-  Michela del Vecchio  -  21/01/2016

IL DIRITTO DI PROTEZIONE DEL SOGGETTO DEBOLE: HO DECISIO DI SPOSARMI - Michela DEL VECCHIO

-          Amministrazione di sostegno

-          Atti personalissimi

-          Capacità di discernimento nel confronto con altri ordinamenti giuridici

 

Ancora oggi, quando nei Tribunali si discute dell'amministrazione di sostegno e si considerano le condizioni del beneficiario, viene in mente, in prima battuta, il distinguo tra atti di ordinaria e straordinaria amministrazione e, dunque, la prima valutazione che viene compiuta – generalmente – è sulla capacità (ma sarebbe più corretto parlare di idoneità) del beneficiario a compiere gli uni piuttosto che gli altri e dunque la necessità o meno di porre divieti o limitazioni agli atti che possono essere compiuti dal beneficiario.

Nella mia esperienza professionale, pur non particolarmente ricca, non è mai capitato di assistere a procedimenti di nomina di amministrazione di sostegno in cui si discuta sulla possibilità o meno di compiere atti personalissimi quali ad esempio il matrimonio.

Partendo dal presupposto che un soggetto debole (per malattia o infermità fisica o psichica) può avere sì poca attitudine e/o abilità alla cura dei propri interessi ma non per questo è incapace, neppure di intendere e di volere, è chiaro che la volontà da questi espressa nel compimento di atti c.d. personalissimi è sicuramente una volontà cosciente: il "sì" al momento del matrimonio è voluto. Occorrerà forse appurare se il soggetto è consapevole anche delle conseguenze di quel "sì" ovvero degli oneri e responsabilità correlate alla vita di coppia ed alla costituzione di un nuovo nucleo familiare.

Non si pone, pertanto, a mio parere, un quaestio sulla possibilità o meno dei beneficiari del provvedimento di a.d.s. di compiere atti personalissimi (quali appunto il matrimonio) quanto piuttosto un problema di valutazione sulla capacità e volontà che sono in grado di esprimere i beneficiari: volontà non solamente correlate all'assunzione di obbligazione o alla conclusione di negozi giuridici quanto soprattutto inerenti la sfera strettamente personale.

Certo la volontà di cui si tratta non potrà essere esternata dall'amministratore di sostegno al quale, però, potrà essere affidato il compito di sostenere, coadiuvandolo nella comprensione degli eventi, il beneficiario così da collaborare nella scelta più opportuna per la sua vita.

Evidente che non è esclusa una possibile limitazione degli atti gestori che il beneficiario potrà personalmente compiere: mi viene in mente la persona affetta da sindrome di down che – raggiunta la maggiore età – condivide una situazione sentimentale e di affetti con un'altra persona tanto da volerla render parte della sua vita. Il ragazzo/a down che intende sposarsi sarà certamente capace di comprendere l'importanza della decisione presa anche se probabilmente non sarà in grado di gestire tutti gli aspetti legati alla quotidianità della vita matrimoniale: dalla scelta di una residenza comune all'acquisto di mobili e suppellettili di arredo finanche a decisioni su terapie mediche da seguire od assensi nel caso di malattia dell'altro coniuge.

Decisioni tutte di cui il soggetto, nell'indicato esempio, comprende l'importanza e sarà certamente in grado di esprimere il proprio desiderio ma probabilmente non riesce ad acquisire la compiuta consapevolezza di tutte le conseguenze che una scelta comporta.

Quale capacità dunque esprime il debole? Una piena capacità di agire o una capacità "diversa" che comunque lo "abilita" al compimento di atti ed azioni strettamente personali e latamente patrimoniali?

Nell'ordinamento della vicina Svizzera, agli artt. 12 e 13 del Codice civile Svizzero approvato dall'Assemblea Federale della Confederazione Svizzera nel lontano 1904, al Libro Primo "Del Diritto delle Persone" – titolo primo "Delle persone fisiche" – Capo primo "Del diritto della personalità" si legge testualmente che "chi ha l'esercizio dei diritti civili ha la capacità di acquistare diritti e di contrarre obbligazioni con atti propri" e che "chi è maggiorenne e capace di discernimento ha l'esercizio dei diritti civili".

Nel nostro ordinamento della capacità di discernimento, peraltro ancora discussa in giurisprudenza, si tratta solo in materia di minori lì dove viene affidato al Giudice il compito di ascoltare "il minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento" nei procedimenti ove devono essere adottati provvedimenti che lo interessano (art. 336 bis c.c.).

Appare ancora pura astrazione giuridica, nell'ancora vigente netto distinguo fra capacità ed incapacità, trattare di capacità di discernimento anche per i maggiorenni che, per varie condizioni, versino in situazioni di disagio o debolezza tali da non consentire loro la piena esternazione della propria capacità.

Eppure mutuando i principi dell'ordinamento svizzero di cui sopra si è accennato (ordinamento nel quale la capacità di discernimento è richiesta per i maggiorenni) e richiamando il "diritto all'ascolto" dei minorenni seppur sancito nel codice solo nelle ipotesi di procedimenti loro riguardanti (procedimenti in cui dovrebbero essere adottate decisioni nel loro interesse e per loro conto) ben potrebbero considerarsi le storie di persone affette da handicap o da altre difficoltà anche psichiche sì da ritenerle capaci, in una situazione di vita concreta, di agire ragionevolmente e dunque in grado di comprendere la portata delle loro azioni e di comportarsi di conseguenza.

E, dunque, proprio mutuando tali principi, si potranno ritenere le persone disabili capaci di discernimento seppur, per alcuni atti, limitatamente capaci di agire. L'ascolto dunque del disabile, dell'infermo per malattia fisica o psichica, dell'anziano solo ed, in generale, del soggetto debole o indebolito dalle vicende della vita permette di comprendere la loro piena capacità di esercitare i propri "diritti umani" ovvero, per quanto interessa la presente riflessione, i diritti strettamente personali ovvero capaci, ad esempio, di decidere la propria confessione religiosa, di approvare trattamenti medici, di contrarre matrimonio o presentare domanda di divorzio, di redigere o revocare un testamento, di riconoscere un figlio e simili.

E' evidente che tali soggetti, cui è stato nominato (ma non necessariamente) un amministratore di sostegno, continueranno a non poter concludere contratti o assumere obbligazioni (se non eventualmente nei limiti indicati nel decreto di nomina dell'amministratore di sostegno ove a ciò si sia provveduto) ma non per questo potrà dirsi che non sono in grado di esprimere una volontà consapevole e cosciente ovvero di non essere in grado di discernere sui propri interessi e di adottare le scelte di vita personale ritenute opportune.

  

 




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