-  Mazzon Riccardo  -  11/12/2015

IL DIVIETO DEI PATTI SUCCESSORI E LE DISPOSIZIONI MORTIS CAUSA A VANTAGGIO RECIPROCO - Riccardo MAZZON

il testatore è libero di disporre dei propri beni fino al momento della morte

nullità delle convenzioni con cui si disponga della propria successione

nullità delle convenzioni con le quali taluno disponga dei – o rinunci ai - diritti che gli possono spettare su una successione non ancora aperta

Sempre doveroso appare dar conto del c.d. "divieto di patti successori", nel senso che, fatto salvo quanto disposto dagli articoli 768-bis e seguenti del codice civile (cfr., a tal proposito, la legge 14 febbraio 2006, n. 55, in tema di patto di famiglia: paragrafo 9.1.1., capitolo nono del volume "MANUALE PRATICO PER LA SUCCESSIONE EREDITARIA", Riccardo MAZZON 2015), è: 

(1) nulla ogni convenzione con cui taluno disponga della propria successione (patto successorio c.d. istitutivo);

(2) è del pari nullo ogni atto col quale taluno disponga dei diritti che gli possano spettare su una successione non ancora aperta (o rinunzi ai medesimi: patto successorio c.d. rinunciativo).

Configurano, dunque, patto successorio - per definizione non suscettibile di conversione in un testamento, ai sensi dell'art. 1424 c.c., in quanto in contrasto col principio del nostro ordinamento secondo cui il testatore è libero di disporre dei propri beni fino al momento della morte – (a) sia le convenzioni aventi ad oggetto una vera istituzione di erede rivestita della forma contrattuale, (b) sia quelle che abbiano ad oggetto la costituzione, trasmissione o estinzione di diritti relativi ad una successione non ancora aperta, tali da far sorgere un vinculum iuris di cui la disposizione ereditaria rappresenti l'adempimento.

Ad esempio, la Suprema Corte ha riconosciuto la natura di patto successorio - e non di transazione, come erroneamente ritenuto dal giudice di merito - alla scrittura privata con la quale una sorella aveva consentito al trasferimento, in favore dei fratelli, della proprietà di immobili appartenenti al padre, a fronte dell'impegno, assunto dai medesimi, di versarle una somma di denaro, da considerare, in relazione allo specifico contesto, come una tacitazione dei suoi diritti di erede legittimario (così Cass., sez. II, 19 novembre 2009 n. 24450, GCM, 2009, 11, 1610).

Naturalmente, dalla nullità del contratto contenente un patto successorio c.d. rinunciativo, deriva il diritto delle parti di ottenere la restituzione delle eventuali somme versate al rinunciante in esecuzione del patto, in applicazione dei principi relativi all'indebito oggettivo; tale diritto è senz"altro soggetto a prescrizione (non potendo presumersi la natura liberale delle attribuzioni effettuate in esecuzione del patto, in quanto a questo scopo è necessario individuare con precisione da quali elementi fosse desumibile l""animus donandi" e verificare l'esistenza dei prescritti requisiti di forma: così Cass. sez. II, 26 agosto 2002 n. 12474, GCM, 2002, 1573).

Ancora, ricorre un patto successorio istitutivo, nullo ai sensi dell'art. 458 c.c., nella convenzione avente ad oggetto la disposizione di beni afferenti ad una successione non ancora aperta che costituisca l'attuazione dell'intento delle parti, rispettivamente, di provvedere in tutto o in parte alla propria successione e di acquistare un diritto sui beni della futura proprietà a titolo di erede o legatario.

Tale accordo, peraltro, per essere affetto da nullità, deve essere inteso a far sorgere un vero e proprio "vinculum iuris", di cui la successiva disposizione testamentaria costituisca l'adempimento; ad esempio, dev"essere esclusa la sussistenza di un patto successorio, chiarisce la Suprema Corte, quando tra le parti non sia intervenuta alcuna convenzione e la persona della cui eredità trattasi abbia solo manifestato verbalmente all'interessato o a terzi l'intenzione di disporre dei suoi beni in un determinato modo, atteso che tale promessa verbale non crea alcun vincolo giuridico e

"non è quindi idonea a limitare la piena libertà del testatore che è oggetto di tutela legislativa" (Cass. sez. II 8 ottobre 2008 n. 24813, GDir, 2008, 43, 32; Cass. sez. II, 9 maggio 2000 n. 5870, GCM, 2000, 964).

