componente del nucleo stabilmente convivente A tale regola fanno eccezione i casi in cui la causa ha ad oggetto diritti della personalità, ovvero le ipotesi in cui gli interessi del richiedente appaiano in conflitto con quelli degli altri componenti il nucleo stesso. In queste ultime due eventualità, infatti, stante la natura del bene oggetto di conflitto, si tiene conto del solo reddito dell’interessato.
È da sottolineare, inoltre, come la disciplina sopra descritta preveda l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, oltre che per il cittadino italiano, anche per lo straniero regolarmente soggiornante sul territorio nazionale al momento dell’ insorgere del rapporto o del fatto oggetto del giudizio. Tale regola si estende anche all’apolide, nonché agli enti ed alle associazioni che non perseguano scopo di lucro e non esercitino attività economica.
In sintesi, i soggetti che possono essere ammessi al patrocinio a spese dello Stato sono:
1. i cittadini italiani;
2. i cittadini stranieri con permesso di soggiorno valido;
3. gli apolidi;
4. le associazioni che non perseguano scopo di lucro e non esercitino attività economica.

Per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato devono, inoltre, sussistere i seguenti presupposti:
1. il giudizio civile o giudizio amministrativo o volontaria giurisdizione (secondo l’art. 15-bis, comma 3, L.217/90, sono escluse le cause per cessione di crediti e ragioni altrui, salvo che la cessione appaia indubbiamente fatta in pagamento di crediti o ragioni preesistenti);
2. le ragioni di colui che chiede l’ammissione devono risultare non manifestamente infondate;
3. reddito non superiore ad € 9.296,22 (come già detto, in caso di convivenza si sommano i redditi).
Al sussistere delle condizioni suddette la parte interessata può chiedere di essere ammessa al patrocinio a spese dello Stato in ogni stato e grado del procedimento.
Anche la procedura per l’ammissione al beneficio è stata riformata, con ciò divenendo più semplice e veloce rispetto alla normativa precedente.
In base agli artt. 15–quater e 15-quinquies L. 217/90, l’istanza redatta in carta semplice deve contenere, a pena di inammissibilità, oltre alla richiesta di ammissione, l’indicazione delle generalità dell’interessato, un’autocertificazione attestante le condizioni di reddito, l’impegno a comunicare le eventuali variazioni dei limiti di reddito, le enunciazioni in fatto e in diritto utili a valutare la fondatezza delle pretese, l’indicazione delle prove di cui si intende chiedere l’ammissione.
Se l’istante è straniero, l’istanza deve essere accompagnata da una certificazione dell’autorità consolare competente che attesti la veridicità di quanto in essa indicato.
La domanda andrà ovviamente sottoscritta dall’interessato e la sottoscrizione dovrà essere autenticata dal difensore designato ovvero dal funzionario che la riceve.
L’ammissione al patrocinio a spese dello Stato ha effetto per tutti i gradi di giudizio, salvo che sia rimasta soccombente la parte che l’ha ottenuta. In tal caso, infatti, l’interessato non potrà giovarsi dell’ammissione per proporre impugnazione; considerandosi la soccombenza quale ipotesi di manifesta infondatezza.
La disciplina della procedura di ammissione anticipata prevede che l’istanza venga presentata o inviata a mezzo raccomandata al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati, presso il giudice competente a decidere il merito o presso il giudice davanti al quale penda il procedimento, ovvero presso colui che ha emesso il provvedimento impugnato se a procedere è la Corte di Cassazione.
