-  Peron Sabrina  -  18/10/2012

IL PLAGIO DELLOPERA MUSICALE Cass.15.6.2012, n. 9854 – Sabrina PERON

La sentenza che qui si pubblica riguarda una fattispecie di lamentato plagio di un"opera musicale.

All"esito dei due gradi di giudizio il Tribunale di Milano, prima, e la Corte d"Appello, poi, riconosceva la natura plagiara dell"opera.

Pervenuto il giudizio in cassazione, il giudice di legittimità, in primo luogo, ha ribadito che «il concetto giuridico di creatività, cui fa riferimento la norma L. n. 633 del 1941, ex art. 1, non coincide con quello di creazione, originalità e novità assoluta, riferendosi, per converso, alla personale e individuale espressione di un'oggettività appartenente alle categorie elencate, in via esemplificativa, nell'art. 1 della Legge citata, di modo che un'opera dell'ingegno riceva protezione a condizione che sia riscontrabile in essa un atto creativo, seppur minimo, suscettibile di manifestazione nel mondo esteriore» (in questo senso, ex multis, da ultimo, Cass., 28.11.2011, n. 25173 e Cass., 16.06.2011, n. 13249).

E" noto che la normativa a tutela del diritto d"autore non tutela l"idea in quanto tale.

Si ritiene difatti che il diritto d"autore, a differenza del diritto delle invenzioni, caratterizza in senso marcatamente soggettivo la creatività, la quale, nell"ambito di tali opere dell"ingegno, non è costituita tanto dall"idea in sé, ma dalla forma della sua espressione, ovvero dalla sua soggettività, di modo che la stessa idea può essere alla base di diverse opere di autore, le quali sono tuttavia diverse per la creatività soggettiva che ciascuno degli autori spende, e che in quanto tale rileva per l"ottenimento della protezione. Principio quest"ultimo ripreso anche dalla sentenza qui pubblicata, laddove precisa che «la creatività, nell'ambito delle opere dell'ingegno, non è costituita dall'idea di per sé, ma dalla forma della sua espressione, ovvero dalla sua soggettività, di modo che la stessa idea può essere alla base di opere di diversi autori, come è ovvio nelle opere degli artisti, le quali tuttavia sono diverse per la creatività soggettiva che ciascuno degli autori spende, e che, in quanto tale, rileva per l'ottenimento della protezione».

In tema di diritto d"autore, l"elaborazione creativa si «caratterizza, rispetto all"opera originale, non in ragione di differenze individualizzanti, atte ad escludere la confondibilità, ma per la presenza di un riconoscibile apporto creativo, pur minimo, che può individuarsi anche solo nella mera forma soggettiva di espressione di un"idea, atteso che la stessa idea può essere alla base di diverse opere d"autore, ed è illecita se realizzata senza il consenso dell"autore dell"opera originaria, e se questa non viene citata nelle forme d"uso, in quanto l"autore di quest"ultima ne ha il diritto esclusivo di elaborazione, così distinguendosi dal plagio, in cui l"opera posteriore rivela i tratti essenziali di quella originale, copiata sostanzialmente in modo integrale, con differenze di mero dettaglio, volte al mascheramento della contraffazione» (Cass., 27.10.2005, n. 20925). Ciò che rileva, pertanto, non è la possibilità di confusione tra due opere, alla stregua del giudizio d'impressione utilizzato in tema di segni distintivi dell'impresa, ma la riproduzione illecita di un'opera da parte dell'altra, ancorché camuffata in modo tale da non rendere immediatamente riconoscibile l'opera originaria (Cass., 27.10.2005, n. 20925, cit.).

 

Il plagio peraltro sussiste «non solo quando l'opera è copiata integralmente (riproduzione abusiva in senso stretto); ma anche quando si ha contraffazione dell'opera precedente, contraffazione la quale implica delle differenze oltre che delle somiglianze. Ora, quando si tratta di valutare se c'è o no contraffazione non è determinante, per negarla, l'esistenza di differenze di dettaglio: ciò che conta è se i tratti essenziali che caratterizzano l'opera anteriore sono riconoscibili nell'opera successiva» (Cass. 05.07.1990, n. 7077).

