-  Redazione P&D  -  29/09/2016

Interessi protetti: accidentalità contrattuale e interruzione della causalità negoziale - Luigi Trisolino

Le sopravvenienze dedotte in condizione, condizione contrattuale e alterazione della causalità nomologico-negoziale, autonomia "iure privatorum" ed eteronomia legislativa nel negozio giuridico

Lo schema logico-formale tipico delle fattispecie normative procede in avanti, nonché in senso deduttivistico, da un "quid" antecedente ad un conseguente "quid", positivizzato e avvinto ad un meccanismo causalistico di tipo tecnico-giuridico.

Il predetto schema determinativo, invero, presenta una peculiare dinamicità funzionale nella dimensione negoziale, e ancor più, in particolare, nell"entroterra negoziale di natura contrattuale, in un"ottica cooperativistica canalizzata alla produzione di effetti volti a soddisfare interessi giuridicamente rilevanti, una volta che l"accordo è raggiunto sul contenuto del contratto (si pensi al giudizio di rilevanza ai sensi dell"art. 1321 c.c. per la integrabilità stessa della fattispecie contrattuale nella sua struttura funzionalizzata generale). Gli interessi "de quibus", a rigor di codice, devono risultare meritevoli di riconoscimento e protezione secondo l"ordinamento giuridico (si pensi in tal senso al giudizio di meritevolezza ai sensi dell"art. 1322 c.c. e dell"art. 41, comma 2, Cost.).

In tema di interruzione del meccanismo nomologico-causalistico che produce gli effetti giuridici costitutivi, modificativi o estintivi della fattispecie contrattuale, e negoziale in generale, a rigore, occorre condurre una breve indagine, formale e fenomenico-sostanziale, sulla struttura e sulla funzione delle fattispecie negoziali in cui la ordinaria causalità, nella produzione degli effetti giuridici, e nel conseguente passaggio dalla sfera della mera vincolatività a quella della impegnatività, è interrotta attraverso l"utilizzo di elementi negoziali cc.dd. accidentali. A tal riguardo, così, si pensi alla condizione sospensiva e a quella risolutiva, o al termine iniziale e finale, o alla attribuzione modale risolutivamente condizionata, necessariamente "expressis verbis", al rispetto di un onere da parte del beneficiario onerato.

Discorrendo di interruzione della ordinaria causalità nomologica delle fattispecie negoziali, in riferimento ai vari frangenti fenomenico-fattuali della pratica affaristica, e in particolare nella dimensione degli interessi dei contraenti, anche di natura personalistica, un riferimento normativo fondamentale risulta essere l"art. 1353, sul contratto condizionale.

Le parti contraenti hanno la facoltà di subordinare l"efficacia del contratto o di un singolo patto – nel loro inizio o nella loro fine risolutiva – alla verificazione di un avvenimento. Il fatto dedotto come avvenimento nell"economia condizionata del negozio, invero, deve essere futuro e incerto, ai sensi dello stesso articolo codicistico da ultimo citato.

Lo statuto ontologico della condizione, utile ai fini discernitivi con l"altro elemento accidentale in astratto del contratto, il termine, si fonda sulla incertezza circa l""an" dell"avveramento del fatto dedotto.

Se è incerto l""an" ed è incerto il "quando" si è dinanzi ad una condizione, quindi; tuttavia, se è incerto l""an" e risulta invece certo il "quando", si ha comunque una condizione. Si pensi, a tale ultimo proposito, alla clausola che subordina un determinato effetto giuridico – per esempio attributivo – ben descritto e statuito in seno ad un piano contrattuale, al positivo esito concorsuale, incerto nel suo "an" verificativo ma certo per quanto concerne il risultato per via della già nota, prefissata scaletta procedimentale (il c.d. diario delle prove).

Un evento al cui verificarsi è subordinato il piano effettuale di un programma negoziale, poi, può essere incerto nel suo "quando", ma per natura ("in rerum natura") certo nel suo "an": è il classico caso della morte di una persona fisica.

