-  Antonio Arseni  -  18/03/2016

IL TEMPO DIVORA OGNI COSA ED E' SPESSO LA CAUSA DI AZIONI IMPRUDENTI CHE VALGONO LA VITA - Antonio ARSENI

Non è responsabile l'automobilista quando investe un pedone che repentinamente, all'improvviso ed in maniera del tutto imprevedibile attraversi una strada su cui sopraggiunge l'autoveicolo.

Il tempo è tiranno e divora ogni cosa. Il nostro presente è l'epoca della fretta e passiamo la nostra vita a correre per ogni che e dove. Il nostro oggetto preferito è l'orologio, al quale guardiamo costantemente, anche quando dormiamo e quando mangiamo. Addirittura decidiamo in fretta di essere amici quando invece l'amicizia è un frutto che matura lentamente.

La pazienza della attesa e del tempo che viene lasciato trascorrere senza l'ansia di dover sbrigarci è una virtù che, purtroppo, fa parte della minoranza delle persone che non considerano quanto ci suggerisce il "Famoso Anonimo": "se hai fretta non andare di fretta, aumenteresti considerevolmente la possibilità di arrivare in ritardo"; o di non arrivare affatto, come purtroppo accade, invero troppo spesso, a quelle persone che sbadatamente e per paura di tardare nel dover fare qualcosa o per presentarsi in qualche luogo, attraversano repentinamente, senza preoccuparsi della pericolosità della propria condotta, una sede stradale, destinata alla circolazione autoveicolare, venendo investite da un automezzo che proprio in quell'attimo sopraggiunge sul luogo dell'attraversamento. I fatti di cronaca ci ricordano che tali eventi non solo sono abbastanza frequenti ma sovente provocano la morte del pedone provocando tragedie familiari e lunghi contenziosi che si risolvono anche con la assoluzione dell'automobilista "sfatando il mito" che si racchiude nel detto popolare secondo cui "il pedone ha sempre ragione", gravando anche su quest'ultimo, come sul conducente, in quanto entrambi utilizzatori della strada, un dovere di prudenza idoneo ad evitare incidenti.

In tale contesto è emblematico un caso, esaminato da una recente decisione della Cassazione, 17.11.2015 n. 23519, che ha riguardato la domanda risarcitoria presentata dai familiari della vittima , una donna, la quale, attraversando improvvisamente la strada fuori delle strisce zebrate, era stata "falciata" da un automobilista, il quale non aveva avuto il tempo materiale di adottare alcun accorgimento per evitare il sinistro, considerata la comparsa imprevista ed imprevedibile del pedone avanti l'autoveicolo, peraltro in un'ora serale ed in luogo dotato di scarsa illuminazione. Giustamente viene messo sotto accusa il conducente, sulla base di una aprioristica considerazione che il pedone debba avere sempre la precedenza.

Ma, purtroppo, non è così e la Cassazione, facendo corretta applicazione dei principi della autoresponsabilità, o della causalità che si voglia, ha ritenuto, conformemente al verdetto dei Giudici di merito e sulla base della dinamica del fatto dagli stessi costruito, elemento decisivo la condotta negligente ed imprudente del pedone, il quale, oltre a non servirsi delle strisce pedonali, si presentava all'improvviso avanti il veicolo il cui conducente nulla poteva fare per evitare l'impatto.

Il tema è del tutto importante ed avvertito nella coscienza sociale, assistendosi ogni anno, come accennato, a numerosi casi come quello oggetto di scrutinio nella sentenza appena citata, che, quindi, conferma senza possibilità di essere smentita, l'applicazione di un principio fondante il nostro Ordinamento, quello per cui la presunzione di responsabilità di cui all'art. 2054 CC "cede il passo", nella ipotesi in cui la condotta del danneggiato sia così straordinaria e imprevedibile da non permettere al conducente qualsivoglia manovra utile per evitare l'evento dannoso.

