-  Mazzon Riccardo  -  07/01/2013

IL FATTO DANNOSO COMPIUTO DALL'INCAPACE DI INTENDERE E VOLERE - Riccardo MAZZON

Qualora colui che abbia posto in essere un fatto dannoso si dimostri non aver avuto, in tale occasione (e cioè al momento in cui lo ha commesso), la capacità d'intendere o di volere,

"in caso di infortunio occorso ad un minore a causa di uno scontro con un compagno di gioco (nel caso "de quo": ruba bandiera), i danni per le lesioni riportate non sono risarcibili, a meno che non venga dimostrata l'antigiuridicità della condotta del minore antagonista per violazione delle regole del gioco" (Cass. civ., sez. III, 26 giugno 2001, n. 8740, GI, 2002, 1167 - cfr. amplius, da ultimo, "Responsabilita' oggettiva e semioggettiva", Riccardo Mazzon, Utet, Torino 2012),

egli non risponde delle conseguenze,

"il danno non patrimoniale non è risarcibile quando l'autore del fatto, astrattamente previsto dalla legge come reato, è un minore di anni quattordici, incapace di intendere e di volere secondo le leggi civili" (Trib. Macerata, 20 maggio 1986, FI, 1986, I, 2594; RIML, 1989, 249; RCP, 1987, 107),

semprecché il suo stato di incapacità non derivi da sua colpa - fenomeno, quest'ultimo, assimilabile al concetto, di matrice penalistica, dell'"actio libera in causa":

"si tratta della disciplina delle c.d. actiones liberae in causa, che ha origine nell'ordinamento penale ed in particolare nell'art. 87 c.p., il quale prevede che non è necessario che sussista lo stato di capacità al momento della commissione del reato perché al soggetto sia imputabile l'atto illecito, quando l'incapacità d'intendere o di volere sia stata preordinata al fine di commettere il reato stesso o di prepararsi una scusa. Pertanto, dall'azione "non libera" (che ha provocato l'evento dannoso) si deve risalire all'azione "libera" che l'ha preceduta, e che costituisce la vera (anche se indiretta) causa dell'evento dannoso" Busnelli, Illecito civile, in EG, XV, Roma, 1991, 8;  

anche il diritto civile, pertanto, ha fatto applicazione di tale principio, rinunciando in tal modo al requisito dell'imputabilità al momento del fatto, a causa della "colpa" dell'agente nel cadere in stato di incapacità; tuttavia, s'è notato, è ravvisabile una fondamentale differenza, rispetto al sistema penale, in quanto l'actio libera in causa nel diritto penale descrive lo stato di incapacità come un espediente preordinato a facilitare il delitto;

"l'intossicazione da sostanze stupefacenti, per influire sulla capacità di intendere e di volere, deve essere cronica, e cioè cagionante alterazioni anche neuro-psichiche a carattere patologico ormai stabilizzante e permanenti, laddove l'intossicazione transitoria, pur se acuta, esclude o limita l'imputabilità solo se sia stata cagionata da caso fortuito o forza maggiore. Nelle altre ipotesi, la condotta del tossicomane indotto al reato dagli effetti di una intossicazione non cronica ma transitoria, rientra negli schemi delle "actiones liberae" in causa, non esclude nè riduce l'imputabilità, ed anzi è motivo di aggravamento di pena in forza dell'art. 94 c.p." (Cass. Pen., sez. I, 12 marzo 1985, Delle Foglie, RP, 1985, 984) -

al contrario, ai sensi dell'art. 2046, lo stato di incapacità non solo non è preordinato alla commissione dell'illecito civile,

ma potrà esso stesso essere non voluto "Morozzo Della Rocca, L'imputabilità, in Cendon (a cura di), La responsabilità civile, IX, Torino, 1998, 669.