Nei dieci giorni successivi a quello in cui è stata presentata l’istanza, il Consiglio dell’Ordine, verificata l’ammissibilità dell’istanza e le condizioni di reddito, ed ove le ragioni del richiedente non appaiono manifestamente infondate ammette, in via anticipata e provvisoria, il richiedente al patrocinio a spese dello Stato. Il Consiglio dell’Ordine trasmette copia dell’atto con cui accoglie, respinge o dichiara inammissibile l’istanza all’interessato, tanto al giudice competente quanto al direttore regionale delle entrate. La decisione definitiva sull’ammissione spetta in ogni caso all’autorità giudiziaria. Infatti, procedendo ancora ai sensi dell’art. 15–undecies L. 217/90, se il Consiglio dell’Ordine respinge o dichiara inammissibile l’istanza, questa può essere proposta al giudice che deciderà sull’ammissione unitamente al merito della causa. Il giudice, inoltre, ha sempre il potere di modificare o revocare il provvedimento di ammissione qualora, ad esempio, sopraggiungano modifiche alle condizioni di reddito dell’interessato. Al termine del giudizio è ancora il giudice, con il provvedimento che definisce il merito, a confermare, modificare o revocare l’ammissione al patrocinio disposta in via anticipata dal Consiglio dell’Ordine.
L’istante che sia stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato, ha diritto di nominare un difensore di fiducia scelto tra gli avvocati iscritti agli albi professionali ed un consulente tecnico, ove ciò sia previsto come facoltà di legge.
Lo Stato si fa carico di ogni spesa, diritto ed onere che sia relativo alla causa, nonché dell’onorario e delle indennità dovute al difensore, al consulente tecnico ed ai pubblici ufficiali, ad esempio il notaio (L. 217/90 artt. 15 – sexies e ss.).
La normativa descritta è entrata in vigore il 1° luglio 2002. Da quella data, è altresì istituito presso ogni Consiglio dell’Ordine, l’elenco degli avvocati per il patrocinio a spese dello Stato ; in tale elenco vengono inseriti gli avvocati che presentano la relativa domanda avendo i seguenti requisiti:
- attitudine ed esperienza professionale;
- assenza di sanzioni disciplinari;
- anzianità professionale non inferiore a sei anni.
Di particolare interesse, inoltre, sono le disposizioni della nuova legge contenute nel Capo III – Disposizioni transitorie e finali.
L’art. 20 della L. 134/2001 prevede infatti l’istituzione, presso ogni Consiglio dell’Ordine degli Avvocati, di un servizio di informazione e consulenza per l’accesso al patrocinio a spese dello Stato e per la difesa d’ufficio. Il servizio in questione nasce per fornire al pubblico i dati necessari per conoscere i requisiti e le modalità per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato. Parimenti il servizio informa sui presupposti, le modalità e gli obblighi da osservare per la nomina del difensore d’ufficio. Il servizio di informazione e consulenza per l’acceso al patrocinio a spese dello Stato, inoltre, potrà fornire, sempre su richiesta dell’interessato, la necessaria informazione in ordine al problema giuridico prospettato; ciò al fine di consentire al richiedente una valutazione dell’opportunità dell’instaurazione, o della prosecuzione, di un giudizio o, ad esempio, della sperimentazione di un metodo di risoluzione alternativa del conflitto. Quest’ultima previsione appare di notevole importanza.
Come è emerso anche dall’esperienza quotidiana di Avvocato di Strada, e come ampiamente riferito nelle pagine che precedono, il tema della difesa dei non abbienti non può e non deve essere circoscritto ad un profilo meramente economico.
Sulla base dell’esperienza fatta allo sportello, riteniamo di estrema importanza riflettere sulla possibilità di istituire servizi che, tramite una efficace attività di informazione, aumentino la consapevolezza dei diritti delle persone senza fissa dimora. Appare parimenti auspicabile sviluppare una profonda riflessione sulla possibilità di dare vita ad un servizio qualificato di consulenza legale stragiudiziale. Tale servizio permetterebbe, infatti, agli utenti di rivolgersi a professionisti ancor prima del sorgere di un contenzioso e consentirebbe loro di ricevere assistenza per definire stragiudizialmente, in tempi rapidi, le eventuali controversie.