È appena il caso di rilevare che sul punto il Giudice di legittimità ha più volte chiarito (in un certo senso fornendo ai Giudici di merito le coordinate esegetiche per valutare i casi simili a quello in esame) come sia indispensabile, ai fini dell'applicabilità dell' esimente di cui all'art. 1227 CC (esteso alla responsabilità extracontrattuale ex art. 2056 CC), che emergano dall'esame della fattispecie concreta due elementi: l'attraversamento fuori dalle strisce pedonali (ma la qualcosa non cambierebbe di molto, come vedremo, se esso fosse effettuato sulle strisce zebrate), la straordinarietà ed imprevedibilità di tale azione, così repentina da impedire al conducente ogni contromisura diretta ad evitare il danno.

In questo senso l'art. 1227 CC, costituisce una sorta di frontiera della responsabilità civile potendo la responsabilità presunta del conducente (art. 2054 CC) essere esclusa o diminuita, (sulla base della specificità del fatto concreto) per il comportamento del danneggiato, secondo il criterio dell'imputet sibi.

La sentenza in oggetto aderisce, alla luce della dinamica dell'incidente, a quel trend interpretativo che vede nel comportamento del danneggiato una causa di esclusione della responsabilità di tipo oggettivo dell'automobilista, citandosi, tra le più recenti, Cass. 18/06/2015 n° 12595 (in un caso del tutto simile: pedone che attraversa la strada non illuminata, non sulle strisce pedonali, improvvisamente, ponendosi come ostacolo imprevisto ed imprevedibile per l'automobilista), Cass. 20/02/2015 n° 3387 e Cass. 12/05/2015 n° 9559 (in altri due casi simili). Per le meno recenti vedasi Cass. 24689/2009, Cass. 5399/2013, Cass. 24772/2014).

Quindi, nel caso in cui il conducente si sia trovato, per motivi estranei agli obblighi di diligenza sul medesimo gravanti (ispezionare la strada su cui procede, mantenere un controllo del veicolo in rapporto alle condizioni della strada, prevedere tutte quelle situazioni che, secondo la comune esperienza, non costituiscono intralcio o pericolo per gli altri utenti) nella obiettiva impossibilità di avvistare il pedone e di osservare in tempo i suoi movimenti rapidi, inattesi ed imprevedibili, l'incidente potrebbe casualmente ricondursi alla condotta di quest'ultimo in modo esclusivo o concorrente.

Recentemente i Giudici di Palazzo Cavour sono ritornati sull'argomento, con la decisione 4.2.2016 n. 2173, in riferimento al fatto di una autovettura, con tre amici a bordo, che era sbandata su una autostrada finendo contro il guardrail ed ivi arrestandosi; due di questi riuscivano ad uscire dall'automezzo e ad attraversare la carreggiata per raggiungere una posizione protetta ma non il terzo, il quale, attardandosi , veniva travolto da una automobile che sopraggiungeva sul luogo proprio nell'attimo in cui il ragazzo stava attraversando la sede stradale per raggiungere gli altri due amici, non riuscendo a mettersi al sicuro come quest'ultimi. Il conducente non riusciva ad evitare l'impatto avvedendosi del pedone solo al momento dell'urto a seguito del quale il medesimo veniva scagliato a 26 metri di distanza. I giudici di merito escludevano la responsabilità dell'automobilista integrando il comportamento del ragazzo un fatto del tutto imprevedibile e fattore causale a determinare l'evento, facendo così venir meno la presunzione di responsabilità del conducente l'auto ex art. 2054, 1° comma, C.C..

Approdata la questione in Cassazione, veniva ravvisato un vizio di contraddittorietà della motivazione della sentenza della Corte di Appello, che aveva ritenuto esente da responsabilità l'automobilista, dovendosi considerare imprevedibile la presenza del pedone sulla carreggiata, idonea ad esentare il primo dalla prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno, quando invece doveva anche valorizzare la presenza della autovettura ferma sulla corsia di sorpasso (da cui era uscito il ragazzo investito), evento non proprio imprevedibile che avrebbe dovuto consigliare il conducente ad una maggiore prudenza, gravato della prova comunque di aver adottato gli accorgimenti necessari per prevenire l'investimento.