Dato che nel versante negozialistico degli atti viene ricompreso anche il testamento (tranne per una tradizionale, minoritaria, ma autorevole voce dottrinaria), occorre tener presente l"ontologia costitutiva ed effettuale di questo peculiare negozio. Atto "mortis causa", negozio unilaterale, sempre revocabile dal suo autore (il testatore), di carattere "post mortem" per via della sua sfera d"efficacia a causalità interrotta, l"atto testamentario, definito nella norma di cui all"art. 587 c.c., risulta sospensivamente condizionato in senso negativo alla mancata revoca tramite atto (appunto) di revoca, nonché tramite nuovo testamento contenutisticamente incompatibile col precedente, oggetto appunto di revoca.

Il testamento, poi, risulta al contempo sospeso nel suo "termine" iniziale di produzione degli effetti: si intenda qui, infatti, il "termine" in senso tecnico-giuridico, poiché la morte è certa nell""an" e incerta soltanto nel "quando".

Nel versante testamentario, tuttavia, non opera la "fictio iuris", invero sottesa ad una disposizione normativa avente una propria "ratio" funzionale di tipo garantistico, che opera per i contratti condizionati, ai sensi e per gli effetti dell"art. 1360 c.c.

Ai sensi dell"articolo da ultimo menzionato, gli effetti dell"avveramento della condizione retroagiscono al tempo in cui è stato concluso il contratto, salvo che, per volontà delle parti "ex" art. 1322, o per la natura del rapporto giuridico che risulta comunque costituito ed operante nella sua vincolatività e nel connesso dovere di buona fede oggettiva in senso propositivo e reciproco, gli effetti del contratto o della risoluzione non debbano essere ricondotti ad un frangente cronologico differente.

In ragione del "dictum legis" sulla retroattività della condizione, il portato consequenziale della anzidetta "fictio iuris" determina una alterazione della causalità deduttiva, la quale procede in avanti in senso logico ed anche cronologico.

L"eccezione alla regola dispositiva, di tipo tecnico-giuridico, insita nel primo comma dell"art. 1360 c.c., comunque, si rinviene nel secondo comma del medesimo articolo, da un lato, e nella previsione normativa circa gli atti di (ordinaria) amministrazione "ex" art. 1361, dall"altro lato.

Il cpv. dell"art. 1360, infatti, dispone che in caso di condizione risolutiva in un contratto ad esecuzione continuata o periodica, l"avveramento del fatto dedotto in condizione non ha effetto nei confronti delle prestazioni già eseguite.

In funzione realistica e garantistica, ed in particolar modo conservativa, l"art. 1361 dispone il non pregiudizio, in caso di avveramento di condizione risolutiva, per la validità degli atti di amministrazione compiuti dalla parte contrattuale a cui in pendenza della condizione medesima spettava l"esercizio del diritto, e quindi posti in essere – a rigore – dal titolare di un diritto "produttivo", effettualizzato ed "in fieri", ma gravato risolutivamente da un eventuale evento, oggetto della clausola risolutiva.

Riprendendo un approccio analitico di tipo logico a base normativistica, si osservi come la struttura delle fattispecie negoziali condizionate presenti un meccanismo di produzione effettuale in cui è presente la subordinazione del piano dinamico delle statuizioni unilaterali o dell"accordo (in caso di atto contrattuale bilaterale o plurilaterale) ad un elemento, "intruso", nell"economia volizionistico-autonomistica, la quale ultima si arresta a contemplare un fatto incerto e – ordinariamente – futuro, da cui fa dipendere l"efficacia o la risoluzione del proprio piano determinativo. In verità, sono ammesse le condizioni potestative, in cui il verificarsi del fatto dedotto come evento condizionante dipende dal volere di una delle parti, ma sempre in connessione ad un oggettivo interesse all"interno di una compagine cooperativistica caratterizzata da serietà e buona fede, a cui sono sottesi interessi meritevoli di tutela. La condizione potestativa si distingue, però, dalla c.d. condizione meramente potestativa, la quale trova il proprio specifico frangente giuspositivo nell"art. 1355, che dispone la nullità della alienazione di un diritto o della assunzione di un obbligo subordinate ad una condizione sospensiva il cui avveramento dipenda soggettivisticamente dalla mera volontà dell"alienante o del debitore. L"avveramento di un fatto che altera i meccanismi causali ordinari della produzione effettualistica negli atti negoziali, così, non può essere affidato al mero arbitrio, o al capriccio di una delle parti del giuoco contrattuale o, più in generale, negoziale.