Riteniamo dunque che previsioni di questo tipo, unite a servizi come quello fornito da Avvocato di Strada, costituiscano la strada maestra da percorrere per garantire finalmente la piena attuazione del diritto al gratuito patrocinio e la reale assistenza legale alle persone senza fissa dimora.



Il gratuito patrocinio nel processo penale

Il processo penale al pari di quello civile, amministrativo, tributario e di volontaria giurisdizione vede applicabile il ricorso all’istituto del gratuito patrocinio a spese dello Stato.
Ciò nel pieno rispetto del dettato costituzionale che all’art. 24 sancisce “Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi. La difesa è un diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento. Sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione. La legge determina le condizioni e i modi per la riparazione degli errori giudiziari”.
Preliminarmente occorre precisare che la possibilità di farsi assistere da un avvocato e/o da un consulente tecnico gratuitamente è riconosciuta nel procedimento di esecuzione, nei processi di revisione, revocazione, opposizione di terzi, nei processi di applicazione di misure di sicurezza o di prevenzione in cui, quindi, sia prevista l’assistenza del difensore e/o del consulente tecnico.
L’ammissione al gratuito patrocinio vale per ogni stato, grado e fase del processo e per tutte le procedure, derivate ed accidentali, comunque connesse. Pertanto, la domanda di gratuito patrocinio è ammessa davanti ai tribunali monocratici e collegiali, alla corte di appello, alla corte di cassazione, al tribunale di sorveglianza.
La possibilità di usufruire del gratuito patrocinio è riconosciuta, nel diritto penale, a tutti quei soggetti (con cittadinanza italiana o straniera) che, rivestendo la qualifica di indagato, imputato, condannato, persona offesa dal reato, danneggiato che intende costituirsi parte civile, responsabile civile e civilmente obbligato alla pena pecuniaria, non superino con il proprio reddito una particolare soglia, come di seguito specificato.
Se l’interessato vive solo, la somma dei propri redditi non deve superare l’importo di € 9.296,22. Si precisa che il limite di reddito viene aggiornato ogni due anni.
Vanno pertanto a confluire nella somma sopra indicata tutti i redditi imponibili ai fini delle imposte sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) percepite nell’ultimo anno quali, a titolo esemplificativo, lo stipendio di lavoro dipendente, la pensione, il reddito da lavoro autonomo.
Inoltre, devono essere considerati anche i redditi esenti da IRPEF come, ad esempio, pensione di guerra, indennità di accompagnamento ecc., o assoggettati a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta o ad imposta sostitutiva.
Se l’interessato vive con la famiglia, la soglia di reddito di € 9.296,22 sarà aumentata di € 1.032,91 per ogni familiare convivente.
Così, ad esempio, se la famiglia è composta da due persone, il reddito complessivo non deve superare la somma di € 10.329,13; se la famiglia è composta da tre persone, il reddito totale non deve superare € 11,362,14 e così via.
Ovviamente, le condizioni del non abbiente devono sussistere al momento della presentazione della domanda di ammissione al gratuito patrocinio e devono permanere per tutta la durata del processo. Si fa presente che vi sono delle eccezioni a quanto suddetto.
Infatti, non è ammissibile all’istituto in esame, nonostante la ricorrenza del reddito quale sopra indicato, l’indagato, l’imputato, il condannato per reati di evasione fiscale. Non è inoltre ammesso a tale beneficio chi è difeso da più di un avvocato. Esaminate negli aspetti essenziali le condizioni soggettive di ammissibilità all’istituto del gratuito patrocinio, si procederà ad indicare come e cosa fare per usufruire del beneficio in argomento e precisamente le modalità di redazione della relativa domanda di ammissione.
La domanda può essere presentata dall’interessato o dal suo difensore, a mezzo raccomandata o a mano, presso la cancelleria del giudice oppure direttamente in udienza.
L’interessato, qualora sia detenuto, ha inoltre facoltà di presentare la domanda al direttore del carcere o, qualora in stato di detenzione domiciliare o in luogo di cura, all’ufficiale di Polizia Giudiziaria.
