Pubblica amministrazione  -  Redazione P&D  -  14/09/2021

Il Tar Friuli Venezia Giulia e i vaccini per il Covid: non sono “sperimentali” - TAR FVG 10 settembre 2021 - Alberto Sagna

Il Tar Friuli Venezia Giulia ha respinto con due sentenze gemelle del 10 settembre 2021 n. 261 e 262, il ricorso presentato da un infermiere e un odontoiatra che avevano impugnato la sospensione dal servizio per la mancata vaccinazione sollevando l’illegittimità del provvedimento sulla base della circostanza che sarebbe stato imposto un trattamento sanitario sperimentale contrastante con la Costituzione e con una serie di norme di fonte sovranazionale che tutelano la dignità umana e il diritto a esprimere un consenso informato. 

In aggiunta, si era sostenuta la pericolosità del vaccino ritenendola attestata dal c.d. “scudo penale” introdotto a beneficio degli operatori somministranti (art. 3 del d.l. 44 del 2021). L’imposizione di un trattamento sanitario sperimentale, secondo i ricorrenti, violava  il diritto fondamentale alla salute di cui all’art. 32 della Costituzione, nonché gli artt. 1, 2, 5, 8, 14 della CEDU, gli artt. artt. 1, 2, 3, 6, 7, 8, 15, 20, 21, 31, 35 della Carta di Nizza, i regolamenti dell’Unione europea 953/2021 (in particolare il considerando n. 36) e 536/2014 in materia di consenso informato.

I Giudici amministrativi hanno osservato che i quattro prodotti utilizzati nella campagna vaccinale sono stati regolarmente autorizzati dalla Commissione, previa raccomandazione dell’EMA, attraverso la procedura di autorizzazione condizionata (c.d. CMA, Conditional marketing authorisation), disciplinata dall’art. 14-bis del Reg. CE 726/2004 del Parlamento Europeo e del Consiglio e dal Reg. CE 507/2006 della Commissione. 

Si tratta di un’autorizzazione che può essere rilasciata anche in assenza di dati clinici completi, “a condizione che i benefici derivanti dalla disponibilità immediata sul mercato del medicinale in questione superino il rischio dovuto al fatto che sono tuttora necessari dati supplementari”. 

Il carattere condizionato dell’autorizzazione non incide sui profili di sicurezza del farmaco, come sancito dall’ISS che richiama a sua volta l’EMA: “una autorizzazione condizionata garantisce che il vaccino approvato soddisfi i rigorosi criteri Ue di sicurezza, efficacia e qualità, e che sia prodotto e controllato in stabilimenti approvati e certificati in linea con gli standard farmaceutici compatibili con una commercializzazione su larga scala”, né comporta che la stessa debba essere considerata un minus dal punto di vista del valore giuridico, ma impone unicamente al titolare di “completare gli studi in corso o a condurre nuovi studi al fine di confermare che il rapporto rischio/beneficio è favorevole”. 

La CMA è, peraltro, uno strumento collaudato e utilizzato già diverse volte prima dell’emergenza pandemica, come attesta il Report disponibile sul sito istituzionale dell’EMA: dal 2006 al 2016 sono state concesse ben 30 autorizzazioni in forma condizionata, nessuna delle quali successivamente ritirata per motivi di sicurezza.

Anche in questa forma, l’autorizzazione si colloca a valle delle usuali fasi di sperimentazione clinica che precedono l’immissione in commercio di un qualsiasi farmaco, senza alcun impatto negativo sulla completezza o sulla qualità dell’iter di studio e ricerca. Al contrario, il Tar ha precisato che la ricerca del vaccino contro il Covid-19 divenuta una priorità assoluta per tutte le potenze mondiali, ha potuto beneficiare di ingenti risorse umane ed economiche, di procedure valutative rapide e ottimizzate (c.d. rolling review), della partecipazione di un elevatissimo numero di volontari “circa dieci volte superiore a quello di studi analoghi per lo sviluppo di altri vaccini”.

La “sperimentazione” dei vaccini si è conclusa con la loro autorizzazione all’immissione in commercio, all’esito di un rigoroso processo di valutazione scientifica e secondo il Tar l’equiparazione dei vaccini a “farmaci sperimentali”, è solo “frutto di un’interpretazione forzata e ideologicamente condizionata della normativa europea”. 

La circostanza che le autorizzazioni siano “sub judice europeo” non incide sull’efficacia giuridica né consente di dedurre alcunché sull’esito dei giudizi e la stessa ammissibilità, considerate le stringenti limitazioni sulla legittimazione attiva: ai sensi dell’art. 263, comma 4 TFUE, la singola persona fisica può ricorrere esclusivamente contro atti delle Istituzioni “adottati nei suoi confronti o che la riguardano direttamente e individualmente”.

Il c.d. “scudo penale” concesso agli operatori somministranti ex ’art. 3 del d.l. 44 del 2021 non attiene alla sicurezza dei vaccini. L’intervento del legislatore si giustifica in chiave simbolica, dovendo scongiurare atteggiamenti di medicina difensiva che potrebbero ostacolare e ritardare la campagna vaccinale. 

La norma non è neppure e innovativa, come evidenziato nella relazione n. 35/2021 dell’Ufficio del Massimario della Corte di cassazione, poiché i presupposti per l’operatività dell’esimente altro non delineano che una condotta conforme alle norme cautelari specifiche che naturalmente presiedono all’attività di somministrazione del vaccino. 

Quanto alla natura discriminatoria della misura e alla sua contrarietà con il Reg. UE 2021/953, il Tar ha rilevato che quest’ultimo disciplina il “certificato COVID digitale dell'UE” nel quadro della libera circolazione delle persone nel territorio degli stati membri e appare del tutto estraneo alla fattispecie. Al considerando numero 36, che peraltro, fa riferimento ai soggetti non vaccinati “per motivi medici, perché non rientrano nel gruppo di destinatari per cui il vaccino anti COVID-19 è attualmente somministrato o consentito, come i bambini, o perché non hanno ancora avuto l'opportunità di essere vaccinate” – non può quindi attribuirsi un limite, ferma restando l’assenza di valore giuridico vincolante, come peraltro stabilito dalla Corte Giustizia Europea, V sez., 2 aprile 2009, C-134/08. 

Alberto Sagna




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