-  Santuari Alceste  -  23/02/2017

In house e concorrenza: quale equilibrio? – Tar Valle dAosta 7/17 – Alceste Santuari

La società (in house) non vanta alcun interesse legittimo a vedersi rinnovato un contratto di servizio da parte del comune socio

Un comune, socio di una società interamente pubblica (partecipata dalla Regione, da un"ASL e dal comune medesimo), dopo aver affidato alla società il servizio di assistenza sistemica, tecnica e manutentiva della propria rete informatica per l"anno 2016, sul presupposto della qualità di socio acquisita nella stessa, ha deciso poi di rivolgersi al mercato per ottenere le medesime prestazioni. Il servizio è stato aggiudicato, tramite affidamento diretto – cottimo fiduciario, in favore di altra società.

La società pubblica ha presentato ricorso al Tar assumendo l"illegittimità della aggiudicazione in parola per i seguenti motivi:

-) manifesta illogicità e contraddittorietà

-) violazione dell"art. 95 del D. Lgs. n. 50 del 2016

-) violazione della par condicio.

Il Tar regionale (sezione unica), con sentenza 14 febbraio 2017, n. 7 ha respinto il ricorso. Cerchiamo di seguito di comprendere le ragioni della decisione dei giudici amministrativi.

Qualificazione giuridica di società in house: non presente

In primo luogo, il Tar ha evidenziato come difetti nella specie, da parte del Comune il requisito del controllo analogo rispetto a quello espletato sui propri servizi, avuto riguardo alla esiguità della partecipazione societaria comunale (una quota di azioni del valore di 500 € su un capitale sociale pari ad € 5.100.000 – e soprattutto alla mancata dimostrazione della esistenza di poteri di controllo o di direzione sull"attività societaria da parte del Comune resistente, anche per mezzo di accordi con gli altri enti soci (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, III, 11 aprile 2011, n. 954). Pertanto, non appare possibile qualificare la ricorrente come una società in house del Comune resistente.

Come è noto, non è tanto l"esiguità della quota di partecipazione ad inibire il controllo analogo, quanto l"assenza di effettive previsioni statutarie e/o organizzative che permettano anche agli enti pubblici minoritari di incidere sulle più importanti scelte strategiche della società. Nel caso di specie, evidentemente, il Tar non ha rilevato la presenza di tali clausole.

Rapporti tra società pubblica e comune

Il Tar ha segnalato che il comune, all"atto della sottoscrizione della quota di propria pertinenza, si è riservato "la facoltà" di affidare alla società "dei servizi, senza assumersi alcun obbligo, specificando che "l"Amministrazione, in qualità di socio[…], potrà avvalersi di suddetta società per l"espletamento delle attività di centrale di committenza ed è stato dato atto che[…], potrà effettuare, per conto dell"Amministrazione, eventuali ulteriori prestazioni […]".

Sembra che il contenuto della deliberazione richiamata dal Tar abbia convinto i giudici amministrativi valdostani a considerare il legame tra società e comune alla stregua di un"opzione esercitabile a discrezione dell"ente locale. In particolare, in presenza delle condizioni e dei requisiti che permettono ad una società di acquisire la qualifica giuridica di in house providing, una simile ricostruzione non è coerente con la ratio legis che ha inteso proprio individuare un "particolare" collegamento tra enti pubblici soci e società in house. Collegamento che deve essere inteso sia nel senso della partecipazione societaria sia nell"ottica delle prestazioni / servizi affidate/da affidare alla società medesima.

In house e mercato: quale rapporto?

Il Tar, anche a prescindere dall"effettiva possibilità di qualificare la società come "in house prodiving" ha considerato che "siffatta tipologia di affidamento ha natura eccezionale rispetto alla regola generale che impone il ricorso al libero mercato; difatti, l"affidamento diretto è assoggettato ad un più stringente obbligo motivazionale, rispetto alla scelta di ricorrere all"acquisizione del servizio tramite una procedura di tipo concorrenziale, da ritenersi la modalità ordinaria di individuazione dei contraenti dell"Amministrazione (cfr., sul punto, artt. 4 e 5 del D. Lgs. n. 175 del 2016, Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica; in giurisprudenza, T.A.R. Lombardia, Milano, III, 3 ottobre 2016, n. 1781)."

Si ritiene che né gli articoli del T.U. sulle società a partecipazione pubblica né la sentenza del Tar Lombardia richiamati nella sentenza "esprimano" l"eccezionalità del modello in house. I canoni interpretativi riferiti nel corso del giudizio trovano ora una precisa collocazione sistemica nell"art. 192, comma 2, d. lgs. 50/2016 che disciplina proprio gli affidamenti in house, sottolineando la necessità che la P.A. proceda con una "valutazione sulla congruità economica dei soggetti in house, avuto riguardo all"oggetto e al valore della prestazione, dando conto nella motivazione del provvedimento di affidamento delle ragioni del mancato ricorso al mercato, nonché dei benefici per la collettività" derivanti dalla scelta di quella determinata forma gestionale di un servizio di interesse generale.

In tale contesto, il ricorso al modello in house providing deve considerarsi quale ordinario mezzo di gestione dei servizi pubblici locali (cfr. Tar Lombardia 691/16). Esso richiede, a differenza degli altri modelli, una motivazione rafforzata, che le P.A. devono essere in grado di esprimere e di elaborare. Ma ciò non integra una eccezionalità del modello rispetto al mercato: esternalizzazioni e affidamenti in house, in quest"ottica, sono equiordinati.

La sentenza in parola permette di svolgere una riflessione conclusiva di carattere generale: in forza delle disposizioni contenute nel d. lgs. n. 175/2016 (e di recente incise dai decreti correttivi all"esame del governo Gentiloni) in materia di piani di razionalizzazione, gli enti locali (e il comune nel caso di specie) hanno la possibilità di valutare effettivamente il loro interesse a partecipare (e quindi ad affidare servizi) a società in house. Queste ultime devono rispondere ad una logica precisa e lineare: una volta motivate le ragioni che sollecitano gli enti locali (soci) a costituire ovvero a partecipare alle società a totale partecipazione pubblica, esse rappresentano un"alternativa al mercato. Si tratta certamente di motivazioni rafforzate, ma pur sempre di una opzione organizzativa, che, come tale, deve essere implementata coerentemente.

Da ultimo un commento circa la compagine societaria eterogenea che emerge nel caso in argomento: considerando le possibili "distanze" di vedute e di finalità da raggiungere tra enti pubblici diversi (enti locali territoriali e ASL), in specie per quanto riguarda l"affidamento di servizi strumentali, potrebbe essere opportuna una riflessione circa una maggiore omogeneità di azione da versarsi nel veicolo societario.




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