In tal modo, l'autore dell'illecito sarà chiamato a rispondere anche quando si sia posto nello stato di incapacità senza la

"preventiva e specifica proposizione" Giannini, Pogliani, La responsabilità da illecito civile, Milano, 1996, 105;

"di compiere successivamente l'azione dannosa" Venchiarutti, La responsabilità dell'incapace, in Alpa, Bessone (a cura di), La responsabilità civile, in Giur. sist. Bigiavi, Torino, 1987, 210.

 

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L'art. 2046 del codice civile - la norma è stata introdotta per la prima volta con il codice civile del 1942, la cui disposizione è identica all'art. 85, 2° co., c.p.; tuttavia nei due sistemi i criteri per accertare l'incapacità di intendere e di volere sono differenti:

"mentre gli artt. 88, 95 e 97 c.p. dettano un elenco (ritenuto non tassativo) delle cause di incapacità, in sede civile spetta al giudice accertare caso per caso se l'autore sia capace di valutare adeguatamente il valore sociale dell'atto concreto compiuto, determinandosi di conseguenza" "Franzoni, Dei fatti illeciti, in Comm. Scialoja, Branca, sub artt. 2043-2059, Bologna-Roma, 1993, 317) -,

se esclude la responsabilità civile del soggetto che ha contribuito a causare il fatto dannoso in condizione di incapacità di intendere e di volere, non per questo priva di rilevanza giuridica il contributo causale della condotta del predetto soggetto, nella produzione dell'evento - con la conseguenza, ad esempio, che se, trattandosi di scontro stradale, il fatto è imputabile ad entrambi i conducenti dei veicoli coinvolti nell'incidente, la prova della incapacità di intendere e di volere di uno dei due conducenti esclude solo la responsabilità di questo ma non anche la comparazione della valenza causale delle rispettive condotte di entrambi i conducenti -:

"l'art. 2046 c.c. esclude la responsabilità civile del soggetto che ha contribuito a causare il fatto dannoso in condizione di incapacità di intendere e di volere (e perciò, senza colpa) ma non priva di rilevanza giuridica il contributo causale della condotta del predetto soggetto nella produzione dell'evento con la conseguenza che se, trattandosi di scontro stradale, il fatto è imputabile ad entrambi i conducenti dei veicoli coinvolti nell'incidente, la prova della incapacità di intendere e di volere di uno dei due conducenti esclude solo la responsabilità di questo ma non anche la comparazione della valenza causale delle rispettive condotte di entrambi i conducenti, comportando la proporzionale riduzione del risarcimento, in ragione dell'entità percentuale del contributo causale del comportamento, del conducente incapace (art. 1227 c.c.), dovuto dall'altro conducente che risponde solo nei limiti dell'incidenza causale della sua condotta, sia nel caso in cui la colpa di questo sia stata in concreto accertata, sia in quello in cui la colpa debba essere, invece, presunta perché è mancata la prova liberatoria richiesta dall'art. 2054 c.c." (Cass. civ., sez. III, 29 aprile 1993, n. 5024, RCP, 1994, 472; GCM, 1993, 781).

Il principio sopra descritto è senz'altro applicabile anche in ambito di danno da circolazione stradale dove il conducente, la cui responsabilità civile sia esclusa, ai sensi dell'art. 2046 c.c., perché ritenuto incapace, senza colpa, di intendere e di volere nel momento del sinistro, non potrà essere considerato responsabile dei danni, anche se proprietario del veicolo:

"in tema di responsabilità per i danni derivanti dalla circolazione stradale, il conducente la cui responsabilità civile sia esclusa, ai sensi dell'art. 2046 c.c., perché ritenuto incapace, senza colpa, di intendere e di volere nel momento del sinistro, non può essere considerato responsabile dei danni ove sia anche proprietario, del veicolo, ai sensi dell'art. 2054 comma 3 c.c." (Cass. civ., sez. III, 29 aprile 1993, n. 5024,GCM, 1993, 781; RCP, 1994, 472).




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