Per delineare l"anzidetto meccanismo di interruzione della causalità del negozio, in aderenza al tema dell"elemento accidentale della condizione, occorre delineare brevemente gli schemi di produzione degli effetti giuridici.

Se si pensa alla figura negoziale di tipo contrattuale, con la definizione alla mano – art. 1321 c.c. – si noterà che il fatto dell"accordo tra le parti, attraverso la sussunzione nelle norme civilistiche che a quella tipologia di fatti connettono conseguenze nomologiche, giunge all"effetto della costituzione, modificazione-regolazione o estinzione di un rapporto giuridico patrimoniale.

Se si legge scientificamente l"art. 1322, sulla autonomia contrattuale, poi, si noterà che il meccanismo di produzione effettuale è del tipo norma-potere negoziale-effetto.

Nel caso del contratto condizionale (artt. 1353 ss. c.c.), invece, lo schema di produzione effettuale viene reso più complesso, in quanto connesso nel suo "an" effettuale ad un evento dal cui avveramento dipendono le conseguenze contrattualmente determinate.

Se poi si è nel caso di una condizione potestativa semplice o nel caso di una condizione meramente potestativa risolutiva (quella sospensiva, e solo quella sospensiva, è nulla ai sensi dell"art. 1355 c.c.), lo schema di produzione effettuale si configura sul modello norma-potere sull""an"-effetto. Entrano, così, nell"economia causalistico-effettuale del piano negoziale fattori volontariamente (condizioni volontarie) o legalmente posti (condizioni legali o "condiciones iuris"). Una parte della riflessione giuridico-sistemista solitamente utilizza gli schemi di produzione degli effetti giuridici, con l"ausilio delle analisi di logica formale, per inquadrare le situazioni giuridicamente rilevanti, e nel presente scritto si aderisce a questa impostazione approfondendo e specificando la materia nel settore della causalità giuridica negoziale connessa all"elemento accidentalcondizionale.

Il contratto condizionato in senso sospensivo, poi, è un contratto valido ma non ancora efficace, il cui contenuto negoziale risulta staticamente operativo (vincolante a tuttotondo) ma non efficace.

Se la clausola di condizione sospensiva domina la produzione effettuale di una parte degli effetti del piano negoziale, il meccanismo interruttivo della causalità nomologica di produzione degli effetti si staglia in modo specifico, e quindi parziale nell"economia produttiva e formale dell"atto. Il piano negoziale generale, infatti, può produrre effetti ma un suo specifico profilo effettuale può essere sospensivamente subordinato, nella su operatività dinamica, all"avveramento di un evento dedotto (condizione positiva) o al mancato avveramento di un evento negativo (condizione negativa).

In applicazione del principio consequenzialistico del settore civilistico, principio espresso nel broccardo "nemo plus iuris ad alium transferre potest quam ipse habet", ai sensi dell"art. 1357 c.c. chi ha un diritto subordinato a condizione sospensiva o risolutiva può disporne in pendenza di questa, ma gli effetti di ogni atto di disposizione sono subordinati alla condizione medesima, in quanto da essa dipendenti nel loro prodotto effettuale giuridico.

Un decorso atipico e finzionistico della causalità nomologica delle fattispecie negoziali condizionali, invero, si ha nel caso dell"art. 1359, il quale dispone che si considera avverata la condizione qualora l"evento nella stessa dedotto sia mancato nella sua verificazione per causa imputabile al controinteressato, ossia alla parte contrattuale che aveva interesse contrario all"avveramento.

Letto come tacita sanzione civilistica , o come disposizione fortemente garantistica che utilizza una "fictio iuris" per equilibrare i rapporti giuridici economicamente rilevanti tra due parti avvinte al dato dispositivo condizionale, in caso di lesione del dovere di buona fede specifica e oggettiva della parte controinteressata (ai sensi dell"art. 1358), l"articolo in questione si può qualificare nell"entroterra logico e di "ratio" del cpv. dell"art. 40 del codice penale, che, alla descrizione del rapporto causalistico materiale del primo comma, fa seguire un secondo comma ove è ben chiaro che non impedire un evento che si ha l"obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo.

