Con questa breve nota vorrei inserirmi nel dibattito che si è sviluppato introno all’istituto dell’amministrazione di sostegno, a seguito di interventi che ne hanno messo in discussione, con toni piuttosto accesi, per non dire a tratti violenti, l’utilità e la necessità di una sua sempre maggiore applicazione. E ciò proprio quando anche la Corte di Cassazione, in modo sempre più marcato ed efficace,  ne ha sottolineato la pregevolezza in relazione, soprattutto,  alla protezione di interessi non patrimoniali, con la limitazione massima della capacità di agire del beneficiario, a differenza dell’interdizione, misura ormai anacronistica e volta più alla tutela degli interessi dei familiari, anche quali “eredi” del beneficiario, che di quest’ultimo.

Il riferimento è all’ordinanza numero 32542 del 4 novembre u.s., la quale ha ribadito che la finalità dell’istituto è quella di offrire, a chi si trovi in condizioni di disabilità e difficoltà fisica o psichica,  uno strumento di assistenza in grado di sacrificare il meno possibile la sua capacità di agire, oltre al fatto di adeguarsi, per la sua flessibilità e dinamicità, alle esigenze del beneficiario.
Dunque, proprio nel momento in cui la giurisprudenza, ai più alti livelli, conferma di aver preso decisamente atto dell’importanza e della misura, conformandosi pienamente non solo alla disciplina dell’amministrazione di sostegno, ma anche allo spirito di detta misura di protezione, così come voluta da chi tale misura la ha pensata e tramutata in legge, l’istituto di protezione viene messo sotto attacco.

Come tutti gli strumenti giuridici, anche l’amministrazione di sostegno può essere modificata e migliorata, ma sicuramente, ad avviso dello scrivente, non si fa il bene dei beneficiari  attaccando indiscriminatamente la misura e chi si adopera per applicarla al meglio, non nel proprio interesse.