Non essendo ammessa la richiesta in forma orale, nemmeno in sede di udienza, è assolutamente necessario, a pena di inammissibilità, che la domanda venga sottoscritta esclusivamente dall’interessato e la firma autenticata dal difensore o dal funzionario che la riceve.
Si precisa che la domanda può essere presentata prima dell’inizio del giudizio o durante il giudizio stesso, ma gli effetti decorrono dalla presentazione della domanda stessa.
La domanda deve contenere la richiesta espressa di ammissione al patrocinio a spese dello Stato; l’indicazione del processo cui si riferisce; le generalità (nome, cognome, data e luogo di nascita, residenza) e il codice fiscale del richiedente e, se presenti, dei familiari conviventi.
Dovrà inoltre dichiararsi, sotto la propria responsabilità, che si è nelle condizioni di reddito richieste dalla legge e specificare il reddito totale. Il richiedente dovrà impegnarsi a comunicare le variazioni di reddito successive alla presentazione della domanda.
Quanto sopra è richiesto a pena di inammissibilità della domanda.
I cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea, inoltre, devono indicare quali redditi possiedono all’estero.
In riferimento alla documentazione da allegare alla domanda, si fa presente che, a differenza dei cittadini italiani che possono autocertificare l’esistenza dei requisiti di legge, i cittadini di Stati non appartenenti all’Unione Europea devono allegare una certificazione del consolato del Paese di origine che confermi la veridicità del reddito dichiarato, salvo il ricorso all’autocertificazione qualora si provi l’impossibilità di documentarlo. I cittadini di Stati non appartenenti all’Unione Europea sottoposti a provvedimenti restrittivi della libertà personale possono produrre la certificazione consolare entro il termine di 20 giorni, anche tramite il difensore o un familiare.
Successivamente alla presentazione della domanda, il giudice o il consiglio dell’ordine possono richiedere di provare la veridicità delle dichiarazioni con documenti scritti o, nel caso di impossibilità, con ulteriore autocertificazione.
Sull’istanza di ammissione, se presentata in udienza, decide il giudice immediatamente; negli altri casi ci sarà il rigetto o l’accoglimento entro 10 giorni dalla presentazione della domanda. L’eventuale ritardo nella decisione o la mancata pronuncia comporta la nullità assoluta degli atti successivi. Come sopra accennato, ai fini del gratuito patrocinio, può nominarsi un solo difensore che deve essere iscritto all’albo degli avvocati della regione in cui si tiene il processo nonché inserito in un elenco speciale degli avvocati per il patrocinio a spese dello Stato, che si può consultare presso il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati.
Con l’ammissione al gratuito patrocinio, le spese da sostenersi sono nulle in quanto sarà lo Stato a corrispondere quanto dovuto all’avvocato e, se presente, al consulente tecnico. Si precisa che sono soggetti a grave sanzione disciplinare l’avvocato ed i consulenti tecnici che chiedono all’assistito l’anticipazione dei rispettivi compensi. Qualora si dovesse essere ammessi per errore al beneficio in esame, l’assistito si vedrà costretto a pagare tutte le spese sostenute. Un’ultima e doverosa precisazione va fatta in riferimento alla facoltà della Guardia di Finanza di sottoporre al controllo le persone ammesse al patrocinio, anche tramite indagini presso banche ed agenzie di finanziamento.
Le dichiarazioni false od omissive e la mancata comunicazione degli aumenti di reddito sono punite con la pena della reclusione in carcere da 1 a 6 anni e 8 mesi di reclusione in carcere e con la multa da 309,87 a 1.549,37 €, oltre al pagamento di tutte le somme fino a quel momento corrisposte dallo Stato. In ogni caso, per proporre correttamente la domanda e non incorrere in sanzioni, è sempre bene rivolgersi al proprio avvocato o, in mancanza, al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati della propria città.




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