Ai sensi dell"art. 1358, colui che si è obbligato o che ha alienato un diritto sotto condizione sospensiva, ovvero lo ha acquistato sotto condizione risolutiva, deve, in pendenza della condizione, comportarsi secondo correttezza, secondo buona fede, sia nel versante ordinario e tradizionale di questa (intesa come divieto di contegni improntati alla disonestà contrattuale), sia nel versante propositivo come salvaguardia della posizione di aspettativa legale altrui, o comunque della posizione titolare di interessi contrapposti, nel limite dell"apprezzabile sacrificio, sostenibile o meno.

Se l"art. 1358 inaugurasse una posizione di garanzia "soft", la logica causalistico-normativa di cui al cpv. dell"art. 40 c.p. non risulterebbe un indice sistemico-ordinamentale inconferente.

Se, invece, le cause sopravvenute escludono il rapporto di causalità quando sono state da sole sufficienti a determinare l"evento (art. 41, comma 2, prima parte, codice penale), e quindi se il decorso causale autonomo, di altri fattori rispetto al contegno non di buona fede della parte controinteressata all"avveramento di una condizione contrattuale positiva o negativa, è stato da solo sufficiente a precludere la genesi o la persistenza effettuale oggetto delle aspettative della parte interessata, non sarà integrata la "fictio" di cui all"art. 1359.

In tema di interruzione della causalità nel negozio giuridico, in riferimento al meccanismo condizionale per come esso si presenta nella fenomenologia dell"autonomia privata e per come esso si dispiega nella nomologia positivizzata in seno all"ingegneria codicistica, occorre tener presente la compenetrazione tra la natura volontaristica in senso effettuale che caratterizza l"atto negoziale nella teorica civilistica, e il concetto di causa in concreto quale funzione economico-individuale in concreto. La causa negoziale è un frangente sistemico dell"economia contrattuale, ad esempio, oltre che elemento essenziale-costitutivo del contratto ai sensi dell"art. 1325, n. 2, e, penetrando lo svolgimento determinativo del contenuto sostanziale del piano contrattuale oggetto dell"accordo, si manifesta concretamente nelle esigenze condizionalistiche sottese al pano medesimo.

Se poi vuol scendersi nel particolare autodeterminazionistico delle volizioni e delle connesse esigenze delle parti, a rigore, la morfologia strutturale di tipo condizionalistico risulta la manifestazione tecnicistica dei motivi, i quali ben distinti restano sul piano ontologico-giuridico dal concetto di causa.

Se la "ratio" specifica e pratica di una condizione fosse volta a dare ingresso a motivi illeciti comuni ad entrambe le parti, il contenuto sostanziale della clausola condizionale risulterebbe una spia utile, in connessione ermeneutica con altre clausole o in collegamento funzionale con altri contratti, alla individuazione della illiceità, e alla conseguente attivazione di meccanismi invalidanti.

Si pensi alle fattispecie condizionalistiche che in seno alla propria struttura nomologicamente causalistica nascondono clausole vessatorie, tipizzate in senso tassativo (estensibili ermeneuticamente ma non soggette ad analogia), e vietate da peculiari meccanismi di salvaguardia del consumatore nei confronti del professionista (si pensi agli artt. 33 e 36 del c.d. Codice del consumo, D.Lgs. n. 206/2005), o comunque sottoposte, negli altri casi, a specifica approvazione per iscritto se configuranti delle condizioni generali ai sensi dell"art. 1341, comma 2, c.c.

La condizione, tecnicamente intesa, si trova nelle disposizioni normative di cui agli artt. 1353-1361 c.c., ma la fattispecie negoziale a carattere condizionale, sistemicamente, è un ente logico utile a farsi funzionale struttura contenitrice di determinazioni, sostanziali e tra le più varie possibili: risulterebbe riduttiva ogni sconnessione dall"ambito causale.

 




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