Diritto, procedura, esecuzione penale  -  Francesco Bernicchi  -  12/01/2023

Interdizione dai pubblici uffici e percezione del reddito di cittadinanza da parte del reo - Cass. Pen. 38383/2022

Si prende in esame una recente sentenza della Cassazione (II sez. Penale n. 38383/2022) in tema di condanna definitiva per reati e percezione del c.d. “reddito di cittadinanza” da parte del condannato.

Il fatto, in breve: con ordinanza del Novembre 2021 il Tribunale di Vibo Valentia confermava il decreto del Settembre precedente con cui il G.i.P. del medesimo Tribunale aveva disposto il sequestro preventivo di somme di denaro nella disponibilità di Tizio e Caio perché, nelle loro richieste intese ad ottenere il reddito di cittadinanza, gli stessi avevano omesso di comunicare che – con sentenze definitive – erano state applicate loro le pene accessorie dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici (Tizio) e la interdizione dai pubblici uffici per 5 anni (Caio).

Tali circostanze, secondo il G.i.p. erano ostative all’ottenimento del sussidio di stato.

I due ricorrono per Cassazione e, almeno per quello che ci interessa, un motivo di doglianza del ricorso viene accolto dai giudici di Piazza Cavour.

In particolare, infatti, La Seconda Sezione penale ha affermato che la condanna definitiva alla pena accessoria dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici non priva il condannato del diritto alla percezione del reddito di cittadinanza, posto che esso non è ricompreso nella nozione di “assegni… a carico dello Stato”, di cui quest’ultimo è privato ex art. 28, comma secondo, n. 5 cod. pen. e che la preclusione alla sua percezione è espressamente prevista dall’art. 2, comma 1, lett. c-bis), d.l. 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2019, n. 26, in casi specifici, legati alla precedente condanna per reati ostativi, divenuta definitiva nei dieci anni precedenti la richiesta.

Il reddito di cittadinanza, continua la Suprema Corte, ha natura e funzioni ibride (come descritte dall’articolo 1 della legge che lo disciplina) ed è considerato come “misura fondamentale per la politica attiva del lavoro per il contrasto alla povertà alla disuguaglianza e all’esclusione sociale (...)”

E’ la stessa legge introduttiva del RDC che prevede casi ostativi all’ammissione del beneficio derogando così alla previsione generale dell’articolo 28 c.p. che stabilisce come l’interdizione da pubblici uffici priva il condannato di una serie di diritti “salvo che la legge disponga diversamente”- come in questo caso argomentano i giudici.


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