Dunque, cassazione della decisione e rinvio della causa alla Corte di Appello di Milano, in diversa composizione, per rinnovo della motivazione sulla base del seguente principio di diritto:" La presenza di un veicolo fermo per incidente sulla sede stradale impone ai conducenti sopraggiungenti di moderare la velocità e di tenere un comportamento improntato alla massima prudenza, non potendo reputarsi circostanza assolutamente imprevedibile ed al contrario rientrando nella ragionevole prevedibilità la presenza degli occupanti della vettura incidentata sulla sede stradale in prossimità della vettura stessa".

Nell'adottare tale decisione la Cassazione richiama i principi giurisprudenziali in materia (v. ex multis, Cass.3964/2014), secondo cui in caso di investimento di un pedone la circostanza che quest'ultimo abbia repentinamente attraversato un incrocio, nonostante per lui il semaforo proiettasse luce rossa, non vale ad escludere la responsabilità dell'automobilista ove la condotta anomala del pedone stesso fosse-per le circostanze di tempo e luogo, che avrebbero consigliato una maggiore prudenza ed in particolare una minore velocità- ragionevolmente prevedibile.

Si segnala nella stessa direzione della decisione 2173/2016, altra pronuncia della Cassazione (18/11/2015 n. 23638) in un caso in cui un pedone, in piena notte, era stato investito da un auto, decedendo, allorché in modo del tutto imprevedibile stava attraversando una strada extraurbana a scorrimento veloce, nonostante il conducente, come accertato in giudizio, avesse tentato di prevenire l'incidente azionando l'impianto frenante e sterzando.

Quello dell'attraversamento di un incrocio presidiato da un semaforo che regola anche il flusso di coloro che si trovano a piedi, è uno dei casi più frequenti portati alla cognizione del giudice allorchè, proprio per la fretta, il pedone attraversa la strada, nonostante la proiezione di luce rossa, venendo poi investito.

Nell'affrontare tali problematiche la giurisprudenza ripete che anche quando il pedone viene investito mentre attraversa un incrocio occorre comunque verificare se la condotta del conducente si sia conformata a quelle regole comportamentali e di prudenza testè indicate (v. ex multis, da ultimo, Corte Appello Milano 29/6/2015 n. 2800, Corte Appello Lecce 10/04/2015 n.429, Tribunale di Firenze 12.3.2015 n 815 Trib. Milano 19.11.2015 n. 13062, Tribunale di Ivrea 1.7.2014 n.349)

Per quanto riguarda l'attraversamento sulle strisce pedonali, gli obblighi (v. art. 190 e 191 CdS) del conducente di osservare la medesima prudenza in quello spazio, in modo tale da permettere al pedone l'esercizio del diritto di precedenza su tali attraversamenti, sovrastano gli obblighi di ordinaria prudenza che devono essere adottati dal pedone.

In questo senso, deve escludersi un concorso di colpa di quest'ultimo investito sulle strisce pedonali attraversate frettolosamente ed in modo distratto (senza guardare). Così, Cass. 20949/2009, Cass. 5540/2011.

Ma la circostanza che il pedone abbia attraversato la strada sulle strisce pedonali, ancorché in modo frettoloso e con "la testa fra le nuvole", non sempre lo pone al riparo dalla applicazione dell'art. 1227 CC, soprattutto laddove lo stesso abbia intrapreso l'attraversamento di corsa, sbucando all'improvviso da una zona non visibile per il conducente, che per questo si trova nella propria traiettoria, in modo del tutto repentino, imprevisto ed imprevedibile il soggetto che viene investito senza la possibilità di avere il tempo per manovre correttive (v. Cass. 14064/2010).

In conclusione, la fretta, come si vede, riserva cattive sorprese, sia sulle strisce pedonali che fuori, ed il tempo "è spesso puntuale a far capire molte cose in ritardo" (G. Rosetti) quando, purtroppo, il fatto che si poteva evitare con una maggiore prudenza (e pazienza), è avvenuto e nulla più si può fare.

Tempus edox rerum ovvero il tempo divora ogni cosa.




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