Applicando i sopra accennati e consolidati principi al caso in esame, la Cassazione, ha ritenuto corretto l"operato della Corte d"Appello, la quale - sulla base della perizia svolta - aveva «evidenziato su carta pentagrammata, la notevole somiglianza del ritornello di "On va s'aimer" rispetto a "Une fille de France": inizia con una anacrusi (prime tre note all'inizio della battuta, ben scandite, su quattro), presenta ben trentatre note uguali su quaranta (esclusa la battuta n. 4), riprende sotto il profilo strutturale il modello della progressione, dal che la deduzione che le lievissime differenze di natura ritmica richieste, peraltro, dall'esigenza di rispettare l'accento tonico delle parole del testo sono assolutamente ininfluenti nella percezione auditiva della melodia , in quanto gli elementi più importanti e melodicamente più interessanti sopra citati sono ampiamente ripresi in modo tale da portare chiunque a confonderle perché la ripetizione sostanzialmente identica delle prime tre battute di Une fille de France, induce chicchessia a scambiare una canzone con l'altra».

Ad avviso della Corte, dalla lettura della motivazione della sentenza di secondo grado, era emerso che la Corte d'appello si era correttamente attenuta ai principi elaborati in materia, «avendo avuto cura di accertare se la canzone On va s'aimer avesse riprodotto o meno la canzone Une Fille de France individuando a tal fine se erano stati ripresi o meno i caratteri essenziali di quest'ultima e non già gli aspetti di dettaglio». Ed in tal senso aveva ritenuto che il «ritornello deve ritenersi il nucleo essenziale delle composizione musicali quali quelle per cui è causa e che i ritornelli delle due canzoni sono pressoché identici riproducendo quello di On va s'aimer 33 note su 40 di quello di Une fille de France». Aggiungendo, inoltre, che «in ragione di ciò la melodia dei due ritornelli è molto simile e che non vale a costituire una valida differenza sotto il profilo creativo la differenza del ritmo in quanto questo non incide sull'originalità del motivo».

Accertata la violazione, sotto il profilo risarcitorio, la Cassazione ha osservato che la «violazione di un diritto di esclusiva che spetta all'autore ai sensi della L. n. 633 del 1941, art. 12, analogamente a quella di un diritto assoluto o di un diritto personale, costituisce danno in re ipsa senza che incomba al danneggiato altra prova che non quella della sua estensione». (in questo senso anche Cass., 15.04.2011, n. 8730; Cass., 14.03.2001, n. 3672).

Inoltre, nel caso di specie si è in presenza di un «illecito permanente poiché la perpetuazione dello sfruttamento dell'opera attraverso gli anni da parte dei ricorrenti ha continuato a produrre effetti pregiudizievoli per i resistenti attraverso il tempo e ciò sia in ragione dell'ottenimento di un vantaggio economico per lo sfruttamento dei diritti economici dell'opera in danno dei resistenti e sia per la continuazione della violazione del diritto morale derivante dalla circostanza che attraverso la distribuzione e la comunicazione al pubblico dell'opera musicale plagiata veniva ogni volta violato il diritto alla paternità dell'opera con i conseguenti danni di carattere non patrimoniale.

La natura permanente dell"illecito si riflette sulla prescrizione del diritto.

In questa materia, difatti, «nel caso di illecito istantaneo, caratterizzato da un'azione che si esaurisce in un lasso di tempo definito, lasciando permanere i suoi effetti, la prescrizione incomincia a decorrere con la prima manifestazione del danno». Per contro invece, nel caso di «illecito permanente, protraendosi la verificazione dell'evento in ogni momento della durata del danno e della condotta che lo produce, la prescrizione ricomincia a decorrere ogni giorno successivo a quello in cui il danno si è manifestato per la prima volta, fino alla cessazione della predetta condotta dannosa, sicché il diritto al risarcimento sorge in modo continuo via via che il danno si produce, ed in modo continuo si prescrive se non esercitato entro cinque anni dal momento in cui si verifica (Cass. S.U. 14.11.2011, n. 23763).

Tanto premesso la Corte di Cassazione ha osservato come la sentenza impugnata avesse correttamente chiarito che il momento iniziale in cui vi era realizzata la violazione era quello in cui l'opera "On va s'aimer" era stata registrata e successivamente utilizzata; ma avesse poi «erroneamente definito tale illecito come istantaneo» (ulteriormente precisandolo fatto dannoso è istantaneo con effetti permanenti).

In realtà, ad avviso della Cassazione nel caso di specie si è in presenza di un illecito permanente e che la «prescrizione, stante il carattere permanente dell'illecito, ricominciasse a decorrere ogni giorno successivo a quello in cui il danno si era manifestato per la prima volta, fino alla cessazione della condotta illecita, sicché il diritto al risarcimento sorgeva in modo continuo via via che il danno si produceva, ed in modo continuo si prescriveva se non esercitato entro cinque anni dal momento in cui si verifica».

 Sentenza tratta con autorizzazione da: Pluris UTET

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