-  Redazione P&D  -  25/03/2014

LA FAVOLA DEI RAPPORTI CONTRATTUALI DI FATTO - Francesco GAZZONI

Orco aveva avuto un"infanzia difficile. Un Edipo irrisolto l"aveva reso insicuro, con un complesso di persecuzione che gli faceva vedere nemici dappertutto, in particolare un suo compagno di classe ebreo, d"indole molto mite e di straordinario ingegno filosofico, al cui confronto Orco sfigurava. Per questo l"evitava, e per questo avrebbe poi abbracciato le teorie razziste e antisioniste che in quell"epoca circolavano. Come se non bastasse, l"Accademia di belle arti non lo ammise ai corsi, bocciando i suoi scialbi acquarelli. Orco abbandonò allora le fantasie artistiche per quelle politiche, giurando che si sarebbe vendicato, dominando tutti gli uomini dell"universo mondo. Il destino lo aiutò. Pur vivendo per qualche anno nella stessa città del padre della psicoanalisi, Orco infatti non si sdraiò mai sul suo lettino. Altrimenti sarebbe di certo riuscito a progredire nella maturazione della psiche e avrebbe raggiunto quel sano stadio dell"equilibrio genitale cui non era mai pervenuto. Egli viceversa rimase per tutta la vita allo stadio primordiale, così ben descritto da Freud: un perverso polimorfo, crudele come un bambino, privo della capacità di compassione, bloccato allo stadio sadico-anale e orale, tant"è che per tutta la vita il massimo piacere del gusto era per lui ciucciare le caramelle.

Per quegli imperscrutabili disegni della storia, Orco, predicando la violenza e la minaccia come regole di vita, riuscì a diventare il Capo degli ostrogoti e subito si preoccupò di imporre la propria volontà assoluta. Chiamò dunque i giuristi, i quali, dopo averlo ascoltato con religiosa attenzione e devozione, costruirono su nuove basi l"ordinamento giuridico, ponendone quale fondamento il Führerprinzip.

Molti anni prima un poeta dialettale romanesco aveva precorso i tempi, descrivendo la filosofia di un regnante, il quale aveva mandato in giro il boia a comunicare al popolo il seguente editto: «Iö só io e vvoi nun zete un cazzo!», perché «io fo ddritto lo storto e storto er ddritto». I sudditi, interrogati dal boia, «arisposeno tutti: è vvero, è vvero». Questo significava il Führerprinzip nella realtà dei fatti, ma i giuristi, per fare bella figura, avevano costruito un sistema, teorizzando il superamento della distinzione democratica tra chi governa e chi, controllando, è governato, per postulare che Orco e il popolo ostrogoto erano fusi insieme, incarnando la sua persona l"unità totale, senza opposizioni o critiche. Ecco perché la volontà di Orco, comunque si esprimesse, creava diritto e abrogava quello incompatibile, alla faccia dei membri dell"Accademia di belle arti e del suo compagno di classe ebreo.

I giuristi avevano ancora una volta dimostrato la loro straordinaria capacità di fantasticare, costruendo a tavolino i modelli che, a seconda delle circostanze, i potenti chiedevano loro, soprattutto utilizzando quello strumento perverso che è la finzione. E" evidente che questa storia della volontà di Orco come volontà del popolo era una grandiosa e violenta finzione, che non si curava dell"uomo e della vita sociale. Ogni uomo viveva, infatti, solo in quanto membro della nazione e non già quale individuo.

Oltre tutto i giuristi si erano divertiti a stravolgere il senso delle parole, sbeffeggiando gli oppositori, ormai rinchiusi in galera o eliminati fisicamente, con l"appropriazione della loro terminologia, ma capovolta, sicché i ripetuti richiami al socialismo non significavano più lotta di classe, ma unità interna, cioè un modello unico che avrebbe dovuto saldare insieme le classi, semplicemente schiacciando chi, al pensiero unico, si fosse opposto.

In questo clima trovarono facile presa le ricorrenti critiche rivolte al contratto inteso come frutto di libero accordo delle parti, strumento per perseguire i propri individuali interessi. Poteva forse conciliarsi questo individualismo con l"idea della fusione tra la collettività nazionale e Orco? Non poteva, perché l"interesse della collettività assorbiva in sé quello individuale, sicché la volontà del singolo doveva soccombere o comunque adeguarsi a quella collettiva. Ecco dunque che anche nei rapporti intersoggettivi vincoli ben sarebbero potuti nascere a prescindere dalla volontà delle parti, sulla base di situazioni o comportamenti socialmente tipici e quindi ordinati. In tal modo si intendeva socializzare l"ordinamento positivo, superando la concezione individualistica, che nella disciplina contrattuale si esprimeva, specie per il tramite della volontà.

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