Deboli, svantaggiati  -  Redazione P&D  -  27/09/2022

In tema di case di riposo - P.C.

Talora un’anziana signora non sia in grado, per ragioni mentali, di firmare il contratto con una casa di riposo, è vero che occorrerà interdirla, e chiedere al tutore di firmare in sua vece? Certo che no, occorre rispondere: sarà più che sufficiente nominarle un amministratore di sostegno, e far sottoscrivere l’accordo da quest’ultimo. Come uscirne, altrimenti, qualora l’interessata stesse male psichicamente, segnata da malinconie, non tanto però da poter essere interdetta?

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Ancora: possono le case di riposo pretendere, come tante fanno nei moduli di ammissione, che l’anziano in arrivo abbia già l’amministratore di sostegno? Sicuramente no, è la risposta: il fatto di essere in là con gli anni, magari non autosufficienti con le gambe, non significa risultare debilitati ai sensi del codice civile. Quella prassi per l’ingresso, diffusa in certe zone d’Italia, corrisponde a un mero arbitrio; tale da esporre l’istituto stesso, va sottolineato, a sanzioni di vario genere, non escluso il risarcimento del danno.

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Lecito, a una casa di riposo, fissare “norme interne di condotta” per i suoi assistiti? Certamente sì, ma non fino al punto – ecco il criterio - da soffocare spazi vitali, magari ‘eccentrici’ in qualcuno degli ospiti. Sarebbe abusivo, ad esempio, un regolamento che imponesse a tutti di non ascoltare la radio, la sera, neanche con la cuffia; che vietasse di leggere, la mattina, di bere un goccio di Porto come digestivo, che obbligasse ognuno a seguire certi canali alla televisione, a indossare dei grembiuli neri, a cantare in coro, a battere le mani. Che proibisse variazioni al menu, che imponesse di salutare in modo cerimonioso, di usare determinati profumi, che vietasse di ricevere fuori orario visitatori giunti da lontano.

 




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