Particolare attenzione è necessaria nell"affrontare l"interpretazione di schede testamentarie che contengano disposizioni a vantaggio reciproco; in particolare, non si è in presenza di un patto successorio vietato quando le due schede testamentarie non contengono disposizioni tali da far presumere che i testatori si siano reciprocamente obbligati a disporre in un certo modo delle loro sostanze (App. Trieste 26 febbraio 2003, Familia, 2003, 1156): così, ad esempio, le disposizioni testamentarie non si ritengono affette da nullità, ex art. 458 c.c. (in quanto esecutive di un patto successorio istitutivo), se la consonanza delle volontà dei "due germani, come desumibile dalla lettura delle rispettive schede, appare all'evidenza espressiva di motivazioni da essi liberamente condivise di natura affettiva e morale, ispirate dall'intento di perpetuare ricordi e fasti familiari, piuttosto che di creare vincoli reciproci di giuridico rilievo limitativi della libera determinazione dei testatori e suscettibili in astratto di coazione giuridica ad adempiere" (così Trib. Gorizia 4 aprile 2000, Familia, 2001, 514).

D"altro canto, occorre ribadire come il patto successorio istitutivo consista in una convenzione obbligatoria in astratto suscettibile di coazione giuridica ad adempiere, nulla soltanto per il divieto posto dall'art. 458 c.c.!

Pertanto, tale fattispecie non ricorre quando, nella scheda testamentaria, siano inserite locuzioni generiche, rivelatrici di impegni di carattere affettivo e morale, ma manchi prova degli elementi essenziali del patto (ossia delle parti tra le quali questo è intercorso, della controprestazione costituente il corrispettivo della istituzione e della idoneità giuridica del vincolo a determinare la volontà del testatore alla istituzione medesima); così, ad esempio, la Corte di Cassazione ha escluso la sussistenza del patto successorio nella disposizione testamentaria di due fratelli diretta a disporre l'istituzione di fondazione nominandola erede universale, in quanto

"la finalità degli atti è esclusivamente morale e filantropica e non diretta ad un vantaggio economico-patrimoniale reciproco" (Cass. sez. II, 8 ottobre 2008 n. 24813, RDC, 2010, 1, 316).

Da ultimo, s"annoti come, in materia societaria, non violi il patto successorio la clausola statutaria che sancisca il divieto del trasferimento delle quote per causa di morte se non a favore del coniuge e dei discendenti in linea retta dei soci fondatori e il subentro dei soci superstiti (Cass., sez. I, 29 dicembre 2011 n. 30020, FI, 2012, 9, I, 2456); così come la clausola statutaria che attribuisca ai soci superstiti di una società di capitali, in caso di morte di uno di essi, il diritto di acquistare - secondo un valore da determinarsi in base a criteri prestabiliti - dagli eredi del "de cuius" la partecipazione già appartenuta a quest'ultimo e pervenuta "iure successionis" agli eredi medesimi, non viola, parimenti, il divieto di patti successori di cui all'art. 458 c.c., in quanto il vincolo che ne deriva, a carico reciprocamente dei soci, è destinato a produrre effetti solo dopo il verificarsi della vicenda successoria e dopo il trasferimento (per legge o per testamento) della partecipazione agli eredi: con la conseguenza che la morte di uno dei soci costituisce soltanto il momento a decorrere dal quale può essere esercitata l'opzione per l'acquisto suddetto, senza che ne risulti incisa la disciplina legale della delazione ereditaria o che si configurino gli estremi di un patto di consolidazione delle azioni fra soci (Cass. sez. I, 12 febbraio 2010 n. 3345, FI, 2011, 7-8, I, 2160).

 




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